venerdì 6 gennaio 2012

L’Africa è un bambino

Nella Giornata Mondiale per l’Infanzia Missionaria, celebrata nel giorno in cui il Vangelo ci fa riflettere sulla manifestazione di Gesù a tutti i popoli, sono i ragazzi e le ragazze ad essere chiamati come Gesù a annunciare l’amore che Lui ha per noi. Per non dimenticare, per scuoterci dall’indifferenza, per operare la giustizia e restituire a tutti quanti un oggi che non sia amaro, ma colmo di speranza, riportiamo la testimonianza di Grazia, che ha trascorso un mese di missione in Zambia come volontaria Vides.

Che bello il cielo d’Africa, lo stesso eppur diverso. La bellezza toglie il fiato, i colori sono più vivaci, sembra voler compensare il grigiore della povertà.
Sotto quel cielo si muove la vita fatta di sacrificio e gioia, povertà e ricchezza, semplicità e complessità, di assenza e di Presenza.

Ma la vera Africa, quella degna di essere conosciuta e vissuta fino in fondo, non è terra e cielo ma è essere umano...

L'Africa è un bambino

Chiudo gli occhi, penso all’Africa e appare nitido un bambino. Mi soffermo, lo osservo e la mia attenzione si rivolge ai suoi piedi, alle sue mani, ai suoi occhi e alla sua bocca.

II suoi piedi sono ispessiti dal difficile cammino compiuto ogni giorno, sovente senza scarpe. Sono piedi che divorano chilometri per raggiungere la scuola o il luogo di lavoro, che scalano cumuli di spazzatura, che si bagnano in pozze d’acqua stagnante, che soffrono per il freddo. Sono piedi sofferenti ma anche fonte di gioia. Piedi che corrono dietro un pallone da calcio, che ballano al ritmo festoso della musica, che rimangono per ore sospesi dal ramo più alto di un albero, saliti, forse, nel tentativo di raggiungere il cielo. Piedi, lo spero con tutto il cuore, diretti verso un futuro migliore.

Le sue mani. Sono mani che lavorano, spaccano pietre, puliscono “casa”, trasportano pesanti taniche, impastano terra e acqua per fare mattoni. Sono mani che scrivono su un quaderno, che stringono un rosario, che si passano la palla per preparare il tiro migliore e fare centro nel canestro della vita. Mani che timidamente accennano una carezza sul tuo viso, affondate per ore nei tuoi capelli, che cercano le tue, le afferrano scegliendoti come compagno di un breve tratto di cammino e da quella stretta fluisce tutta la forza dell’amore.

I suoi occhi. Occhi che hanno visto la violenza, che hanno pianto la perdita di un caro, che fissano i tuoi e l’intensità di quello sguardo arriva in fondo al cuore. Occhi che timidamente chiedono attenzione e affetto, che discretamente osservano i tuoi gesti, che cercano, dipinto sul tuo volto, un sorriso per loro. Occhi che sanno sprizzare gioia alla vista di pochi colori e fogli di carta consunti. Occhi rivolti al cielo e che, carichi di speranza, guardano oltre il cancello colorato.

E infine la bocca. Bocca che mangia poco, che conosce appena il gusto del cioccolato e delle buone torte ma che incessantemente canta inni di gioia. Bocca che prega e che fortemente ringrazia. Bocca che proferisce poche parole, rispettosa del fatto che non vengono ben comprese da un musungu.

L’Africa è un luogo dell’anima

L’Africa è il bambino incontrato nel cammino, preso per mano, guardato nel profondo oltre l’apparenza e con il quale parli il linguaggio del cuore. Bambino amato per quello che è: innocente creatura vittima di un destino poco generoso; umile creatura che vive nella semplicità e non ha pretese; errante creatura che anela all’amore; genuina creatura che si stupisce e apprezza ciò che gli viene donato; riconoscente creatura che, nonostante le difficoltà della vita, ha sempre un grazie da dirti.

L’Africa per me è il luogo dell’anima, sorgente dell’amore offerto: semplice, puro, pieno, silenzioso, ma anche bacino dell’amore ricevuto: limpido, totalizzante, timido, immeritato.

                                                          (dal Bollettino Salesiano)

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