Speciale Giovanni Paolo II

  
La missione (annuncio e testimonianza di Gesù) ha per protagonisti Gesù crocifisso e risorto e lo Spirito che è stato inviato. Né la morte, né il rifiuto hanno potuto fermarli. Perciò l'accoglienza dell'annuncio, quando avviene, è un miracolo operato da loro e reso efficace dalla libertà di chi accoglie, non il risultato dell'abilità di chi annuncia.
Questo miracolo ha comunque bisogno dell'annuncio per poter operare. Occorre che nella storia qualcuno faccia risuonare il racconto e la testimonianza delle parole e dei gesti di Gesù. Questo è già il successo dell'evangelizzazione, perché determinante è che l'annuncio sia offerto al modo di una semina (o di una mietitura).
Dare voce alla Parola!
Così il seme è posto e fiorirà.
(Paolo Apostolo, Missione come segno di contraddizione - Ufficio diocesano per la Pastorale Missionaria di Milano, anno 2008-2009)

Giovanni Paolo II è stato per anni il primo tra i missionari della Chiesa Cattolica. Il suo slancio evangelizzatore lo ha portato, con gli innumerevoli suoi viaggi, a raggiungere tutti popoli della terra e ad attrarre le folle con la sua convincente testimonianza, che - nel segno esibito della Croce - rimandava tutti all'incontro con Gesù.
La sua guida, sostenuta dalla rigorosa dottrina e dalla instancabile preghiera, ha portato conforto e sostegno ai missionari che - ancor oggi - sacrificano la loro vita con e per i più poveri e emarginati.

Abbiamo pensato di raccogliere qui tutti i discorsi pronunciati dal Papa in occasione delle Giornate Missionarie Mondiali, così da consentirne una riscoperta, per attingere consiglio e spunti di meditazione da un messaggio che rimane tuttora sempre attuale.
Per accedere più agevolmente al corposo materiale, abbiamo pubblicato due post che contengono dei riassunti di ciascun discorso.
Inoltre riportiamo qui il collegamento all'Omelia di insediamento di Giovanni Paolo II, il quale avvenne in concomitanza della Giornata Missionaria Mondiale del 1978 e rappresenta dunque l'elemento mancante di questa raccolta: il discorso delineò il coraggioso piano personale di missione del Papa e ancora risuona chiaramente nella memoria di chi l'ha conosciuto!



MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1979

A tutti i miei fratelli e figli in Cristo.
Nell'inaugurare il ministero apostolico la domenica 22 ottobre dello scorso anno - data che felicemente coincise con la Giornata Missionaria Mondiale nella Chiesa cattolica - non potei omettere, tra le intenzioni primarie che fervevano nel mio animo in quella solenne circostanza, il riferimento al problema sempre attuale ed urgente della dilatazione del Regno di Dio tra i popoli non cristiani. Rivolgendomi, infatti, a tutti i fedeli sparsi nel mondo, ricordai come in quel giorno la Chiesa pregasse, meditasse ed agisse perché le parole di vita del Cristo giungessero a tutti gli uomini, per essere da essi accolte come messaggio di speranza, di salvezza, di liberazione totale («Omelia per l'inizio del pontificato», 12 ottobre 1978: AAS 70 [1978] 947).
Quel pensiero si è in me rinnovato, mentre componevo la prima Lettera Enciclica e trattavo il tema della missione della Chiesa a servizio dell'uomo; ed esso ritorna ora a vibrare ancor più insistentemente, in vista della Giornata Missionaria del prossimo autunno. Al riguardo, mi sembra opportuno riprendere e sviluppare un'affermazione che nella menzionata Enciclica ho potuto solo enunciare, quando ho scritto che «la missione non è mai una distruzione, ma e una riassunzione di valori e una nuova costruzione» («Redemptor Hominis», 12). Invero, l'espressione può offrire un tema adeguato per la comune nostra riflessione.
La Missione non è distruzione di valori
Quanti e quali sono i valori presenti nell'uomo? Ricordo rapidamente quelli specifici della sua natura, quali la vita, la spiritualità, la libertà, la socievolezza, la capacità di donazione e di amore; quelli provenienti dal contesto culturale in cui egli è situato, quali il linguaggio, le forme di espressione religiosa, etica, artistica; quelli derivanti dal suo impegno e dalla sua esperienza nella sfera personale e in quelle della famiglia, del lavoro e delle relazioni sociali.
Ora è con questo mondo di valori, più o meno autentici e diseguali, che il missionario nella sua opera di evangelizzazione viene a contatto: di fronte ad essi dovrà porsi in atteggiamento di attenta e rispettosa riflessione, preoccupandosi di non soffocare mai, bensì di salvare e di sviluppare tali beni accumulati nel corso di tradizioni secolari. Bisogna riconoscere lo studio costante a cui il lavoro missionario si ispira e deve ispirarsi nell'accogliere questi valori del mondo nel quale si esercita: l'atteggiamento di fondo in coloro che portano il lieto annuncio del Vangelo alle genti è di proporre, e non già di imporre la Verità cristiana.
Ciò è richiesto, anzitutto, dalla dignità della persona umana, che la Chiesa, sull'esempio di Cristo, ha sempre difeso contro ogni aberrante forma di coercizione. Di tale dignità, infatti, la libertà è presupposto fondamentale e irrinunciabile (cfr. «Dignitatis Humanae», 2). Ciò è richiesto, altresì, dalla natura stessa della fede, che può nascere soltanto da un assenso libero (cfr. «Dignitatis Humanae», 2).
Il rispetto per l'uomo e la stima «per ciò che egli stesso nell'intimo del suo spirito ha elaborato riguardo ai problemi più profondi e più importanti» («Redemptor Hominis», 12), restano principi basilari per ogni retta attività missionaria, intesa come prudente, tempestiva, operosa seminagione evangelica, non già come sradicamento di ciò che, essendo autenticamente umano, ha un intrinseco e positivo valore.
La Missione è riassunzione di valori
«Le nuove Chiese - si legge nel Decreto "Ad Gentes" - dalle consuetudini e dalle tradizioni, dal sapere e dalla cultura, dalle arti e dalla scienza dei loro popoli sanno ricavare tutti gli elementi che valgono a rendere gloria al Creatore, a mettere in luce la grazia del Salvatore e a ben organizzare la vita cristiana» («Ad Gentes», 22). L'azione evangelizzatrice deve mirare, pertanto, a dare rilievo e a sviluppare quel che di valido e sano è presente nell'uomo evangelizzato, come nel contesto socio-culturale a cui egli appartiene. Con un metodo attento e discreto di educazione (nel senso etimologico del «trar fuori»), essa farà emergere e maturare, dopo averli purificati dalle incrostazioni e dai sedimenti accumulatisi nel tempo, gli autentici valori di spiritualità, di religiosità, di carità che, quali «semi del Verbo» e «segni della presenza di Dio», aprono la via all'accettazione del Vangelo.
Facendo propria «la ricchezza delle nazioni che a Cristo sono state assegnate in eredità» («Ad Gentes», 22), ed illuminando con la parola del Maestro quella somma di consuetudini, tradizioni e concezioni che costituiscono il patrimonio spirituale dei popoli, la Chiesa contribuirà così alla costruzione di una civiltà nuova ed universale, la quale, senza alterare la fisionomia e gli aspetti tipici dei diversi contesti etnico-sociali, attingerà il suo perfezionamento nell'acquisire i più alti contenuti evangelici. Non è forse questa la testimonianza che ci viene da tanti Paesi di missione (penso, ad esempio, alle Chiese dell'Africa), ove la forza del Vangelo liberamente e consapevolmente accettato, lungi dall'annullare, ha potenziato le tendenze e gli aspetti migliori delle culture locali e ne ha favorito l'ulteriore sviluppo?
«Il Vangelo di Cristo - ricorda ancora il Concilio in una bella pagina della costituzione "Gaudium et Spes" - rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e rimuove gli errori e i mali, derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione, già con questo stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e civile...» («Gaudium et Spes», 58).
La Missione è una nuova costruzione
L'azione evangelizzatrice, mirando a trasformare «dal di dentro» ogni creatura umana, introduce nelle coscienze un fermento rinnovatore, capace di «raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza» (Paolo VI, «Evangelii Nuntiandi», 19). Sollecitato da tale spinta interiore, l'individuo è portato a prender sempre meglio coscienza della sua realta di «cristiano», cioè della dignità che gli è propria in quanto essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, nobilitato nella stessa natura dall'evento dell'Incarnazione del Verbo, destinato ad un ideale di vita superiore.
Troviamo qui le basi di quell'«umanesimo cristiano», nel quale i valori naturali si compongono con quelli della Rivelazione: la grazia della filiazione adottiva divina, della fraternità con Cristo, dell'azione santificatrice dello Spirito.
Diventa allora possibile la nascita della «nuova creatura», ricca ad un tempo di valori umani e divini: ecco l'«uomo nuovo», elevato ad una dimensione trascendente, da cui trae l'aiuto indispensabile per dominare le passioni e per praticare le più ardue virtù, quali il perdono e l'amore del prossimo, divenuto fratello.
Cresciuto alla scuola del Vangelo, l'«uomo nuovo» avverte l'impegno di farsi sostenitore della giustizia, della carità e della pace nel contesto socio-politico, al quale appartiene, e diviene artefice o, almeno, collaboratore di quella «civiltà nuova», che ha nel Discorso della Montagna la sua «magna charta». Appare chiaro, pertanto, come il rinnovamento promosso dall'attività evangelizzatrice, pur essendo essenzialmente spirituale, vada diritto al cuore della questione grave e assillante delle ingiustizie e degli squilibri economici e sociali, che tormentano tanta parte dell'umanità, e possa contribuire alla sua soluzione. Evangelizzazione e promozione umana, insomma, pur rimanendo nettamente distinte (cfr. Paolo VI, «Evangelii Nuntiandi», 35), sono tra loro collegate in un nesso indissolubile, che trova significativamente la sua saldatura nella più alta virtù cristiana: la carità. «Dove arriva il Vangelo, arriva la carità», affermava il mio predecessore Paolo VI nel «Messaggio per la Giornata Missionaria» del 1970. E di fatto i missionari non sono mai venuti meno a questo impegno fondamentale, sempre sforzandosi di integrare il loro specifico servizio «pro causa salutis» con una decisa e costruttiva azione per lo sviluppo. Ne è splendida dimostrazione la fioritura, in tutti i Paesi di missione, di Scuole, Ospedali, Istituti, ai quali si affianca tutta una serie di iniziative in campo tecnico, assistenziale, culturale, che sono frutto di duri sacrifici personali da parte dei missionari stessi, come delle rinunce nascoste di tanti loro fratelli che risiedono altrove.
Edificando l'umanità nuova, permeata dallo Spirito di Cristo, l'attività missionaria si presenta, al tempo stesso, come lo strumento idoneo ed efficace per risolvere non pochi dei mali del mondo contemporaneo: ingiustizia, oppressione, emarginazione, sfruttamento, solitudine. E' un'opera - come ognun vede - immensa ed esaltante, alla quale ciascun cristiano è chiamato a dare il proprio contributo.
La Cooperazione e le Pontificie Opere Missionarie
In realtà, la diffusione dell'annuncio di salvezza, lungi dall'essere prerogativa dei missionari, è un dovere grave che incombe su tutto il Popolo di Dio, come ha autorevolmente ricordato il Concilio: «Tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione... del suo Corpo» («Ad Gentes», 36). Su questo dovere, perciò, non posso non soffermarmi a conclusione di queste mie parole.
Coloro che, avendo ricevuto il dono della fede, godono degli insegnamenti di Cristo e partecipano ai Sacramenti della sua Chiesa, proprio in forza del comandamento dell'amore e - direi - per la solidarietà della carità, non possono disinteressarsi dei milioni di fratelli, ai quali non è stata ancora portata la Buona Novella. Essi debbono partecipare all'azione missionaria, innanzitutto, con la preghiera e con l'offerta delle proprie sofferenze: è, questo, il modo di collaborazione più efficace dal momento che, proprio mediante il calvario e la croce, Cristo portò a compimento la sua opera redentrice. Debbono, poi, sostenerla con generosi aiuti concreti, perché nelle terre di missione immense ed innumeri sono le necessità di ordine materiale. Tali aiuti, raccolti attraverso le Pontificie Opere Missionarie - organo centrale ed ufficiale della Santa Sede per l'animazione e la cooperazione missionaria - saranno successivamente distribuiti, secondo giustizia ed opportunità, tra le Chiese giovani. «A queste Opere - avverte il Concilio - deve essere riservato il primo posto, perché costituiscono altrettanti mezzi per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario...» («Ad Gentes», 38). Sono esse che assicurano un'efficiente coordinazione nella visione globale delle attese e delle richieste; è da esse che si diparte, ramificandosi, la rete capillare della carità missionaria. Ma la loro ragion d'essere non si riduce soltanto ad una funzione organizzativa; in realtà, esse son chiamate ad esercitare un ruolo di attiva mediazione e di comunicazione interecclesiale, favorendo un contatto frequente e fraterno tra le varie Chiese locali, tra quelle di antica tradizione cristiana e quelle di recente fondazione. E questa è funzione molto più alta, perché direttamente riflette e promuove la circolazione della carità.
Esprimendo sin d'ora viva gratitudine a quanti accoglieranno con cuore aperto il presente messaggio, invoco la pienezza dei favori celesti sui venerati fratelli nell'episcopato, sulle loro Comunità diocesane, come e soprattutto sui singoli Missionari e Missionarie e sui loro Istituti, mentre in pegno di memore affetto a tutti imparto la benedizione apostolica.
14 giugno 1979


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1980

Venerati fratelli e carissimi figli della Chiesa!
Il mio recente viaggio nel continente africano mi ha fatto rilevare una volta di più la necessità e l'urgenza dell'attività missionaria, che si qualifica essenzialmente come impegno di annunciare al mondo intero la salvezza dell'uomo in Cristo Gesù, che è morto e risorto per essere il Signore dei vivi e dei morti (cfr. Rm 14,9). Sulla base, pertanto, di questa diretta esperienza, desidero dedicare il consueto messaggio per l'annuale giornata missionaria ad una rinnovata riflessione sulla permanente esigenza di tale attività.
Qual è al presente - c'è da domandarsi - la situazione della Chiesa nel mondo? Tralasciando la realtà dell'occidente, dove più che altrove «sono in atto - come rilevai nella omelia tenuta, lo scorso anno, nella suddetta circostanza - varie forme di anti-evangelizzazione», e restringendo il campo al mondo missionario comunemente inteso, risulta evidente che, dopo duemila anni di cristianesimo. il Vangelo del Signore è ben lungi dall'essere conosciuto e diffuso, nella sua integrità, presso tutti gli uomini. Certo, tale situazione dipende da cause di varia natura, legate talora alle condizioni socio-politiche delle diverse nazioni: ma non si può omettere tra esse l'esiguità del numero di coloro che sono impegnati nell'opera evangelizzatrice. Resta vero, purtroppo, anche ai nostri giorni il giudizio che dava ai suoi tempi il «principe dei missionari», san Francesco Saverio: «Parecchi non diventano cristiani solo perché mancano quelli che li facciano cristiani» (S.Francesco Saverio, «Epist.», I, Roma 1944, p. 166).
La Chiesa «missione incarnata» dinamicamente aperta al mondo
Davanti a questa obiettiva carenza, la Chiesa non può tacere né riposare tranquilla, ignorando i bisogni di tanti milioni di fratelli che attendono l'annuncio del messaggio di salvezza: Dio - ci ricorda san Paolo - vuole che tutti gli uomini arrivino alla conoscenza della verità e siano salvati» (1Tm 2,4). E la verità è Cristo redentore del mondo, il quale «è penetrato in modo unico e irrepetibile nel mistero dell'uomo» e deve divenire «l'unico orientamento dello spirito, l'unico indirizzo dell'intelletto, della volontà e del cuore», perché per tutti gli uomini egli ha versato il suo sangue sulla croce, perché «ognuno è stato compreso nel mistero della redenzione» (Ioannis Pauli PP. II «Redempror Hominis», 7. 8. 13). Un atteggiamento rinunciatario da parte della Chiesa contrasterebbe, quindi, con la missione ad essa affidata, che è di rivelare Cristo al mondo e di indirizzare la coscienza di tutta l'umanità verso il suo mistero, «aiutando gli uomini ad aver familiarità con la profondità della redenzione» (Ioannis Pauli PP. II «Redempror Hominis», 10).
L'imperativo rivolto da Cristo risorto ai suoi discepoli:«Andate, predicate...» (cfr. Mc 16,15; Mt 28,19), fissando efficacemente l'immagine e la funzione della Chiesa peregrinante, esprime il dinamismo missionario che è intrinseco alla sua natura. Essa, mossa incessantemente dallo Spirito, è perennemente «inviata» alle genti per trasmetter loro la sorgente inesauribile di quell'acqua viva, che scaturisce dalla parola e dall'opera del Signore. Lo stesso termine «missione» - lo sottolineava già il mio venerato predecessore Paolo VI nel messaggio missionario del 1964 - «richiama al pensiero questa figura di movimento che caratterizza la vita della Chiesa: essa parte da Cristo, da lui è mandata, è spinta, è seguita; essa lo porta con sé, lo predica, lo comunica, lo trasmette; mediante essa Cristo arriva agli uomini, valica i confini delle nazioni, sorvola i secoli.
L'evangelizzazione, ossia l'attività missionaria corrisponde, dunque, alla vocazione specifica della Chiesa che, sempre nel rispetto della libertà, si fa incontro agli uomini del nostro tempo che ancora «in umbra mortis sedent» (Lc 1,79); si può dire anzi che la Chiesa sia la missione incarnata. Non per nulla il Concilio ha esplicitamente ribadito: «La Chiesa che vive nel tempo è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la sua propria origine» («Ad Gentes», 2).
Depositaria della buona novella, la Chiesa, come non può non parlare, così deve necessariamente inviare ancora, oggi non meno che in altri tempi, apostoli e missionari, i quali sappiano parlare agli uomini della salvezza trascendente e liberatrice, avviandoli - in piena fedeltà allo Spirito - alla conoscenza della verità: i quali con i sacramenti, a cominciare dalla «porta» del battesimo, li incorporino a Cristo nella vivente comunione del suo corpo mistico; i quali, infine, facciano conoscer loro il senso autentico della loro dignità di creature, modellate ad immagine di Dio, e quindi li illuminino intorno al vero significato della loro esistenza nel mondo. E' così che la Chiesa opera efficacemente, perché sia attuato il piano salvifico di Dio.
Le missioni strumenti di evangelizzazione e centri di promozione umana
Alla luce di queste considerazioni le missioni si rivelano tuttora necessarie e insostituibili al punto che, senza di esse, l'attuazione di questo piano e l'espansione del regno fino ai confini della terra non sarebbero neppure concepibili; senza di esse non potrebbe nascere e svilupparsi la civiltà nuova fondata - nel segno di Cristo - sulla giustizia, sulla pace e sull'amore perché è nella missione che si plasma l'uomo nuovo, consapevole della sua dignità e del suo trascendente destino di creatura redenta.
Nelle missioni, fucine di fermento evangelico, batte il cuore della Chiesa universale con tutta la sua sollecitudine rivolta al bene autentico e integrale dell'uomo. Ma esse sono, al tempo stesso, centri di promozione umana poiché se da una parte la Chiesa, in virtù del principio della carità che la anima, non può rimanere insensibile alle necessità materiali dei fratelli, dall'altra, evangelizzando e aiutando l'uomo a comprendere se stesso in Cristo, ne promuove in tal modo anche la coscienza civile e il progresso sociale. Esattissimo appare, al riguardo, ciò che afferma il documento conclusivo della conferenza di Puebla: «Il miglior servizio al fratello è l'evangelizzazione che lo dispone a realizzarsi come figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente»(Puebla 1145).
Anche laddove la predicazione della Parola è ostacolata, la semplice presenza del missionario, con la sua testimonianza di povertà, di carità, di santità costituisce già una forma efficace di evangelizzazione e crea spesso i presupposti per un dialogo costruttivo. Una volta ancora mi è caro, dunque, cogliere questa occasione per lodare ed esprimere viva gratitudine ai missionari che, con sacrifici immensi, talvolta, e tra difficoltà di ogni genere, spargono il seme della Parola, dal quale la Chiesa si sviluppa e mette radici nel mondo. E il frutto più consolante di questa loro opera eroica ed infaticabile è il fiorire meraviglioso di giovani e fervide comunità cristiane, dal cui «humus» scaturiscono vocazioni sacerdotali e religiose, che sono la speranza per la Chiesa di domani.
Sì, i missionari sono operai indispensabili per la vigna del Signore, e le stesse Chiese locali, di recente fondazione, pur sviluppando un loro clero autoctono, sentono ancora il bisogno della loro presenza e delle loro energie, anche per avvantaggiarsi della ricchezza delle tradizioni plurisecolari e della maturità delle antiche Chiese che essi portano con sé. E' così che tra le une e le altre Chiese locali si verifica un fruttuoso scambio di idee, di iniziative e di opere, che è come un'osmosi feconda per la Chiesa universale.
La cooperazione e le pontificie opere missionarie
Per tali motivi desidero esprimere il mio compiacimento per ogni forma di cooperazione missionaria, che le comunità ecclesiali sanno escogitare e stabilire con generoso spirito apostolico. So bene che in molte diocesi si promuove attivamente quella forma di collaborazione che è stata tanto raccomandata dal mio predecessore di venerata memoria Pio XII nell'enciclica «Fidei Donum». Il beneficio, infatti, di tale impegno ministeriale «ad tempus» è duplice: i sacerdoti che vi si dedicano, come offrono un evidente servizio alle Chiese missionarie, così, tornando nelle diocesi di origine, vi riportano il tesoro delle loro esperienze, contribuendo in tal modo a quell'opera di animazione, che tanto giova a suscitare tra i fedeli stessi la coscienza missionaria e la volontà di sostenere la causa dell'evangelizzazione.
Sempre in tema di cooperazione, non occorre ripetere che sarebbe un grave errore identificarla esclusivamente con l'aiuto economico, pur necessario per sovvenire alle grandi e talora indicibili miserie di tanti nostri fratelli. All'aiuto finanziario deve unirsi, come irrinunciabile premessa, quello della preghiera: occorre pregare per le vocazioni, per i missionari, per i fratelli da evangelizzare; occorre pregare altresì perché le nazioni del mondo che godono di un alto grado di civiltà e di benessere aprano il loro cuore alle immense necessità delle nazioni meno privilegiate e, di comune accordo secondo l'orientamento di fondo della solidarietà universale, realizzino una intelligente programmazione e pianificazione degli aiuti che valgano a combattere quelle gravi discriminazioni, sperequazioni ed ingiustizie che costituiscono uno dei grandi scandali del nostro tempo.
Alla preghiera dovrà unirsi, quale elemento prezioso ed efficace per penetrare nel cuore di Dio, l'offerta spontanea delle proprie sofferenze, in unione a Cristo per il bene dei fratelli. Da ultimo, desidero ricordare l'importanza che, ai fini della cooperazione, hanno le pontificie opere missionarie. Nella prossima giornata tutti sono invitati a riflettere sul ruolo che esse svolgono, in seno all'intera comunità ecclesiale, quali strumenti idonei per l'animazione e sensibilizzazione missionaria del Popolo di Dio (cfr. «Ad Gentes», 38).
Ai missionari ed a tutti coloro che, in diverse forme e modi, spendono le loro energie per la diffusione del Vangelo, con profonda, vivissima gratitudine imparto la confortatrice benedizione apostolica.
Dal Vaticano, il 25 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1980, secondo del mio Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1981

Cari fratelli e sorelle in Cristo!
La Giornata Missionaria Mondiale è un avvenimento importante nella vita della Chiesa. Si può dire che la sua importanza cresce incessantemente.
Forse non mai come oggi il compito affidato alla Chiesa dal suo Fondatore, «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28,19; cfr. Mc 16,15), ha assunto una tale ampiezza e urgenza. Più che mai la Chiesa deve fare proprie le parole dell'apostolo: «Guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16).
1. Per una Chiesa missionaria
La Giornata Missionaria Mondiale è l'occasione per eccellenza per una generale presa di coscienza del dovere missionario e per ricordare a tutti i membri della Chiesa, qualunque sia la loro funzione ed il loro posto, che essi sono coinvolti in questo dovere. Tutti devono meditare i testi vigorosi del Concilio Vaticano II, dove si afferma che la Chiesa intera è missionaria, che l'opera di evangelizzazione è il dovere fondamentale del Popolo di Dio («Ad Gentes», 35) e che ad ogni discepolo di Cristo spetta la sua parte nel compito di diffondere la fede («Lumen Gentium», 17). Occorre incessantemente riprendere l'insegnamento del Concilio, espresso in tanti suoi documenti, approfondito dal Sinodo dei Vescovi del 1974 e sintetizzato dal Papa Paolo VI nella sua esortazione apostolica «Evangelii Nuntiandi» dell'8 dicembre 1975. Se ancora una volta vi invito a tornare su questi documenti, tanto spesso citati, è perché sono convinto della loro importanza, che dev'essere sempre maggiormente approfondita.
La Giornata Missionaria Mondiale è una occasione per ognuno di fare in questa materia un esame di coscienza e di esporre al Popolo di Dio la dottrina della Chiesa: infatti è in gioco l'avvenire dell'evangelizzazione del mondo. Se tutti i cristiani fossero persuasi dei loro doveri missionari, le difficoltà sarebbero meno pesante
In questo senso, è motivo di grande speranza il vedere moltiplicarsi nel mondo piccole comunità cristiane, dinamiche e aperte, le quali hanno compreso la propria responsabilità nell'annuncio del Vangelo, pegno della promozione di un mondo migliore.
Un altro fenomeno, che ci rallegra e per il quale dobbiamo ringraziare il Signore è la nascita di un movimento missionario nelle giovani Chiese, che da evangelizzatrici diventano evangelizzate. In molti Paesi di missione, il numero di missionari che partono per recare il messaggio evangelico ai non-cristiani, sia in altre regioni del loro Paese, sia in altri Paesi, sia in altri continenti, aumenta di giorno in giorno. In ciascun continente, si trovano attualmente missionari provenienti da ogni Paese del mondo.
Le giovani Chiese, che a loro volta sono diventate missionarie, danno prova della loro maturità nella fede. Hanno capito che una Chiesa particolare che non sia missionaria, non è pienamente cattolica. In effetti, se è missionaria la Chiesa tutta intera, lo devono essere parimenti le Chiese particolari: «Queste sono formate ad immagine della Chiesa universale. E' in esse ed a partire da esse che esiste la Chiesa una e unica» («Lumen Gentium», 23). Una Chiesa chiusa in se stessa, senza apertura missionaria, è una Chiesa incompleta o una Chiesa malata. L'esempio del risveglio missionario nelle Chiese giovani può richiamare questa verità alle Chiese antiche, le quali, dopo aver sviluppato uno sforzo ammirevole, sembrano a volte abbandonarsi allo scoraggiamento ed al dubbio circa il loro dovere missionario.
2. Il servizio missionario del Papa
Spetta al Papa richiamare questo dovere missionario a tutti i suoi fratelli in Cristo. In quanto Pastore supremo di una Chiesa interamente missionaria, egli deve essere il primo missionario, sforzandosi di imitare l'esempio di Cristo, «il primo ed il più grande evangelizzatore» («Evangelii Nuntiandi», 7), e mettendosi sotto la guida dello Spirito Santo, «l'Agente principale dell'evangelizzazione» (ibid., 75).
Fin dall'inizio del mio pontificato, ho meditato le parole del Concilio Vaticano II, dove si dice che al successore di Pietro «è stato affidato, in modo particolare, il grande compito di propagare il nome cristiano» («Lumen Gentium», 23; cfr. «Evangelii Nuntiandi», 67). Sull'esempio del mio predecessore Paolo VI, mi sono messo in viaggio per visitare numerosi Paesi, tra i quali alcuni in cui Cristo è appena conosciuto o l'annuncio missionario del Vangelo è ancora incompiuto. I miei viaggi in America Latina, in Africa ed in Asia hanno avuto «una finalità eminentemente religiosa e missionaria», come dicevo prima di partire per l'Africa. Ho voluto annunciare io stesso il Vangelo, facendomi in qualche modo catechista itinerante, ed incoraggiare tutti coloro che sono al suo servizio, sia che provengano dai propri Paesi, sia che provengano da altri per mettersi al servizio di una Chiesa locale. A tutti ho voluto rendere omaggio ed esprimere i miei sentimenti di riconoscenza a nome della Chiesa universale.
Questi viaggi mi hanno permesso di ammirare la fede, le ricchezze spirituali e la vitalità delle giovani Chiese, di condividere le loro gioie, le loro necessità e le loro sofferenze, di incoraggiarle nei loro sforzi per radicare la fede cristiana nella cultura loro propria. Il contatto con queste masse umane che ancora ignorano Cristo mi ha convinto ancor più di prima circa l'urgenza dell'annuncio evangelico. Il mondo ha tanto bisogno di Cristo! E coloro che stanno agli avamposti di questo compito evangelico lo sanno meglio di chiunque altro. La collaborazione di tutte le Chiese nell'evangelizzazione del mondo non deve affievolirsi.
3. La funzione evangelizzatrice della famiglia
Facendo appello alla collaborazione di tutti per l'opera missionaria, vorrei indirizzarmi innanzitutto alle famiglie cristiane. Il nostro tempo ha bisogno che si rimetta in valore l'importanza della famiglia, della sua vitalità e del suo equilibrio. Ciò è vero sul piano umano: la famiglia è la cellula di base della società, il fondamento delle sue qualità profonde. E ciò è vero anche per il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa; è per questo che il Concilio ha dato alla famiglia il bel titolo di «Chiesa domestica» («Lumen Gentium», 11). L'evangelizzazione della famiglia costituisce dunque l'obiettivo principale dell'azione pastorale, e questa a sua volta non raggiunge pienamente il proprio scopo, se le famiglie cristiane non diventano esse stesse evangelizzatrici e missionarie: l'approfondimento della coscienza spirituale personale fa sì che ciascuno, genitori e figli, abbia il proprio ruolo e la propria importanza per la vita cristiana di tutti gli altri membri della famiglia.
Non c'è alcun dubbio che, sul piano religioso come sul piano umano, l'azione della famiglia dipende dai genitori, dalla coscienza che hanno delle proprie responsabilità, dal loro valore cristiano. E' ad essi, pertanto, che vorrei particolarmente indirizzarmi. Con le loro parole e con la testimonianza della loro vita, come insegna l'esortazione apostolica «Catechesi Tradendae», i genitori sono i primi catechisti dei loro figli (cfr. n. 68). In questa azione, la preghiera deve occupare il primo posto, e mi si permetterà di insistere su questo punto. La preghiera, infatti, malgrado il bel rinnovamento costatato qua e là, continua ad essere difficile per molti cristiani, che pregano poco. Essi si chiedono: a che cosa serve la preghiera? è compatibile col nostro senso moderno dell'efficienza? Non c'è forse qualcosa di meschino nel rispondere con la preghiera ai bisogni materiali e spirituali del mondo?
Davanti a queste difficoltà, sappiamo mostrare incessantemente che la preghiera cristiana è inseparabile dalla nostra fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, dalla nostra fede nel suo amore e nella sua potenza redentrice, che è all'opera nel mondo. Perciò la preghiera vale innanzitutto per noi: Signore, «aumenta la nostra fede!» (Lc 17,6). Essa ha come scopo la nostra conversione, cioè, come spiegava già san Cipriano, la disponibilità interiore ed esteriore, la volontà di aprirsi all'azione trasformante della Grazia. «Dicendo: Sia santificato il tuo nome..., noi domandiamo insistentemente poiché siamo stati santificati col Battesimo, di perseverare in ciò che abbiamo cominciato ad essere... Venga il tuo Regno: domandiamo che il Regno di Dio si realizzi in noi nel senso in cui imploriamo che il suo nome sia santificato in noi... Aggiungiamo poi: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, perché noi possiamo fare ciò che Dio vuole... La volontà di Dio è ciò che Cristo ha fatto ed insegnato (San Cipriano, «De oratione dominica»). La verità della preghiera implica la verità della vita; la preghiera è insieme la causa ed il risultato di un modo di vivere, che si colloca alla luce del Vangelo. In questo senso, la preghiera dei genitori, come quella della comunità cristiana, sarà per i figli una iniziazione alla ricerca di Dio ed all'ascolto dei suoi inviti. La testimonianza di vita trova allora tutto il suo valore. Essa suppone che i figli apprendano in famiglia, come conseguenza normale della preghiera, a guardare cristianamente il mondo, secondo il Vangelo! Ciò suppone anche che essi in famiglia, imparino concretamente che nella vita ci sono preoccupazioni più fondamentali del denaro, delle vacanze o del divertimento! Allora l'educazione impartita ai figli potrà aprirli al dinamismo missionario come ad una dimensione integrante della vita cristiana, poiché i genitori e gli altri educatori saranno essi stessi impregnati di spirito missionario, inseparabile dal senso della Chiesa. Col loro esempio, ancor più che con le parole, essi insegneranno ai propri figli ad essere generosi verso i più deboli, a partecipare la loro fede ed i loro beni materiali con i bambini ed i giovani che ancora ignorano Cristo o che sono le prime vittime della povertà e dell'ignoranza. Allora, i genitori cristiani diventeranno capaci di considerare lo sbocciare di una vocazione sacerdotale o religiosa missionaria come una delle più belle prove dell'autenticità dell'educazione cristiana da loro impartita, e pregheranno che il Signore chiami uno dei loro figli. La sollecitudine missionaria si manifesta così come un elemento essenziale della santità della famiglia cristiana. Come affermava il mio venerato predecessore Giovanni Paolo I: «Con la preghiera familiare, l'Ecclesia domestica diventa una realtà effettiva e porta alla trasformazione del mondo. E tutti gli sforzi dei genitori per impregnare i loro figli dell'amore di Dio e per sostenerli con l'esempio della loro fede, costituiscono un apostolato tra i più importanti del XX secolo» («Allocuzione a Vescovi americani in visita ad limina», 21 settembre 1978; AAS 70, [1978], 767).
In questa occasione vorrei raccomandare ai genitori e a tutti gli educatori cattolici un'opera importante, istituita più di un secolo fa (1843), per aiutarli nella educazione missionaria, dei propri figli, la quale mette a loro disposizione i mezzi adeguati. Intendo riferirmi alla Pontificia Opera della Santa Infanzia, che ha per scopo di favorire la diffusione dello spirito missionario tra i fanciulli.
4. Le Pontificie Opere Missionarie al servizio della missione universale
L'organizzazione dell'azione missionaria durante il mese di ottobre, il mese delle missioni, di cui la Giornata Mondiale è il punto culminante, è affidata alle Pontificie Opere Missionarie, poiché l'istituzione di questa giornata è dovuta alla loro iniziativa. In questi ultimi anni, le Pontificie Opere Missionarie sono state erette in tutte le giovani Chiese. Dappertutto esse hanno come obiettivo di «infondere nei cattolici, fin dalla loro infanzia, uno spirito veramente universale e cattolico» («Ad Gentes», 38). Come è detto negli Statuti, che ho approvato l'anno scorso (26 giugno 1980), ciò costituisce il loro fine primario e principale. Esse sono l'istituzione destinata anche a promuovere la cooperazione missionaria di ogni Chiesa particolare, di ogni Vescovo, di ogni parrocchia, di ogni comunità, di ogni famiglia e di ogni persona. Essendo questo un dovere per tutti, si può chiedere a ciascuno di sostenere con priorità l'azione delle Pontificie Opere Missionarie.
La sollecitudine missionaria si esprime in diverse maniere. «Essendo l'evangelizzazione anzitutto un'azione dello Spirito Santo, bisogna riservare il primo posto alla preghiera e al sacrificio», come ho appena sottolineato e come gli Statuti di queste Opere ben a ragione ricordano. Di più, occorre uno sforzo comune ed intenso per far sorgere e maturare le vocazioni missionarie. Se il mondo ha più che mai bisogno del Cristo e del suo Vangelo, il numero dei predicatori della Buona Novella deve crescere in proporzione.
La cooperazione missionaria ha anche per scopo di sostenere materialmente l'evangelizzazione. Trascurare o criticare questo aspetto potrebbe essere un sottile pretesto per dispensarsi dall'essere generosi. Le necessità finanziarie delle giovani Chiese, che appartengono quasi tutte ai Paesi del Terzo Mondo, sono ancora enormi, nonostante i loro sforzi per giungere ad una autonomia finanziaria. Ad esse occorre un aiuto sia per i Seminari, che assicurano la formazione e il mantenimento dei futuri sacerdoti, sia per far vivere gli attuali collaboratori della missione o per permettere la costruzione di Chiese, Scuole, Dispensari o Centri indispensabili per l'azione sociale. Per far fronte a queste necessità quotidiane ed essenziali, le giovani Chiese devono poter contare su un aiuto regolare e sicuro. E' questa la ragione per cui faccio appello a tutti, affinché contribuiscano al fondo centrale delle Pontificie Opere Missionarie, che hanno precisamente per scopo di assicurare loro questo contributo regolare. L'esempio dei cristiani nei Paesi meno favoriti, i quali, nonostante la loro povertà, versano il proprio obolo, deve far riflettere quelli dei Paesi ricchi, che spesso non danno che una piccola parte del loro superfluo.
E' motivo di gioia costatare come presso molti cristiani vada sempre più crescendo la sollecitudine per la necessità dei Paesi e delle Chiese del Terzo Mondo, come pure il moltiplicarsi in modo sempre più notevole di iniziative particolari per venire in aiuto a persone o a progetti in queste regioni. E' questo il segno di un senso missionario e di un senso di giustizia che sono cresciuti. Ciò nonostante, conviene assegnare un posto privilegiato alle Pontificie Opere Missionarie, perché esse sostengono l'annuncio diretto del Vangelo, che è il dovere fondamentale e proprio della Chiesa. E' appunto in questo annuncio che sta il fondamento del vero sviluppo e della vera liberazione umana.
Ora, mediante i loro programmi di aiuto universale, le Pontificie Opere Missionarie si fanno carico delle necessità di tutte le giovani Chiese, senza esclusione alcuna. Questa universalità è il loro carattere proprio. E' questa la ragione per cui la sollecitudine degli operai apostolici per il proprio Paese o per i progetti di cui si è personalmente informati, non deve diventare esclusivistica, ma integrarsi con l'insieme dello sforzo di evangelizzazione al servizio di tutte le giovani Chiese. Al presente sono i pastori di queste Chiese che portano il peso materiale dell'iniziativa missionaria. Pertanto, nella cooperazione missionaria, bisogna pensare prima di ogni altra cosa alle giovani Chiese, e proprio a tutte. Questo modo di cooperazione potrà forse avere per conseguenza che ci si senta meno impegnati personalmente e che bisognerà donare in maniera più disinteressata. Ma questo modo di donare può rivelarsi più evangelico e più efficace.
Soltanto un fondo di solidarietà centrale può evitare il pericolo di dimenticare alcune Chiese, soprattutto quelle più povere, o certe loro necessità essenziali. Soltanto mediante un programma di aiuto appropriato alle varie necessità, si può evitare lo scoglio di particolarismi e degli aiuti. E' precisamente quanto cerca il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, che è composto da rappresentanti di tutte le Chiese e dispone dei consigli e delle informazioni della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli.
Di conseguenza, il mese di ottobre deve essere dappertutto il mese della missione universale, il mese del vicendevole aiuto missionario sotto l'egida delle Pontificie Opere Missionarie. Per questa ragione, i Vescovi sono invitati, secondo i nuovi Statuti di queste Opere, «a pregare i responsabili delle opere cattoliche e i fedeli a rinunciare alle collette, aventi carattere particolare, durante questo periodo». Già nel passato, parecchi Vescovi, seguendo l'esempio della Santa Sede, hanno dato direttive a questo proposito.
Infine - avrete certamente a cuore di ricordarlo - la cooperazione missionaria non deve essere compromessa dalla presente crisi economica, di cui soffrono tutti i Paesi del mondo. Che questa crisi non divenga per i cristiani dei Paesi ricchi una scusa per diminuire la propria generosità! Ch'essi non dimentichino che i Paesi e le Chiese del Terzo Mondo sono toccati ancor più di loro da questa crisi!
Per concludere, vorrei ricordarvi che la celebrazione del Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes, nel prossimo mese di luglio, dovrebbe stimolare lo slancio missionario della Chiesa. L'Eucaristia, la quale fa la Chiesa ed è «la sorgente e il culmine di tutta la vita cristiana» («Lumen Gentium», 11), è il Sacramento che significa e realizza l'unità tra tutti i membri della Chiesa. L'Eucaristia li rende solidali gli uni gli altri, li spinge a condividere la loro fede, le loro ricchezze spirituali, le loro sofferenze e il loro pane materiale. Per questo, coloro che partecipano all'Eucaristia sono invitati a partecipare anche alla missione del Cristo, a portare il suo messaggio a tutti gli uomini: la liturgia eucaristica deve dunque essere al centro della celebrazione della Giornata Mondiale per le Missioni.
Possa il Signore, che ha dato alla sua Chiesa l'ordine di fare discepoli da tutte le nazioni, manifestare anche mediante i nostri sforzi quel potere che gli è stato dato in cielo e sulla terra (cfr. Mt 28,18-19)! Che la Beata Vergine Maria, Patrona delle missioni, ci aiuti a corrispondere alla esortazione del Cristo risorto! A voi, cari fratelli nell'Episcopato, a tutti i missionari che si prodigano senza risparmio per la messe, a voi Comunità diocesane, e a coloro, in particolare, che sapranno comprendere questo appello e corrispondervi con una generosità ispirata dall'interiore rinnovamento, invio di gran cuore la benedizione apostolica.
Dal Vaticano, il 7 giugno dell'anno 1981, terzo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1982

Venerati fratelli e carissimi figli e figlie della Chiesa!
All'avvicinarsi della prossima Giornata Missionaria Mondiale desidero, come ogni anno, rivolgere a voi tutti un mio personale messaggio, che giovi ad una comune riflessione sulla dimensione missionaria, che appartiene all'essenza stessa della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo e Popolo di Dio, ed altresì sul conseguente impegno, che tutti ci coinvolge, perché il Vangelo di Gesù sia predicato ed accolto in tutto il mondo.
Quest'anno il mio messaggio prende lo spunto da un evento particolarmente significativo: il 25· anniversario dell'Enciclica «Fidei Donum» del mio venerato predecessore Pio XII. Con essa aveva inizio, nel campo della pastorale missionaria, una importante svolta, che ha ricevuto, poi, dal Concilio Vaticano II quelle direttrici, lungo le quali la Chiesa, cosciente della propria intrinseca natura e missione e sempre rivolta a studiare i segni dei tempi, continua oggi il suo cammino nell'intento di servire l'uomo e di condurlo alla salvezza dischiudendogli «le imperscrutabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8).
Tale importante documento, pur concentrando la sua attenzione specifica sull'Africa, conteneva delle chiare direttive, valide per l'attività missionaria della Chiesa in tutti i continenti della terra, ed il suo originale contributo è confluito, come è noto, specialmente nel Decreto Conciliare «Ad Gentes» e, ancor più recentemente, nelle «Notae directivae» «Postquam Apostoli» della Sacra Congregazione per il Clero.
1. I vescovi, responsabili della evangelizzazione del mondo
L'enciclica «Fidei Donum» richiamava anzitutto solennemente il principio della corresponsabilità dei vescovi, in forza della loro appartenenza al Collegio Episcopale, nella evangelizzazione del mondo.
Ad essi, infatti, quali successori degli Apostoli, Cristo ha affidato ed affida, prima che a chiunque altro, il mandato comune di proclamare e propagare la Buona Novella fino ai confini della terra. Essi, quindi, pur essendo pastori di singole parti del gregge, sono e debbono sentirsi solidamente responsabili, in unione con il Vicario di Cristo, del cammino e del dovere missionario della Chiesa intera; saranno pertanto vivamente solleciti verso «quelle parti del mondo dove la parola di Dio non è stata ancora annunciata o dove, a motivo dello scarso numero di sacerdoti, i fedeli sono in pericolo di allontanarsi dalla pratica della vita cristiana, anzi, di perdere la stessa fede» (Christus Dominus, 6).
Questo principio basilare fortemente approfondito e sviluppato dal Concilio (cfr. Lumen Gentium, 23-24; Ad Gentes, 38), desidero oggi sottolineare ancora una volta, sia per porne in evidenza l'attualità, sia per esortare tutti i miei venerati fratelli nell'Episcopato a prendere sempre più coscienza di questa loro altissima responsabilità, ricordando che essi «sono stati consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo» (Ad Gentes, 38).
Tale principio risulterà ancor più chiaro tenendo presenti le mutue e strette relazioni fra le Chiese particolari e la Chiesa universale. Se, infatti, in ogni Chiesa particolare, che ha nel suo vescovo il cardine e il fondamento, «è presente ed agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica, apostolica» (Christus Dominus, 11), ne consegue che essa, nel suo ambiente concreto, deve promuovere tutta l'attività che è comune alla Chiesa universale.
Ogni diocesi è perciò chiamata a prendere sempre più coscienza di questa dimensione universale, cioè a scoprire o riscoprire la propria natura missionaria, allargando «gli spazi della carità fino ai confini della terra, dimostrando per quelli che sono lontani la stessa sollecitudine che ha per coloro che sono suoi membri (Ad Gentes, 37).
Pertanto ogni vescovo, a capo e guida della Chiesa locale, dovrà impegnare in questo senso le sue energie, dovrà cioè adoperarsi il più possibile per imprimere un vigoroso impulso missionario alla sua diocesi: a lui spetta innanzitutto creare nei fedeli una mentalità cattolica nel senso pieno della parola, aperta alle necessità della Chiesa universale, sensibilizzando il popolo di Dio al dovere imprescindibile della cooperazione nelle sue varie forme; promuovere le opportune iniziative di sostegno e di aiuto spirituale e materiale alle missioni, potenziando le strutture già esistenti o realizzandone di nuove; favorire in modo specialissimo le vocazioni sacerdotali e religiose, aiutando contemporaneamente i presbiteri ad acquistare consapevolezza della dimensione tipicamente apostolica del ministero sacerdotale (cfr. Ad Gentes, 38).
2. La carenza di apostoli urgenza primaria della missione
Forma concreta di cooperazione, cui i vescovi potranno ricorrere per realizzare questa loro corresponsabilità nell'opera di evangelizzazione, è l'invio di sacerdoti diocesani in missione, poiché una delle urgenze più vive di molte Chiese è oggi proprio la preoccupante carenza di apostoli e di servitori del Vangelo.
E' questa la grande novità, cui la «Fidei Donum» ha legato il suo nome. Una novità che ha fatto superare la dimensione territoriale del servizio presbiterale per destinarlo a tutta la Chiesa, come sottolinea il Concilio: «Il dono spirituale che i presbiteri hanno ricevuto nell'Ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì ad una vastissima e universale missione di salvezza "fino agli estremi confini della terra" (At 1,8), dato che qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli» (Presbyterorum Ordinis, 10).
Poiché uno degli ostacoli più gravi alla diffusione del messaggio di Cristo è proprio la carenza di «operai della vigna del Signore», vorrei cogliere questa occasione per esortare tutti i vescovi, nella loro opera di ausilio e promozione delle opere di evangelizzazione, ad inviare generosamente propri sacerdoti in quelle regioni che ne hanno urgente necessità, anche se la loro diocesi non sovrabbondi di clero. «Non si tratta - ricordava Pio XII citando San Paolo - di mettere voi in ristrettezza per sollevare gli altri, ma di dare uguaglianza (2Cor 8,13). Le diocesi che soffrono la scarsezza del clero non rifiutino di ascoltare le istanze supplichevoli provenienti dalle missioni che chiedono aiuto. L'obolo della vedova secondo la parola del Signore sia l'esempio da seguire: se una diocesi povera soccorre un'altra povera non potrà seguire un suo maggior impoverimento poiché non si può mai vincere il Signore in generosità».
Ma, oltre ai sacerdoti, la «Fidei Donum» chiamava in causa direttamente anche i laici, la cui prestazione a fianco dei sacerdoti e religiosi in missione si presenta oggi più che mai preziosa ed indispensabile (cfr. Ad Gentes, 41). Ciò ha creato i presupposti per l'esperienza di quel fenomeno tipico del nostro tempo, che vivamente desidero raccomandare, quale è il volontariato cristiano internazionale.
3. Sviluppo della coscienza missionaria delle Chiese locali
L'introduzione di queste forme di cooperazione, nonché il forte richiamo al principio della corresponsabilità del Collegio Episcopale nella evangelizzazione del mondo, hanno avuto il merito indiscutibile di dare l'avvio al rinnovamento missionario della Chiesa, i cui presupposti appaiono già nella lungimirante affermazione di Pio XII secondo la quale «la vita della Chiesa nel suo aspetto visibile», anziché dispiegare di preferenza la sua forza - come in passato - «nei paesi della vecchia Europa donde si spandeva... verso quel che si poteva chiamare la periferia del mondo», si configura oramai, al giorno d'oggi, come «scambio di vita e di energia fra tutti i membri del Corpo Mistico» (Pio XII, Fidei Donum: AAS 49 [1957] 235).
Si è acquisita, anzitutto, sempre più profondamente l'idea base, poi ampiamente sviluppata ed affermata dal Concilio, del dovere imprescindibile per ogni Chiesa locale, di impegnarsi direttamente, secondo le proprie possibilità, nell'opera di evangelizzazione; e si è determinato, quindi, un innegabile approfondimento della coscienza missionaria delle Chiese particolari, essendo state queste sollecitate a superare la mentalità e là prassi di «delega», che aveva in gran parte caratterizzato il loro atteggiamento verso il dovere missionario.
Si è così verificata per codeste Chiese una decisa spinta a divenire sempre più soggetti primari di missionarietà (cfr. Ad Gentes, 20), responsabili in prima persona della missione (cfr. Ad Gentes, 36-37), come ho potuto constatare personalmente nei miei viaggi in Africa, America Latina, Asia.
L'aver accentuato, inoltre, questo ruolo di «soggetto di missionarietà», ha spinto le Chiese particolari a porsi in rapporto alle Chiese sorelle sparse nel mondo in quella «comunione»-«cooperazione» che è «tanto necessaria per svolgere l'opera di evangelizzazione» (cfr. Ad Gentes, 38), e che è una delle realtà più attuali della missione, in un interscambio di valori e di esperienze, che permette alle singole Chiese di beneficiare dei doni, che lo Spirito del Signore va disseminando dappertutto (cfr. Ad Gentes, 20).
Nessuna chiusura, quindi, da parte delle Chiese particolari, nessun isolazionismo o ripiegamento egoistico nell'ambito esclusivo e limitato dei propri problemi; ché, altrimenti, lo slancio vitale perderebbe il suo vigore portando inevitabilmente ad un pernicioso impoverimento di tutta la vita spirituale.
4. La cooperazione missionaria reciproco scambio di energie ed esperienze
Ecco allora delinearsi il concetto nuovo di cooperazione, non più intesa «a senso unico», quale aiuto fornito alle Chiese più giovani dalle Chiese di antica fondazione, bensì quale scambio reciproco e fecondo di energie e di beni, nell'ambito di una comunione fraterna di Chiese sorelle, in un superamento del dualismo «Chiese ricche»-«Chiese povere», come se esistessero due categorie distinte: Chiese che «danno» e Chiese che «ricevono» solamente. In realtà esiste una vera reciprocità in quanto la povertà di una Chiesa, che riceve aiuto, rende più ricca la Chiesa, che si priva nel donare.
La missione diventa così non solo generoso aiuto di Chiese «ricche» a Chiese «povere», ma grazia per ogni Chiesa, condizione di rinnovamento, legge fondamentale di vita (cfr. Ad Gentes, 37).
Bisogna comunque sottolineare che l'appello rivolto alle Chiese particolari per l'invio di sacerdoti e di laici, non ha voluto significare un superamento delle forme e forze tradizionali di cooperazione missionaria, che continuano a portare il peso maggiore della evangelizzazione. E' stata una novità, che non si è posta in sostituzione o in alternativa, ma in complementarietà, come ricchezza nuova, suscitata dallo Spirito, affiancatasi alle forze tradizionali.
Dopo venticinque anni di queste esperienze, che hanno raggiunto una notevole consistenza e solidità, si incominciano tuttavia ad avvertire alcuni segni di stanchezza, dovuti da una parte al calo delle vocazioni e dall'altra all'urgenza di far fronte alla crisi nella quale si dibattono molte comunità cristiane di antica tradizione. Di fronte al fenomeno della scristianizzazione, può nascere la tentazione di ripiegarsi su se stessi, di chiudersi nei propri problemi, di esaurire la spinta missionaria al proprio interno.
Occorre pertanto un vigoroso rilancio missionario, radicato nella ispirazione più profonda, che proviene alla Chiesa direttamente dal divino Maestro (cfr. Evangelii Nuntiandi, 50), dettato da una fiduciosa speranza e sostenuto dal comune impegno delle Chiese particolari e di tutti i cristiani.
5. Ruolo prioritario delle Pontificie Opere Missionarie
Nella programmazione di questo vigoroso rilancio missionario, fattore indispensabile per la vita stessa e la crescita delle Chiese locali e di tutta la Chiesa, desidero infine raccomandare il ricorso a quello strumento insostituibile della cooperazione missionaria tanto vivamente raccomandato dai miei predecessori, costituito dalle Pontificie Opere Missionarie, cui sempre e dappertutto, come dichiara l'«Ad Gentes» (n. 38), «deve essere riservato il primo posto» e che è quanto mai opportuno potenziare e sviluppare in tutte le diocesi.
La Giornata Missionaria Mondiale ci fa ricordare, in particolare, la Pontificia Opera della Propagazione della Fede, alla quale spetta il merito di aver proposto a Sua Santità il Papa Pio XI, nel 1926, la felice iniziativa di indire l'annuale Giornata in favore dell'attività missionaria della Chiesa, ed ha l'incarico di promuovere e di organizzare, col concorso delle altre Opere Pontificie e sotto la direzione dei rispettivi vescovi, questa stessa Giornata.
Sia anche dato il debito impulso alla Unione Missionaria del Clero, cui spetta il compito precipuo di animare e sensibilizzare alle urgenze del problema missionario - attraverso la rete capillare dei sacerdoti, religiosi e religiose - tutte le fasce del popolo di Dio.
Da un giusto sviluppo di tale associazione dipenderà in buona parte il grado di «missionarietà» della intera Chiesa locale e, in modo speciale, la sensibilità missionaria dei sacerdoti, cui l'Unione primariamente si dirige, sicché questi saranno naturalmente sospinti - in una presa di coscienza sempre più viva e profonda della apostolicità intrinseca al loro sacerdozio - a valicare non solo spiritualmente, ma anche materialmente, i confini della propria diocesi, per prestare il loro servizio anche nelle Chiese più lontane della terra, laddove più forti si levano invocazioni di aiuto.
A conclusione di questo messaggio, desidero esprimere tutta la mia riconoscenza a quanti - vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici - sovente a prezzo di inimmaginabili fatiche e sacrifici, spendono le loro migliori energie, la loro vita, «in prima linea», ma anche «nelle retrovie», per propagare l'annuncio di salvezza fino ai confini del mondo, sicché il nome di Cristo Redentore sia da tutti conosciuto e glorificato.
A voi tutti, venerati fratelli e carissimi figli e figlie della Chiesa, imparto di cuore la mia paterna apostolica Benedizione, pegno di copiosi favori celesti e segno della mia costante benevolenza.
Dal Vaticano, il 30 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1982, quarto di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1983

Venerati fratelli e carissimi figli e figlie della Chiesa!
1. Quest'anno, la Giornata missionaria mondiale acquista uno specialissimo rilievo dalla celebrazione del Giubileo straordinario della Redenzione. Nell'indirlo, ho ricordato l'esortazione che ho rivolto al mondo fin dall'inizio del mio pontificato: «Aprite le porte a Cristo!»; e, infatti, il Giubileo è un forte invito alla conversione e alla riconciliazione, un appello a prendere sempre maggiore coscienza della grazia del Battesimo, e ad aderire generosamente al Vangelo, che è annuncio di Redenzione e di salvezza per tutti gli uomini.
Richiamando pertanto a ogni cristiano le ricchezze recate al mondo dalla Redenzione, il Giubileo acquista per ciò stesso un rilevante significato missionario. Diventa un rinnovato appello alla evangelizzazione di quei milioni di persone, che dopo ben 1950 anni dal Sacrificio redentivo del Calvario, non sono ancora cristiane e non possono, nella sofferenza o nella gioia, invocare il nome del Salvatore, perché ancora non lo conoscono.
Se si vuole, dunque, essere cristiani autentici, non si può non desiderare una piena compartecipazione del dono meraviglioso della Redenzione anche con questi fratelli. In altre parole, il rapporto con Dio Padre e con Cristo Gesù, lungi dall'essere soltanto un rapporto individuale, è un rapporto che coinvolge l'umanità intera, e si presenta perciò inserito in una dimensione inequivocabilmente missionaria.
Cristo è Redentore di tutti gli uomini, per tutti è morto, per tutti ha dato se stesso in riscatto (cfr. 2Cor 5,15; 1Tm 2,6; 1Gv 2,2) e chiama ognuno di noi, non solo alla riconciliazione personale, ma anche ad essere strumento di redenzione per coloro che ancora non sono redenti: «Andate... e ammaestrate tutte le Nazioni» (Mt 28,19-20).
Sublime onore ma anche solenne imperativo che interpella la nostra coscienza sul comandamento massimo del messaggio di Cristo: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati» (cfr. Gv 15,12.17).
Non è forse la Redenzione l'attuazione pratica di quel disegno d'amore, del quale Cristo ha voluto fossimo i continuatori? Tanto più, perciò, potremo dire di amare i fratelli, quanto più avremo lavorato e operato per comunicare ad essi la Parola salvatrice di Cristo stesso e i frutti della Redenzione. Che ognuno faccia proprie le parole dell'apostolo: «L'amore del Cristo ci spinge!» (2Cor 5,14).
Come ho scritto nella Bolla di indizione dell'Anno Giubilare, «nella riscoperta e nella pratica vissuta della economia sacramentale della Chiesa, attraverso cui giunge ai singoli e alla comunità la grazia di Dio in Cristo, è da vedere il profondo significato e la bellezza arcana di quest'Anno che il Signore ci concede di celebrare. D'altra parte deve essere chiaro che questo tempo forte, durante il quale ogni cristiano è chiamato a realizzare più profondamente la sua vocazione alla riconciliazione col Padre nel Figlio, raggiungerà pienamente il suo scopo soltanto se esso sfocerà in un nuovo impegno di ciascuno e di tutti al servizio della pace tra tutti i popoli» («Aperite portas Redemptori», 3).
Entrare, dunque, nello spirito dell'Anno Giubilare, equivale ad immergersi nello spirito missionario, a rivolgere il cuore non solo alla profondità della propria coscienza, ma anche a tutti coloro che sono nostri fratelli e hanno il diritto di conoscere Cristo e di godere delle ricchezze del suo Cuore «dives in misericordia».
2. Non esiste servizio all'uomo più grande di quello missionario.
La Giornata missionaria mondiale di quest'anno è pertanto in piena sintonia con il contenuto teologico e pastorale del Giubileo straordinario. Ripeto, quindi, con il cuore colmo di sollecitudine: «Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!». Andiamo al Salvatore, portiamolo a tutti gli uomini! Portiamolo con la forza trascinante e suadente dello Spirito Santo, invocato e ottenuto con la preghiera missionaria!
Portiamolo, unendo le nostre sofferenze quotidiane, anche le più umili e nascoste, al grande sacrificio della Croce, per impreziosirle e dare loro un valore redentivo per i nostri fratelli.
Portiamolo, sostenendo con la nostra solidarietà, con il nostro apprezzamento, con il nostro molteplice aiuto quei generosi che nel distacco più completo lavorano sulle frontiere avanzate del Regno di Dio per l'annuncio del Vangelo.
Mi rivolgo in modo speciale ai giovani, che sono la speranza della Chiesa, la mia speranza. Orientino essi il loro entusiasmo, la loro esuberanza di energie e di sentimenti, il loro ardore e la loro audacia alla santa causa delle missioni. San Francesco Saverio, dalle lontane Indie dove annunciava il messaggio di salvezza, non pensava forse ai suoi numerosi coetanei universitari di Parigi affermando che, se avessero conosciuto gli immensi bisogni del mondo missionario, non avrebbero esitato ad unirsi a lui nella conquista spirituale del mondo a Cristo?
Ai giovani pertanto dico: Non abbiate paura! Non temete di abbandonarvi a Cristo, di dedicare a lui la vostra vita, nel servizio generoso al più alto degli ideali, quello missionario. Un impegno entusiasmante, denso di attività vi attende.
3. La cooperazione, dovere di tutti i cristiani.
Allo stesso modo mi auguro che tutti i fedeli si lascino coinvolgere e portino il loro personale contributo al grande movimento della «cooperazione missionaria» che nelle Pontificie opere missionarie trova gli strumenti qualificati, più adatti e più efficienti, per promuovere spiritualmente e materialmente l'azione dei pionieri del Vangelo (cfr. «Ad gentes», 38).
Ma perché i credenti possano rendersi conto pienamente della imprescindibile necessità della loro collaborazione è indispensabile che siano sensibilizzati al problema da coloro cui spetta il compito importantissimo dell'animazione missionaria; cioè dai sacerdoti e dai religiosi.
L'animazione da parte delle guide del Popolo di Dio è indispensabile perché da esse dipende una concreta presa di coscienza dei fedeli al problema della evangelizzazione e quindi il loro impegno nel settore della cooperazione. Impegno tanto più necessario e urgente se si considera che l'attività missionaria, la quale comprende anche la costruzione indispensabile di chiese, scuole, seminari, università, centri assistenziali, ecc. per la promozione religiosa ed umana di tanti fratelli, è assai condizionata da molte difficoltà di carattere economico.
E a quali strutture migliori delle Pontificie opere missionarie, a cui sopra ho accennato, si potrà ricorrere per attuare questo programma di sensibilizzazione capillare e per organizzare la rete della carità universale?
Sono informato che in questi ultimi tempi stanno sorgendo in molte Nazioni «centri di animazione missionaria». Raccomando vivamente queste iniziative così utili per un approfondimento teologico, pastorale, spirituale della dottrina missionaria. Io stesso avrò la gioia di inaugurare la nuova sede di uno di questi centri, il Centro internazionale di animazione missionaria (Ciam), situato presso la Pontificia Università Urbaniana, a me tanto cara.
In questa Giornata missionaria mondiale, dunque, la Chiesa, madre e maestra, sollecita del bene di tutti, proprio attraverso le menzionate Pontificie opere, stende la mano a raccogliere il soccorso degli uomini di buona volontà.
Offrire questo soccorso generoso è un dovere, è un onore, e una goia, perché significa contribuire a portare i benefici inestimabili della Redenzione a quanti ancora non conoscono le «imperscrutabili ricchezze di Cristo» (cfr. Ef 3,8).
Anche il nuovo Codice di diritto canonico, che dedica all'attività missionaria un'intera parte del Libro II (canoni 781-792), sancisce esplicitamente l'obbligo per tutti i fedeli di collaborare - ciascuno secondo le sue possibilità - all'opera evangelizzatrice, nella consapevolezza della propria responsabilità, derivante dalla natura intrinsecamente missionaria della Chiesa (cfr. canone 781). Così pure acquista un riconoscimento giuridico tutta la cooperazione missionaria che, come si dichiara nel canone 791, dovrà essere suscitata in tutte le diocesi, secondo quattro direttive di fondo che sono: la promozione delle vocazioni missionarie; la debita assistenza sacerdotale per le iniziative missionarie, soprattutto per lo sviluppo delle Pontificie opere missionarie; la celebrazione della Giornata missionaria; la raccolta annuale di aiuti economici per le missioni, da inviarsi alla Santa Sede.
4. Dall'Anno Santo un invito alla speranza.
Auspico sinceramente che tutte le forze della Chiesa, del Popolo di Dio, in quest'ora difficile che l'umanità sta vivendo, densa, sì, di minacce, ma anche foriera di speranze, si mobilitino - attingendo una rinnovata carica spirituale da questo Anno Santo della Redenzione - affinché l'annuncio del Vangelo raggiunga in modo sempre più ampio e profondo le genti e i popoli della terra.
Esprimo infine tutta la mia gratitudine a coloro che - sacerdoti, religiosi, religiose, laici - sia in prima linea, sia nei vari campi della Chiesa e con le più diverse attività, contribuiscono efficacemente all'espansione del Regno di Dio, mentre ad essi e ai loro cari di gran cuore imparto la benedizione apostolica, propiziatrice di celesti favori.
Dal Vaticano, il 10 giugno, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, dell'anno 1983

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1984

Fratelli e sorelle carissimi!
«Il sangue dei martiri è seme di cristiani» (Tertulliano, «Apologeticus», 50: PL 1, 534).
Durante il mio recente viaggio apostolico in Estremo Oriente ho avuto la gioia di canonizzare centotré confessori della fede cattolica che, evangelizzando la Corea con l'annuncio del messaggio di Cristo, hanno avuto il privilegio di attestare col supremo olocausto della loro vita terrena la certezza della vita eterna nel Signore risorto.
Tale circostanza mi ha suggerito alcune riflessioni che desidero sottoporre all'attenzione di tutti i fedeli per la prossima Giornata missionaria mondiale.
1. Valore redentivo della croce. - In realtà, le Lettere e gli Atti degli apostoli confermano che è una grazia speciale quella di poter soffrire «pro nomine Iesu». Leggiamo ad esempio come gli apostoli «se ne andarono... lieti di essere oltraggiati per l'amore del nome di Gesù» (At 5,41), in perfetta aderenza a quanto il Redentore aveva proclamato nel discorso della montagna: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate...» (Mt 5,11).
Cristo stesso ha attuato la sua opera redentrice dell'umanità soprattutto attraverso la passione dolorosa e il martirio più atroce, additando altresì la via ai suoi seguaci: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 10,24). L'amore passa quindi, inevitabilmente, attraverso la croce e in questa esso diviene creativo e sorgente inesauribile di forza redentiva. «Voi sapete» scrive san Pietro «che non a prezzo di cose corruttibili come l'argento e l'oro foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma col sangue prezioso di Cristo come di agnello senza difetto e senza macchia» (1Pt 1,18-19; cfr. 2Cor 6,20).
Lo abbiamo meditato profondamente, questo mistero straordinario dell'amore divino, nell'Anno Santo della Redenzione da poco concluso. Lo hanno meditato e vissuto nell'intimo del loro cuore milioni di fedeli, molti dei quali accorsi a Roma a rinnovare la loro professione di fede sulle tombe degli apostoli, che per primi hanno condiviso il martirio del Maestro. Fede che già trova una sua prima attestazione ai piedi della croce nelle parole del centurione e di coloro che facevano la guardia a Gesù: «Davvero costui era Figlio di Dio» (Mt 27,54).
Da quell'evento cruciale per la storia umana gli apostoli e i loro successori hanno continuato, nel corso dei secoli, ad annunziare la morte e la risurrezione di Cristo, unico nostro Salvatore: «In nessun altro c'è salvezza; non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Ma è stata in modo particolare la testimonianza della sofferenza fino all'estremo limite, offerta sia da Cristo come dai suoi seguaci, che ha aperto la mente e il cuore degli uomini alla conversione al Vangelo: testimonianza di amore supremo; difatti «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).
Ed è questa la testimonianza che schiere di martiri e di confessori hanno sofferto nel tempo, rendendo possibile con il loro sacrificio e la loro immolazione il sorgere e il fiorire delle varie Chiese - come quella coreana cui accennavo all'inizio - e fecondando col loro sangue nuove terre per trasformarle in campi ubertosi del Vangelo; infatti «se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo; se invece muore produce molto frutto» (Gv 12,24).
Questi eroi della fede hanno ben compreso e attuato il concetto fondamentale - da me espresso nella lettera sul senso cristiano della sofferenza umana - secondo il quale se Cristo ha operato la redenzione dell'umanità con la croce e ha sofferto al posto dell'uomo e per l'uomo, ogni uomo «è chiamato a partecipare a quella sofferenza per mezzo della quale ogni umana sofferenza è stata anche redenta. Operando la redenzione mediante la sofferenza Cristo ha elevato insieme la sofferenza umana a livello di redenzione. Quindi anche ogni uomo, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di Cristo» («Salvifici Doloris», 19).
2. La sofferenza, prezioso strumento di evangelizzazione. - Mi sembra risultino evidenti le implicazioni missionarie di quanto ho esposto. Vorrei pertanto, in questo Messaggio per la Giornata missionaria 1984, esortare vivamente tutti i fedeli a valorizzare il dolore nelle sue molteplici forme, unendolo al sacrificio della croce per l'evangelizzazione, cioè per la redenzione di quanti ancora non conoscono il Cristo.
Sono ancora milioni i fratelli che non conoscono il Vangelo e non godono degli immensi tesori del cuore del Redentore. Per loro il dolore non ha spiegazione sufficiente; è l'assurdo più opprimente e inesplicabile che contrasta tragicamente con l'aspirazione dell'uomo alla felicità totale.
Soltanto la croce di Cristo proietta un raggio di luce su questo mistero; soltanto nella croce l'uomo può trovare una valida risposta all'angoscioso interrogativo che scaturisce dall'esperienza del dolore. I santi lo hanno compreso profondamente e hanno accettato, e talvolta anche desiderato ardentemente, di essere associati alla passione del Signore, facendo proprie le parole dell'apostolo: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo in favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
Invito pertanto tutti i fedeli che soffrono - e nessuno rimane esente dal dolore - a dare questo significato apostolico e missionario alle loro sofferenze.
San Francesco Saverio, patrono delle missioni, nel suo zelo di evangelizzatore, diretto a portare il nome di Gesù fino ai confini della terra, non ha esitato ad affrontare ogni sorta di fatiche: fame, freddo, naufragi, persecuzioni, malattie; solo la morte ha interrotto la sua corsa.
Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, prigioniera di amore nel Carmelo di Lisieux, avrebbe voluto percorrere il mondo intero per piantare la croce di Cristo in ogni luogo. «Vorrei - ella scrive - essere missionaria non soltanto per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli» («Storia di un'anima», Manoscritto B, f. 3r). E ha concretizzato l'universalità e l'apostolicità dei suoi desideri nella sofferenza chiesta a Dio e nell'offerta preziosa di se stessa quale vittima volontaria all'amore misericordioso. Sofferenza che raggiunse il culmine e insieme il più alto grado di fecondità apostolica nel martirio dello spirito, nel travaglio dell'oscurità della fede, offerto eroicamente per ottenere la luce della fede a tanti fratelli ancora immersi nelle tenebre.
La Chiesa, additandoci questi due fulgidi modelli, ci invita non solo alla riflessione ma anche all'imitazione.
Possiamo pertanto collaborare attivamente alla dilatazione del regno di Cristo e allo sviluppo del suo corpo mistico in una triplice direzione: 1) imparando a dare alla nostra propria sofferenza il suo scopo più autentico, che si radica nel dinamismo della partecipazione della Chiesa all'opera redentrice di Cristo; 2) invitando i nostri fratelli sofferenti nello spirito e nel corpo a comprendere questa dimensione apostolica del dolore e a valorizzare conseguentemente le loro prove, le loro pene, in senso missionario; 3) facendo nostro, con carità inesauribile, il dolore che quotidianamente colpisce tanta parte dell'umanità, travagliata dalle malattie, dalla fame, dalle persecuzioni, privata dei fondamentali e inalienabili diritti, quali la libertà; umanità dolente, nella quale si deve discernere il volto di Cristo, «uomo dei dolori», e che noi dobbiamo cercare di alleviare come meglio ci è possibile.
3. La valorizzazione della sofferenza: un programma per le Pontificie opere missionarie. - Questo programma, ampio e completo, richiede in tutti i fedeli una generosa disponibilità. Desidero proporlo a tutti i cristiani, ricordando nuovamente come ogni battezzato è e deve essere, sia pure in diversa misura e maniera, missionario (cfr. «Ad Gentes», 36; Codice di diritto canonico, can. 781). Lo affido in modo speciale alle Pontificie opere missionarie, che sono lo strumento privilegiato del dinamismo missionario della Chiesa e che non solo nella specifica Giornata mondiale, ma nel corso di tutto l'anno devono promuovere lo spirito missionario, elemento non già marginale ma essenziale della natura del corpo mistico.
L'opera della Propagazione della fede, l'Opera di san Pietro apostolo per i seminari e le vocazioni sacerdotali e religiose nelle terre di missione, l'Opera della santa infanzia, l'Unione missionaria dei sacerdoti, religiosi, religiose e istituti secolari, costituiscono altrettanti strumenti, collaudati da decenni di esperienze, per la promozione missionaria nei diversi settori.
So bene come queste benemerite opere, oltre a raccogliere i mezzi economici offerti dalla generosità dei fedeli - mezzi indispensabili per la realizzazione di chiese, seminari, scuole, asili, ospedali - attuino un'intensa opera di animazione missionaria. Anche la valorizzazione della sofferenza a scopo missionario, che ho voluto proporre alla speciale considerazione di tutto il popolo di Dio per la Giornata missionaria 1984, costituisce una delle più nobili espressioni del loro apostolato che ha suscitato pronta adesione tra gli ammalati, gli anziani, gli abbandonati, gli emarginati, come anche tra i carcerati.
Ma bisogna fare di più. Sono tante, infatti, le - sofferenze umane che non hanno ancora trovato la loro sublime finalità e il loro sbocco apostolico, dal quale può derivare un bene immenso per il progresso dell'evangelizzazione, per la dilatazione del corpo mistico di Cristo.
E' questa la forma forse più alta di cooperazione missionaria, poiché essa raggiunge la sua massima efficacia proprio nell'unione delle sofferenze degli uomini con il sacrificio di Cristo sul Calvario, rinnovato incessantemente sugli altari.
Carissimi fratelli e sorelle, che soffrite nell'anima e nel corpo, sappiate che la Chiesa fa affidamento su di voi, il Papa conta su di voi perché il nome di Gesù sia proclamato fino ai confini della terra. Vorrei ancora ricordare quanto ho scritto nella lettera sul senso cristiano della sofferenza umana: «Il Vangelo della sofferenza viene scritto incessantemente, e incessantemente parla con le parole di questo strano paradosso: le sorgenti della forza divina sgorgano proprio in mezzo all'umana debolezza. Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie sofferenze una specialissima particella dell'infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono condividere questo tesoro con gli altri. Quanto più l'uomo è minacciato dal peccato, quanto più pesanti sono le strutture del peccato che porta in sé il mondo d'oggi, tanto più grande è l'eloquenza che la sofferenza umana in sé possiede. E tanto più la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo» («Salvifici Doloris», 27).
Maria, «Regina martyrum» e «Regina apostolorum», risvegli in tutti il desiderio di essere associati alla passione di Cristo redentore universale.
In questa domenica di Pentecoste, che deve essere vissuta in spirito missionario da tutta la Chiesa, sono lieto di impartire la mia speciale benedizione apostolica a quanti, direttamente o indirettamente, spendono le loro energie e i loro dolori per comunicare all'umanità la luce del Vangelo.
Dal Vaticano, 10 giugno 1984.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1985

Carissimi fratelli e sorelle!
Ogni anno la Chiesa, nella solennità di Pentecoste, rivive con gioia ineffabile gli inizi della propria esistenza e dell'opera evangelizzatrice destinata a tutti i popoli della terra. Pertanto, in questa data tanto significativa mi è gradito rivolgere, come di consueto, il mio messaggio per la Giornata missionaria mondiale, che sarà celebrata nel prossimo mese di ottobre.
1. La Chiesa nasce sotto il soffio dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste.
Gli apostoli, fedeli al comando di Cristo, sono riuniti nel Cenacolo per pregare e riflettere, insieme con Maria. In quegli uomini privilegiati aleggia un sentimento di trepidazione di fronte al mandato che il Maestro ha loro affidato: «Andate... e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...» (Mt 28,19). Trepidazione per le recenti minacce dei giudei, per l'incomprensione di molte affermazioni del Signore, e soprattutto per l'esperienza della propria insufficienza e dei propri limiti nel corrispondere al mandato divino. Quei primi apostoli, non colti e non audaci, sono stretti intorno a colei che sentono come propria Madre e fonte di speranza e di fiducia.
Ed ecco, improvvisa, avviene la «trasformazione», al soffio possente dello Spirito Santo. Una trasformazione radicale della mente e del cuore: gli apostoli sentono ora come aprirsi la loro intelligenza, sono invasi da un incontenibile fervore dinamico; sono dominati da un unico impulso: annunziare, comunicare agli altri quanto contemplano in una luce nuova, solare. Lo Spirito ricompone in loro, come in un meraviglioso mosaico, ogni parola pronunciata dal Cristo.
Nasce così la Chiesa. Nasce nel giorno di Pentecoste. «Nasce - come ho ricordato nella mia omelia a conclusione del XX Congresso eucaristico nazionale di Milano, il 22 maggio 1983 - sotto il potente soffio dello Spirito Santo, il quale ordina agli apostoli di uscire dal Cenacolo e di intraprendere la loro missione. Essi vanno in mezzo agli uomini e si mettono in cammino per il mondo per ammaestrare tutte le nazioni».
2. La Chiesa, comunità in perenne stato di missione.
La Chiesa appare quindi, fin dal suo primo costituirsi, come la comunità dei discepoli, la cui ragion d'essere è l'attuazione nel tempo della missione di Cristo stesso, l'evangelizzazione del mondo. Essa è dunque comunità in perenne stato di missione, è comunità missionaria, i cui membri sono uniti in un solo corpo per essere inviati alle genti; se all'interno di questa comunità diversi sono i ruoli, le funzioni e i «carismi» (cfr. 1Cor 12,4-5), comune a tutti è però la vocazione missionaria (cfr. «Lumen Gentium», 17; «Ad Gentes», 35-36): ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai laici.
Tutti, indistintamente, sono chiamati a realizzare, pur nella propria vocazione specifica e nelle proprie condizioni e possibilità, la missione del Redentore. Tutti debbono sentirsi impegnati nell'unico mandato missionario: dare spazio nel mondo alla buona novella portataci da Cristo, affinché si adempia la profezia del salmista: «Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola» (Sal 19,5).
Non solo, dunque, debbono sentirsi impegnati coloro che specificamente lavorano sugli avamposti dell'evangelizzazione, i «missionari» propriamente detti; ma anche ogni sacerdote o persona consacrata che, nell'ambito della propria attività, deve inculcare nei fedeli il senso del dovere missionario.
Anche ai laici spetta l'arduo compito di evangelizzare in profondità il tessuto sociale e culturale in cui vivono, sia nei Paesi dove non è arrivato ancora l'annuncio della fede, sia anche nei Paesi dove il cristianesimo ha urgente bisogno di essere rivitalizzato, per riacquistare una nuova e più incisiva forza di penetrazione.
3. I giovani, speranza dell'evangelizzazione.
Se questo impegno è, come ho detto, comune a tutte le componenti della Chiesa, esso riguarda in modo particolare i giovani e le giovani. Pertanto, in questo Anno internazionale della gioventù rivolgo il mio appello alle loro energie, alla loro generosità, alla loro intelligente dedizione, che mai viene meno quando si tratta di sostenere una giusta causa.
Nella prospettiva del terzo millennio, che si avvicina, e in questo momento cruciale della storia umana, in cui un'oscura minaccia di distruzione e di annientamento sembra pesare sul nostro mondo, vi chiamo, vi esorto, in nome di Cristo Signore a farvi annunciatori del Vangelo, a diffondere con tutte le vostre forze la parola salvatrice, la verità di Dio; e ciò, sia offrendo con la vostra vita una testimonianza del regno escatologico di verità e di amore, e sia adoperandovi concretamente per la trasformazione, secondo lo spirito evangelico, di tutta la realtà temporale (cfr. Lettera ai giovani, 31 marzo 1985, n. 9), vincendo la tentazione dello scoraggiamento che porta al ripiegamento e al disimpegno.
Non è tempo di avere paura, di delegare ad altri questo compito, difficile sì, ma sublime. Ognuno, come membro della Chiesa, deve assumersi la sua parte di responsabilità. Ognuno di voi deve far comprendere a chi gli sta vicino, nella famiglia, nella scuola, nel mondo della cultura, del lavoro, che Cristo è la via, la verità, la vita; che lui soltanto può debellare la disperazione e l'alienazione dell'individuo, dando una spiegazione dell'esistenza dell'uomo, creatura dotta di un'altissima dignità perché fatta a immagine e somiglianza di Dio. Occorre proclamare e far conoscere la verità salvifica ad ogni uomo, perché non è possibile che si resti indifferenti di fronte ai milioni e milioni di persone che ancora non conoscono o conoscono male i tesori inestimabili della redenzione.
Sono trascorsi duemila anni dall'«euntes, docete» di Cristo: ebbene, quell'imperativo sembra aver subìto in alcuni luoghi una battuta d'arresto, mentre in altri sembra procedere con molta lentezza. Vi chiamo, pertanto, giovani di tutto il mondo, e vi invio come Cristo inviò gli apostoli, con la forza che viene dalla parola di Cristo stesso: il futuro della Chiesa dipende da voi, l'evangelizzazione della terra nei prossimi decenni dipende da voi! Siate Chiesa! Rendete giovane, mantenete giovane la Chiesa, con la vostra entusiastica presenza, imprimendole dappertutto vitalità e vigore profetico.
Cristo ha bisogno di voi per proclamare la verità, per portare l'annuncio di salvezza sulle strade del mondo, ha bisogno del vostro cuore generoso e disponibile per manifestare a tutti gli uomini il suo amore infinito e misericordioso.
Animate, sensibilizzate i vostri coetanei, le vostre comunità, accendete ovunque la fiamma della fede: solo così potrà essere vinto il dèmone della droga, solo così potranno essere sconfitti definitivamente i flagelli della violenza, del secolarismo, dell'edonismo che intorbidano e deviano tante preziose energie giovanili! Solo così potrà aprirsi ad un fecondo e costruttivo dialogo l'animo di tanti fratelli appartenenti a religioni diverse. E in questa impresa esaltante, come gli apostoli dal giorno di Pentecoste, lasciatevi sempre guidare docilmente dallo Spirito, «agente principale dell'evangelizzazione» («Evangelii Nuntiandi», 75), che tutto sostiene, illumina, conforta, perfeziona.
4. La cooperazione missionaria: impegno grave e urgente di tutto il popolo di Dio.
Tutti i fedeli sono però vivamente esortati a riflettere con molta attenzione sulle considerazioni sopra esposte. Difatti, tutti i fedeli, tutti i membri della Chiesa, «per sua natura missionaria» («Ad Gentes», 2), sono degli «inviati», sono corresponsabili della dilatazione del regno di Dio. Del resto, se si passano rapidamente in rassegna le necessità dell'attività missionaria e la situazione allarmante di una così gran parte dell'umanità non ancora raggiunta dall'annuncio evangelico, non si può non provare, nell'intimo della propria coscienza, la perentorietà del comando di Cristo, non si può non avvertire la gravità del dovere che incombe, ad ogni cristiano, di favorire il progresso dell'evangelizzazione. Infatti - dice san Paolo - «come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno senza essere prima inviati?» (Rm 10,14-15).
Come comunità, come corpo mistico di Cristo, la Chiesa accompagna e sostiene l'impegno missionario dei suoi membri indicando le modalità più opportune della cooperazione secondo cui il singolo possa prestare il suo contributo.
Molteplici sono queste modalità, innumerevoli i mezzi, tuttavia, nell'attuale ricorrenza della Giornata missionaria mondiale, desidero richiamare l'importanza specifica di alcuni di questi mezzi, ben collaudati dall'esperienza, non esclusivi, ma privilegiati, in quanto strettamente collegati alla Sede di Pietro: le Pontificie opere missionarie.
5. Le Pontificie opere missionarie, strumento privilegiato della cooperazione.
Le Pontificie opere missionarie sono, come si legge negli Statuti relativi, «lo strumento ufficiale e principale di tutte le Chiese per la cooperazione missionaria». Ad esse - ribadisce il Concilio - «deve essere riservato il primo posto, perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici sin dalla più tenera età uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un'adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuno» («Ad Gentes», 38). In effetti esse sono gli strumenti attivi, moderni, dinamici per sostenere, sotto tutti gli aspetti, l'azione diretta dei missionari che si trovano in prima linea ed assicurare il sostegno indispensabile alle popolazioni affidate alle loro cure pastorali.
Le Pontificie opere missionarie sono lo strumento della carità del popolo di Dio, del miracolo di amore fraterno che ogni anno si rinnova a beneficio di tanti, anche se purtroppo esse non possono arrivare a tutti. Fra esse, l'Unione missionaria dei sacerdoti, religiosi, religiose, è proprio quella delle quattro opere che mantiene viva nei fedeli la coscienza del dovere della cooperazione missionaria, attraverso le guide del popolo di Dio, opportunamente formate ed «educate» alla missionarietà, intrinseca alla loro vocazione, per mezzo del costante lavoro di animazione portato avanti da questa benemerita opera.
Ecco perché desidero ripetere ancora una volta a tutti i sacerdoti, religiosi, religiose, membri di istituti secolari, a coloro che hanno la gioia di vivere una vita consacrata, di lavorare non già isolatamente, ma in stretta unione, sotto il segno del medesimo ideale e del medesimo comune impegno. La Pontificia unione missionaria vi offre questa opportunità, formandovi allo spirito missionario, sorreggendovi, aiutandovi nel vostro cammino.
Ho fiducia che questo Messaggio, portato a tutti i fedeli nelle singole Chiese locali, risveglierà in ciascuno il dovere di sostenere le Pontificie opere missionarie che purtroppo non sono ancora conosciute e impiantate dappertutto. Sostenendo le Pontificie opere missionarie, ogni cristiano potrà sentirsi parte viva e vitale della Chiesa universale e penetrare il senso più autentico della sua cattolicità: in effetti, le Pontificie opere missionarie sono il mezzo più efficace perché i cristiani tutti, cooperando allo sforzo missionario della Chiesa stessa, si sentano e siano a tutti gli effetti le «pietre vive» (cfr. 1Pt 2,5) che edificano il corpo mistico.
Facciamo sì che coloro i quali in tante parti del mondo ora protendono le mani verso di noi implorando soccorso, possano dire un giorno, con l'apostolo: «Adesso ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri doni... che sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio» (Fil 4,18).
Che Maria santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, vi assista in questo generoso impegno missionario!
A tutti imparto la mia benedizione apostolica, propiziatrice di abbondanti favori celesti.
9 giugno 1985


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1986

Venerati fratelli e figli carissimi.
1. La solennità di Pentecoste, la quale, nel quadro delle celebrazioni liturgiche, ha il compito di ravvivare in tutti i fedeli la consapevolezza che la Chiesa deve annunciare in tutto il mondo il messaggio di Gesù, rende particolarmente attenti, quest'anno, alla ricorrenza del 60· anniversario della Giornata missionaria mondiale. Appare così particolarmente significativa la consuetudine di rivolgere a tutto il popolo di Dio - proprio nella ricorrenza della Pentecoste - un Messaggio speciale per questa «grande Giornata della cattolicità», come fu chiamata sin dai suoi inizi.
Oggi in cui si percepisce più che mai la visione globale dei bisogni di tutte le Chiese e di ciascuna di esse, si fa più urgente l'impegno a riscoprire la fondamentale vocazione di annuncio, di testimonianza e di servizio al Vangelo; si sente più impellente la necessità di assistere i missionari, siano essi sacerdoti, religiosi, religiose; siano giovani impegnati in una vita di consacrazione a Dio nel mondo, o laici volontari che contribuiscono alla crescita delle giovani Chiese. A tutti costoro ovunque si trovino per annunciare il mistero di Cristo, unico e vero Redentore dell'umanità, giunga il mio saluto e il mio grato apprezzamento.
Il significato catechetico della Giornata missionaria mondiale
2. Di che cosa parlano i sessant'anni di storia della Giornata missionaria mondiale? All'origine di questa storia, troviamo la voce genuina di una piccola porzione del popolo di Dio che, con la sua adesione alla Pontificia Opera della Propagazione della fede, seppe farsi interprete della missione universale della Chiesa cattolica, perché questa, per sua propria natura, s'incammina nelle diverse culture locali, senza mai perdere la sua profonda identità, cioè, l'essere «sacramento universale di salvezza» (cfr. «Lumen Gentium», 48; «Ad Gentes», 1). E, quando il suggerimento per l'istituzione di questa Giornata giunse alla sede di Pietro, il promotore Pio XI di felice memoria lo accolse prontamente esclamando: «Questa è un'idea che viene dal cielo».
L'iniziativa, affidata alle Pontificie Opere Missionarie, in particolare all'Opera della propagazione della fede, ha avuto sempre di mira l'opera di rendere cosciente il popolo di Dio della necessità di imporre e di sostenere le vocazioni missionarie e del dovere di cooperare spiritualmente e materialmente alla causa missionaria della Chiesa.
In realtà bisogna rendere grazie al Signore perché tanti suoi figli, tante famiglie cristiane, educati al linguaggio evangelico dell'amore disinteressato, hanno corrisposto alle finalità della Giornata missionaria con ammirevoli esempi di «carità universale», resa evidente da tanti sacrifici e preghiere offerti per i missionari, e spesso da una diretta condivisione delle loro fatiche apostoliche. Ciò induce a considerare che la Giornata missionaria mondiale può e deve divenire, nella vita di ciascuna Chiesa particolare, occasione per attuare i programmi di catechesi permanente a ampio respiro missionario, in modo da poter presentare a ogni battezzato, come a ogni comunità di fede cristiana, una proposta di vita «evangelizzata ed evangelizzante».
Il problema, sempre attuale nella Chiesa, della dilatazione del regno di Dio tra i popoli non cristiani, mi si è prospettato sin dall'inaugurazione del mio ministero apostolico di pastore universale della Chiesa che coincise - direi, provvidenzialmente - in quella domenica del 22 ottobre 1978, con la celebrazione della Giornata missionaria mondiale. Per questo, come in molte occasioni ho già avuto modo di ricordare, mi sono fatto, di anno in anno, «catechista itinerante» per prendere contatto con le numerose genti che ancora non conoscono il Cristo; per condividere tanto le ricchezze spirituali delle giovani Chiese, quanto le loro necessità e sofferenze, e i loro sforzi perché la fede cristiana si radichi sempre più nelle loro culture; per incoraggiare tutti coloro che si trovano negli avamposti di questo ingente compito evangelico affinché siano sempre, con la loro vita, testimoni credibili, soprattutto per i giovani, del messaggio evangelico che annunciamo.
L'urgenza di una nuova evangelizzazione
3. Tutti sappiamo quanto l'esperienza di una rinnovata Pentecoste, vissuta grazie al Concilio Vaticano II, abbia inciso nella storia dell'ultimo ventennio. La Chiesa, infatti, in questo straordinario evento, ha potuto prendere ancor più chiara coscienza di sé e della sua missione, impegnata in un aperto dialogo con l'intera famiglia umana per far proprie «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri, soprattutto, e di coloro che soffrono» («Gaudium et Spes», 1).
Tuttavia se, da una parte, la Chiesa ha messo in atto tutte le sue possibilità per cementare la comunione di Dio con la comunità degli uomini e la comunione degli uomini fra loro, attraverso una costante catechesi derivata dal Concilio Vaticano II, dall'altra, essa si è imbattuta nel dramma più profondo della nostra epoca, che è «la rottura tra Vangelo e cultura» come scrisse Paolo VI nell'esortazione apostolica «Evangelii Nuntiandi» (n. 20). Di qui, il dovere sempre più impellente di riportare la missione globale della Chiesa al suo atto fondamentale: «l'evangelizzazione», cioè l'annuncio ai popoli, che fa scoprire chi è Gesù Cristo per noi.
A distanza di venti anni dal Concilio, il soffio di una nuova Pentecoste ha ancora permeato il Sinodo straordinario dei vescovi, da me promosso affinché gli orientamenti e le direttive del Concilio possano essere realizzati, con coerenza e amore, da tutti i membri del popolo di Dio.
Nel celebrare, verificare, promuovere l'evento conciliare, la Chiesa, posta di fronte al problema di individuare le necessità dell'intera famiglia umana, si proietta verso il terzo millennio assumendo, con rinnovata energia, la sua fondamentale missione di «evangelizzare», cioè di offrire l'annuncio di fede, speranza e carità che essa stessa trae fuori della sua perenne giovinezza, nella luce di Cristo vivo, che è «via, verità e vita» per l'uomo del nostro tempo e di tutti i tempi. Si tratta di un'evangelizzazione continua, che trova il suo punto di novità nel fatto che questo grave compito va assunto in prospettiva universale poiché i problemi e le sfide che venti anni fa si ponevano nelle Chiese di nuova fondazione, oggi hanno una risonanza mondiale. Essi spingono la Chiesa e i suoi membri a sentirsi dappertutto in stato di missione.
La corresponsabilità per le missioni, quale segno della collegialità episcopale, emersa con rilievo dal Concilio, oggi deve tradursi sempre di più in segno visibile della «sollecitudine» che ogni Vescovo deve avere per tutte le Chiese (cfr. «Christus Dominus», 8) e non soltanto per la propria Chiesa particolare.
La nascita di nuovi Istituti missionari nelle giovani Chiese, ponendo in rilievo che anche dalle Chiese più bisognose viene il dono di nuovi operai all'evangelizzazione, deve spingere tutte le Chiese a donare e a donarsi alla Chiesa universale, siano esse in condizioni di agiatezza o di povertà di mezzi e di forze apostoliche.
L'aumento dell'invio di sacerdoti diocesani «Fidei donum», dei laici, dei volontari in missioni estere, nel rivelare la coscienza tipicamente missionaria di comunità ecclesiali capaci di «uscire da se stesse» per portare altrove l'annuncio di Cristo, deve richiamare le associazioni, i movimenti, i gruppi ecclesiali a irrobustire la testimonianza di fede per poter ritrovare nella missione la chiamata di Dio a fare di tutti i popoli della terra l'unico popolo di Dio.
Nella medesima prospettiva si vedono coinvolte tutte le realtà di cui è intessuta la compagine ecclesiale: la famiglia, l'infanzia, i giovani, il mondo della scuola, del lavoro, della tecnica, della scienza, della cultura, della comunicazione, dei mass-media. Si può quindi affermare che la Chiesa proiettata verso il terzo millennio è una Chiesa essenzialmente missionaria.
Il prezioso servizio delle Pontificie Opere Missionarie
4. A questo riguardo appare prezioso il servizio svolto dalle Pontificie Opere Missionarie, istituzione della Chiesa universale e di ciascuna Chiesa particolare, perché sono «strumenti privilegiati del Collegio episcopale unito al successore di Pietro e con lui responsabile del popolo di Dio, che è interamente missionario». Esse sono le Opere che lo Spirito del Signore, da oltre un secolo e mezzo, progressivamente ha suscitato dal seno del suo popolo per rendere visibile al mondo quel particolare impegno di carità che si fa solidale con tutta l'opera di evangelizzazione nel mondo. Di fatto, esse si rivelano «mezzo privilegiato di comunicazione delle Chiese particolari tra loro e tra ciascuna di esse e il Papa che, a nome di Cristo, presiede alla comunione universale di carità» (Statuti delle Pontificie Opere Missionarie, I, nn. 6 e 5).
Nella storia della cooperazione missionaria, le Pontificie Opere Missionarie hanno costruito «ponti di solidarietà» che non potranno certamente cedere, perché radicati sulla fede della risurrezione di Cristo, alimentata dall'Eucaristia. In questa solida e ingente costruzione, il laicato cattolico è riuscito a scrivere le pagine più belle della sua vitalità missionaria. Figura emblematica rimane quella di Paolina Jaricot ispiratrice dell'opera della Propagazione della Fede. Di lei, il prossimo anno ricorderemo il 125· anniversario dal termine del suo cammino missionario; sarà lo stesso anno nel quale verrà celebrato il Sinodo generale dei vescovi, dal tema significativo per la stessa ricorrenza: «Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo».
Voti conclusivi
5. A vent'anni dal Concilio Vaticano II la Chiesa si sente chiamata a verificare la fedeltà alla grande consegna lasciatale da quella assise ecumenica, quando ha affermato che il dovere di dare incremento alle vocazioni «appartiene a tutte le comunità cristiane». Al riguardo è consolante constatare una crescita del senso di responsabilità all'interno delle varie comunità. S', molto si è fatto, ma moltissimo resta ancora da fare, perché il Concilio Vaticano II si attende da parte di tutti, e in particolare dalle famiglie cristiane e dalle comunità parrocchiali, il «massimo contributo» per l'incremento delle vocazioni («Optatam Totius», 2).
In questa occasione, desidero esprimere l'auspicio che il laicato cattolico - nel suo insieme e in fattiva comunione con le guide del popolo di Dio - trovi nel servizio delle Pontificie Opere Missionarie quei valori illuminanti che provengono da una salutare «scuola di carità universale».
La Beata Vergine Maria, la fedele missionaria di tutti i tempi, aiuti voi tutti, venerati fratelli e figli carissimi, a comprendere questo messaggio, a corrispondervi con lucida coscienza, con chiara intelligenza e con spirito di comunione e di solidarietà.
Nel rinnovare l'espressione della mia gratitudine a coloro che nella Chiesa sono stati segnati dalla speciale vocazione per un servizio di evangelizzazione «ad gentes», soprattutto a quelli che si trovano in situazioni difficili, per l'annuncio del regno di Dio imparto di cuore la mia benedizione.
18 maggio 1986


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1987


Carissimi fratelli e sorelle!
1. Il Sinodo sulla missione dei laici
«Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato, perché proclami le opere meravigliose di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,9).
Di questo popolo privilegiato, descritto dal principe degli apostoli, sono membri a tutti gli effetti i laici, dei quali si occuperà l'assemblea generale del Sinodo dei Vescovi nel prossimo ottobre, proprio nel mese in cui la Chiesa è impegnata nella preghiera, nella riflessione e nell'aiuto alle sue missioni nel mondo.
In vista di tale felice coincidenza, desidero dedicare il presente messaggio a quella porzione vasta ed eletta del Popolo di Dio, i fedeli laici - uomini e donne di ogni età e condizione - al fine di ravvivare in loro la coscienza di essere componenti di un popolo che è per sua natura missionario. La Chiesa, infatti, «esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio...», come affermai nel 1982, ricordando Papa Paolo VI e citando le sue stesse parole («Evangelii Nuntianadi», 14; cfr. «Insegnamenti di Giovanni Paolo II», V, 3 [1982] 569). L'evangelizzazione e la missione, dunque, non sono qualcosa di facoltativo o di supplementare e marginale: la Chiesa è nata missionaria e l'evangelizzare è per lei legge di vita (cfr. «Ad Gentes», 2-5).
2. La vocazione battesimale come vocazione missionaria
Partendo da questa premessa irrinunciabile, sorge una domanda: a chi spetta, in concreto, assumere la missione? Il Concilio Vaticano II risponde così: «Tutti i fedeli, come membra del Cristo vivente..., hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza. Pertanto, tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo» («Ad Gentes», 36). L'evangelizzazione non è riservata alla sola gerarchia, ma «ad ogni discepolo di Cristo incombe il dovere di diffondere, secondo quanto gli spetta, la fede» («Lumen Gentium», 17). E la radice di questo dovere è nel primo dei sacramenti della fede. Così tutti i cristiani laici, proprio in virtù del battesimo, sono chiamati dal Signore ad un effettivo apostolato: «La vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all'apostolato» («Apostolicam Actuositatem», 2). E' vocazione che si fonda sulla stessa grazia battesimale: incorporati a Cristo mediante il battesimo, i cristiani diventano partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. La cresima li fortifica con la virtù dello Spirito Santo, mentre l'Eucaristia comunica e alimenta in loro quella carità verso Dio e gli uomini, ch'è l'anima di tutto l'apostolato (cfr. «Lumen Gentium», 33; «Apostolicam Actuositatem», 3).
Di qui scaturisce l'invito che rinnovo a tutti i laici, perché, riscoprendo la loro originaria dignità di discepoli del Signore, approfondiscano il senso della responsabilità apostolica e diano un generoso contributo all'opera di evangelizzazione.
3. Un corpo unito e ordinato
Ma, se tutti nella Chiesa sono responsabili della missione, se tutti ne sono ad un tempo «soggetti» e «destinatari», ciò non avviene allo stesso titolo e allo stesso modo, ma secondo la peculiarità della posizione e funzione all'interno della Chiesa stessa, come anche del ministero e carisma ricevuti. Diversi sono i doni di Dio, ma sempre abbondanti, non esclusivi, ma complementari, tutti finalizzati all'unica comunione e missione. E noi siamo chiamati a discernerli e a valorizzarli con saggezza evangelica secondo le esigenze oggettive e le emergenze stesse che si possono presentare ai nostri giorni. In prossimità del Sinodo dei Vescovi, volentieri io incoraggio i laici, soprattutto i giovani, a riconoscere la realtà di questi doni divini e ad assumersi con personale responsabilità il compito della evangelizzazione mediante la parola, la testimonianza, la seminagione di quella sapienza e di quella speranza, alle quali l'umanità anela, spesso inconsapevolmente.
Le vocazioni laicali, chiamate a dare uno specifico contributo alla comunità ecclesiale, costituiscono ancor oggi in mezzo al Popolo di Dio una espressione forte e significativa della donazione missionaria. Oggi, più che in passato, cresce il bisogno di persone che si consacrino totalmente all'attività missionaria: «Difatti sono insigniti di una vocazione speciale coloro che, forniti di naturale attitudine e capaci per qualità ed ingegno, si sentono pronti a intraprendere l'attività missionaria, siano essi autoctoni o forestieri: si tratta di sacerdoti, religiosi e laici» («Ad Gentes», 23 e cfr. 6). Sì, oggi la Chiesa ha bisogno di laici maturi che siano discepoli e testimoni di Cristo, costruttori di comunità cristiane, trasformatori del mondo secondo i valori del Vangelo.
A tutti i laici, già inseriti nell'azione missionaria della Chiesa, desidero rivolgere il mio ringraziamento ed incoraggiamento, confermando ciascuno di loro nel rispettivo lavoro.
4. I catechisti
A questo proposito vorrei, anzitutto, ricordare la schiera tanto benemerita dei catechisti - uomini e donne -, i quali danno un contributo insostituibile alla propagazione della fede, e sono chiamati a svolgere nel nostro tempo un compito della massima importanza (cfr. «Ad Gentes», 17; «Catechesi Tradendae», 66). Come negare che, senza questi operatori specializzati in terra di missione, tante Chiese, ora fiorenti, non sarebbero state edificate? Essi sono stati e sono testimoni diretti della fede, talvolta anche i primi, in senso cronologico, nel portarne l'annuncio divenendo così attivi collaboratori nella missione di stabilire, sviluppare ed incrementare la vita cristiana. Il loro servizio si innesta nella struttura portante dell'evangelizzazione, per cui la Chiesa non potrà mai farne a meno. Ancora una volta io auspico che il loro numero e la loro qualità si accrescano sempre più per un'opera tanto necessaria, confidando che essi trovino sempre la benevolenza e l'aiuto di cui hanno bisogno. Anch'essi, evidentemente, hanno diritto ad un congruo sostentamento e, se non possono esser mantenuti dalle loro comunità troppo povere, dovrà a loro provvedere la solidarietà degli altri cristiani.
5. Il volontariato laico
Ricordo, poi, un'altra forma di impegno laicaile missionario, su cui la Chiesa, oggi soprattutto, fa molto assegnamento: quella del volontariato laico. E' una formula valida che porta un notevole contributo alla missione della Chiesa, facilitandone il cammino di evangelizzazione: un servizio di cristiani laici, che si impegnano ad offrire alcuni anni della loro vita per cooperare in maniera diretta alla crescita dei paesi in via di sviluppo.
Così, accanto all'opera di promozione umana che svolgono insieme con altre forze sociali, essi, come cristiani, cercano di non far mancare ai fratelli quella pienezza di sviluppo religioso e morale che si ha soltanto quando ci si apre totalmente alla grazia di Dio. Spinti dalla fede e dalla carità evangelica, essi diventano testimoni di amore e di servizio per l'uomo nella sua totalità di essere corporeo e spirituale.
Anche a questo riguardo, mi auguro che, in occasione del Sinodo, molte Chiese particolari riscoprano tale forma di cooperazione missionaria e si sentano impegnate a discernere ed a favorire queste vocazioni laicali che molti saranno lieti di abbracciare, disponibili ad inserirsi attivamente in altre comunità di fratelli.
Alla base di queste vocazioni dovrà essere sempre un impegno equilibrato ed armonico, che non disancora mai lo sviluppo socio-culturale dalla professione della fede religiosa. Per un servizio che si presenta difficile ed esigente, si richiedono scelte prudenti, adeguata preparazione, competenza professionale e, soprattutto, personalità matura.
6. Apertura ad altre forme di servizio
Lo Spirito, che guida la Chiesa a tutta intera la verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la arricchisce dei suoi doni, la abbellisce dei suoi frutti, «distribuendo tra i fedeli di ogni ordine, grazie anche speciali, con le quali li rende atti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici» («Lumen Gentium», 12).
Ora, tutti siamo chiamati a riconoscere e ad accogliere con favore queste grazie speciali, che sono dispensate anche tra i laici in vista della loro auspicata presenza in campo missionario. Soprattutto le Chiese giovani sono invitate ad aprirsi e a valorizzare con fiducia tali ricchezze spirituali per quegli uffici ed opere che si rivelino «utili al rinnovamento ed alla maggiore espansione della Chiesa» («Lumen Gentium», 12).
Occorre, dunque, considerare e sostenere molteplici forme di partecipazione dei laici alla vita liturgica delle comunità cristiane, ai loro programmi e consigli pastorali, alla pratica della carità e alla presenza cristiana nel mondo culturale, sociale, economico.
Desidero incoraggiare anche una più larga ed attiva partecipazione del laicato femminile nell'assunzione di quei servizi, che l'immenso campo della missione attende dalla loro generosità e dal loro specifico apporto. E' auspicabile che questo laicato si dedichi sia alle occupazioni tradizionali (ospedali, scuole, assistenza), sia ad un'evangelizzazione diretta, come la formazione del nucleo familiare, il dialogo con i non credenti o non praticanti, la promozione della cultura cattolica, oltre ad una costante presenza nel campo della preghiera e della liturgia.
7. Le Pontificie Opere Missionarie
In questo giorno di Pentecoste la Chiesa, dinanzi all'urgenza della missione, si sente spinta ad aprirsi con rinnovata energia al soffio potente e all'amore vivificante dello Spirito che santifica il Popolo di Dio e lo guida e lo adorna di virtù, perché metta a frutto i carismi dell'identità cristiana.
Intendo affidare un mandato speciale alle Pontificie Opere Missionarie che, per origine, costituzione e finalità, si caratterizzano come strumenti specifici dell'universalismo missionario, affinché con la loro capillare azione animatrice tengano desta nel Popolo di Dio, soprattutto tra i laici, la coscienza missionaria e allo stesso tempo evidenzino la vocazione particolare di coloro che hanno ricevuto tale missione.
Ad esse spetta il compito di suscitare l'interesse e la partecipazione di tutti i fedeli sia sul piano spirituale che materiale in favore delle missioni, oltre che incoraggiare le vocazioni missionarie dei giovani. In un mondo insidiato da vuote prospettive e da molte incertezze, non ci si stanchi mai di suscitare e promuovere tra i laici i nobili ideali della missione, in modo che molti rispondano all'invito del Signore: «Eccomi, manda me!» (Is 6,8).
8. La Madre che ci precede nella fede e nella missione
Debbo ancora ricordare - ed è un'altra felice coincidenza - la celebrazione dell'Anno Mariano. E' naturale, facile e consolante che tutti i figli e le figlie della Chiesa guardino a colei che nella missione stessa della Chiesa è presente fin dall'inizio (cfr. «Redemptoris Mater», 28). Se il cammino di questa Chiesa, ormai al termine del secondo millennio cristiano, implica un rinnovato, generoso impegno nella sua missione, sarà ancora e sempre necessario procedere con Maria.
Seguendo Cristo, la Chiesa cerca con immutata fedeltà di compiere oggi la sua stessa missione in seno alla storia degli uomini e dei popoli: nel quadro di questa collaborazione con l'opera del Figlio redentore, essa si stringe attorno a Maria, nell'attesa di una nuova Pentecoste (cfr. At 1,14). A Maria, pertanto, che precede nella fede la Chiesa, tutti i cristiani debbono guardare per comprendere e attuare il senso della propria missione: cooperare all'opera della salvezza compiuta da Cristo fino alla sua conclusione definitiva nel regno dei cieli.
Con la mia benedizione apostolica.
Dal Vaticano, il 7 giugno, Solennità di Pentecoste, dell'anno 1987, nono di Pontificato.


 MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1988

1. Carissimi fratelli e sorelle.
Rivolgendo il mio messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale, mentre sta per concludersi l'anno mariano che ho indetto in preparazione al Giubileo del duemila, desidero invitare tutti i membri del Popolo di Dio a riflettere su un particolare aspetto dell'evangelizzazione: la presenza di Maria nella missione universale della Chiesa.
Questa missione consiste nella proclamazione della buona novella della salvezza, la quale si ottiene mediante la fede in Cristo, secondo il mandato che lo stesso Signore risorto diede agli apostoli: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19); «chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16).
I. Maria Stella dell'evangelizzazione e madre di tutte le genti
Maria, la Madre di Gesù, fu la prima a credere nel suo Figlio e venne proclamata beata per la sua fede (cfr. Lc 1,45). La sua vita è stata un cammino e un pellegrinaggio della fede in Cristo, nella quale ella ha preceduto i discepoli e precede sempre la Chiesa (cfr. «Redemptoris Mater», 6.26).
Pertanto, dovunque la Chiesa svolga fra i popoli l'attività missionaria, Maria è presente: presente come Madre che coopera alla rigenerazione e formazione dei fedeli (cfr. «Lumen Gentium», 63); presente come «Stella dell'evangelizzazione», come ebbe ad affermare il mio predecessore Paolo VI (cfr. Pauli VI «Evangelii Nuntiandi», 82), per guidare e confortare gli araldi del Vangelo e sostenere nella fede le nuove comunità cristiane, suscitate dall'annuncio missionario con la potenza della Parola e la grazia dello Spirito Santo.
La presenza e l'influenza della Madre di Gesù hanno accompagnato sempre l'attività missionaria della Chiesa. Gli araldi del Vangelo, nel presentare il mistero di Cristo e le verità della fede ai popoli non cristiani, hanno illustrato anche la persona e la funzione di Maria, la quale, «per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per così dire e riverbera i massimi dati della fede», e «mentre viene predicata e onorata, chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre» («Lumen Gentium», 65). E ogni popolo, accogliendo Maria come madre, ne arricchisce il culto e la devozione con nuovi titoli ed espressioni, rispondenti alle proprie necessità e alla propria anima religiosa. Molte di queste comunità cristiane, frutto dell'opera evangelizzatrice della Chiesa, nell'amore filiale alla Madre di Gesù hanno trovato il soccorso e la consolazione per perseverare nella fede durante i periodi di prove e di persecuzioni.
II. Maria modello di consacrazione alla missione
La Chiesa, nella sua vocazione e sollecitudine evangelizzatrice, prende esempio e stimolo da Maria, la prima evangelizzata (cfr. Lc 1,26-38) e la prima evangelizzatrice (cfr. Lc 1,39-56). E' lei che ha accolto con fede la buona notizia della salvezza, trasformandola in annunzio, canto, profezia. E' lei che ha dato a tutti gli uomini la migliore direttiva spirituale che essi abbiano mai ricevuta: «Fate quello che (Gesù) vi dirà» (Gv 2,5). Alla scuola di Maria, la Chiesa impara a consacrarsi alla missione.
La consapevolezza che oltre i due terzi dell'umanità ignorano o non condividono ancora la fede in Cristo redentore, sollecita la Chiesa a preparare sempre nuove generazioni di apostoli, a rendere più intensi la preghiera e l'impegno, affinché in ogni comunità cristiana sorgano più numerose le vocazioni missionarie.
Se è vero, infatti, che, secondo il Concilio, a tutti i discepoli di Cristo è affidata la diffusione della fede secondo le proprie possibilità, a ciò sono soprattutto impegnati coloro che il Signore, per mezzo dello Spirito Santo, chiama mediante la vocazione missionaria, suscitando in seno alla Chiesa le istituzioni che si assumono, come dovere specifico, il compito del primo annuncio del Vangelo (cfr. «Ad Gentes», 23).
E' motivo di conforto, di speranza e di ringraziamento al Signore il fatto che si moltiplichino i servizi missionari delle Chiese particolari con l'invio di sacerdoti diocesani, i tanto benemeriti «Fidei donum», di laici e di volontari, sia per aiutare le Chiese sorelle più bisognose, sia per portare il primo annuncio del Vangelo e la solidarietà della carità fra i popoli e i gruppi umani non cristiani.
Con particolare gioia è da rilevare che, accanto alle Chiese di antica fondazione, partecipano sempre di più alla missione universale le Chiese d'Africa, d'Asia e dell'America Latina. L'invio di missionari «ad gentes» da parte di queste comunità ecclesiali, tuttora in fase di sviluppo, dimostra quell'autentico spirito cattolico e missionario, di cui devono essere animate le nuove Chiese, «inviando anch'esse dei missionari a predicare dappertutto il Vangelo, anche se soffrono per scarsezza di clero» (cfr. «Ad Gentes», 20).
Gli araldi del Vangelo, spesso ignorati, dimenticati o perseguitati, che spendono la vita agli avamposti della missione della Chiesa, trovano un modello perfetto di dedizione e di fedeltà in Maria, la quale «consacrò totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio» («Lumen Gentium», 56). Pertanto, in occasione della Giornata Mondiale, mi è caro rendere omaggio all'impegno generoso e talora, anche ai nostri giorni, eroico fino al martirio, dei missionari e delle missionarie sparsi in tutti i continenti, rivolgere ad essi e a tutte le famiglie religiose e secolari maschili e femminili dedicati alla missione come componente fondamentale della loro consacrazione, un affettuoso saluto e un vivo incoraggiamento a nome di tutta la Chiesa, esortandoli a non scoraggiarsi per le difficoltà del loro apostolato, a confidare in Maria e a seguirne le orme.
A tutti voi, missionari e missionarie, che lavorate per estendere la maternità della Chiesa con la nascita e la formazione di nuove comunità cristiane, ripeto di cuore l'esortazione fatta ai sacerdoti nella mia lettera in occasione del giovedì santo di quest'anno mariano: «Occorre, dunque, che ciascuno di noi "prenda Maria nella propria casa", così come la prese l'apostolo Giovanni sul Golgota,... come madre e mediatrice di quel "grande mistero" (cfr. Ef 5,32), che tutti desideriamo servire con la nostra vita» («Epistula ad Presbyteros», 4, die 25 mar. 1988: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XI, 1, [1988] 727).
III. Come preparare un nuovo avvento missionario con Maria
Nel prepararsi a celebrare il Giubileo dell'anno duemila e iniziare il terzo millennio della fede cristiana con la speranza e l'impegno di un nuovo avvento, la Chiesa si propone di rinnovare e accrescere il suo slancio missionario, affinché l'annuncio del Vangelo sia portato con maggior efficacia a quei popoli che ancora non l'hanno ricevuto o accolto. A Maria, che ha preparato la prima venuta del Signore, affido questa speranza: con la sua mediazione materna ottenga a tutto il Popolo di Dio una coscienza sempre più viva e operosa della propria responsabilità per l'avvento del Regno di Dio mediante l'evangelizzazione missionaria.
Mi rivolgo, anzitutto, ai pastori delle Chiese particolari, ai sacerdoti loro collaboratori e a quanti sono impegnati nell'attività pastorale: con la parola, con la catechesi e con l'esempio educate i fedeli a voi affidati a uno spirito veramente missionario, «a quel senso di responsabilità che li impegna, in quanto membra di Cristo, dinanzi a tutti gli uomini» («Ad Gentes», 21). Le comunità cristiane, sotto la vostra guida, esprimano la maturità e vitalità della loro fede e comunione ecclesiale, aprendosi alla missione universale della Chiesa con la preghiera, la promozione di vocazioni missionarie, la solidarietà e condivisione dei beni sia spirituali sia materiali con i più poveri nel mondo. Soprattutto le famiglie siano consapevoli di dover portare «un particolare contributo alla causa missionaria della Chiesa coltivando le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie» («Familiaris Consortio», 54).
Parlando dell'animazione missionaria delle comunità cristiane, è doveroso ricordare le Pontificie Opere Missionarie, le quali si distinguono nella Chiesa per l'intraprendenza e la perseveranza nel suscitare la cooperazione missionaria con iniziative molteplici e appropriate di animazione, informazione e formazione a uno spirito veramente universale e missionario. Poiché esse curano il vastissimo campo della carità e degli aiuti materiali, invito tutti a donare generosamente per il mantenimento dei seminaristi, per la formazione dei laici, in particolare dei catechisti, per la costruzione di chiese, scuole, ospedali ed opere sociali.
Ma il ruolo primario di queste opere è l'animazione missionaria, a cominciare dalla prima, la propagazione della fede, la quale ha come compito principale l'educazione, l'informazione e la sensibilizzazione missionaria.
Tutte, poi, hanno a cuore di promuovere le vocazioni per la Chiesa missionaria. Questo compito, di fondamentale importanza per l'efficacia della missione «ad gentes», è affidato in particolare alla Pontificia Opera di san Pietro apostolo per le vocazioni sacerdotali e religiose nelle giovani Chiese, e alla Pontificia Unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi e religiose, che ha l'impegno di formare allo spirito missionario coloro che nella Chiesa svolgono l'ufficio di pastori, animatori e operatori di pastorale. La Pontificia Opera della Santa Infanzia, dal canto suo, provvede all'educazione ed all'animazione missionaria dei bambini, fino dai primissimi anni.
Riprendendo l'idea ispiratrice di questo messaggio, non posso non sottolineare ancora una volta che quanti, nella Chiesa, promuovono e vivono l'animazione missionaria e vocazionale trovano in Maria una madre e un modello che ispira e sostiene il loro impegno. Ella, infatti, come già ho sottolineato all'inizio, si può giustamente chiamare «la prima missionaria», perché fu la madre di Gesù, l'inviato del Padre, il primo e il più grande evangelizzatore, e alla sua missione si unì e collaborò con affetto materno. Alla scuola di questa madre tutti i figli e le figlie della Chiesa imparano lo spirito missionario da cui deve essere animata la loro vita cristiana e il loro slancio apostolico.
Non posso concludere questo mio messaggio senza aprire il mio cuore in particolare a voi, giovani, che siete il segno della vitalità e la grande speranza della Chiesa. Il futuro della missione e delle vocazioni missionarie è legato alla vostra generosità nel rispondere alla chiamata di Dio, al suo invito a consacrare la vita all'annuncio del Vangelo. Da Maria imparate anche voi a dire il «sì» dell'adesione piena, gioiosa e fedele alla volontà del Padre e al suo progetto d'amore.
La beata Vergine, che invochiamo madre della Chiesa e di tutte le genti, interceda presso il suo Figlio perché un nuovo spirito di Pentecoste animi tutti coloro che con il Battesimo hanno ricevuto il dono inestimabile della fede. Ella li renda sempre più consapevoli della loro responsabilità missionaria, affinché, anche mediante la loro perseveranza e generosità, a tutti i popoli sia annunciato il Vangelo e la fede in Cristo porti luce e salvezza al mondo intero.
A tutti imparto di cuore la benedizione apostolica, auspicio di copiosi favori celesti.
Dal Vaticano, il 22 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1988, decimo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE, 
1989

Carissimi fratelli e sorelle!
A Pentecoste ha avuto inizio la missione della Chiesa. L'annuncio del Signore risorto, fatto dagli apostoli alla folla di pellegrini convenuti a Gerusalemme, fu ascoltato e accolto nella varietà di lingue e culture che essi rappresentavano, anticipando così in qualche modo l'universalità del nuovo Popolo di Dio. E' nello spirito e nella grazia della Pentecoste, sorgente sempre feconda della vocazione evangelizzatrice e missionaria della Chiesa, che vi rivolgo questo messaggio per l'annuale Giornata Missionaria Mondiale.
La celebrazione di questa giornata, consacrata alla preghiera, alla catechesi e alla raccolta di aiuti per le missioni, richiama alla Chiesa intera il dovere di andare in tutto il mondo per portarvi l'annuncio del Vangelo. Possa tale ricorrenza arrecare a tutto il Popolo di Dio, pastori e fedeli, una rinnovata effusione dello Spirito Santo, che è lo Spirito della missione, colui che deve ora continuare l'opera salvifica, radicata nel sacrificio della Croce. Gesù l'ha affidata alla Chiesa; ma «lo Spirito Santo rimane il trascendente soggetto protagonista della realizzazione di tale opera nello spirito dell'uomo e nella storia del mondo» («Dominumn et Vivificantem», 42).
I - Il clero autoctono, speranza della Chiesa missionaria
Dio - ricorda il Concilio Vaticano II (cfr. «Lumen Gentium», 9) - volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma facendo di loro un popolo: il popolo messianico che ha per capo Cristo ed è radunato nella Chiesa. Questa esiste in comunità locali, le quali sono affidate alla cura e alla guida di pastori propri, che le reggono, esercitando secondo la loro parte di autorità l'ufficio di Cristo Pastore e Capo (cfr. «Lumen Gentium», 28). La loro autorità e missione è di annunciare il Vangelo, di santificare e di governare il Popolo di Dio.
L'annuncio del Vangelo, fatto dagli apostoli dopo la Pentecoste, diede vita a comunità di battezzati, alle quali essi preposero dei responsabili che garantissero l'unità e la formazione nella fede dei singoli membri, la celebrazione dell'Eucaristia, la comunione con gli apostoli e le altre comunità cristiane.
Ciò che fecero gli apostoli all'inizio della diffusione della Chiesa nel mondo, continua oggi attraverso l'evangelizzazione missionaria: infatti «per la costituzione della Chiesa e lo sviluppo della comunità cristiana, sono necessari vari tipi di ministeri, suscitati nell'ambito stesso dei fedeli: tra essi sono da annoverare i compiti dei sacerdoti, dei diaconi, dei catechisti» («Ad Gentes», 15).
In questo messaggio desidero sottolineare soprattutto la necessità e il valore della presenza del clero autoctono nelle giovani comunità cristiane. Le vicende della formazione e dello sviluppo del clero autoctono segnano il cammino dell'evangelizzazione missionaria. Furono soprattutto i romani Pontefici, nella loro responsabilità di Pastori della Chiesa universale, a preoccuparsi perché, insieme con l'invio di missionari, le nascenti comunità dei paesi di missione fossero fornite, appena possibile, di sacerdoti locali e di Vescovi locali. Ciò fu promosso in particolare dai Papi di questo secolo, a cominciare da Benedetto XV, il quale nella «Maximum illud» (di cui celebriamo il sessantesimo di pubblicazione) affermava fra l'altro: »Chi presiede la Missione deve rivolgere le sue principali premure alla buona formazione del Clero indigeno, sul quale specialmente sono riposte le migliori speranze delle nuove cristianità» (7).
Il fiorire del clero autoctono torna a lode degli stessi missionari che, con tenacia paziente e perseverante, a volte fino al martirio, hanno lavorato e sofferto per formare le nuove comunità cristiane, cercando di far sbocciare dalle famiglie il prezioso frutto delle vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e missionaria. Essi sono ora lieti di lavorare in comunione e di farsi collaboratori dei sacerdoti e dei Vescovi locali, ben sapendo che «la causa comune del Regno di Dio associa strettamente l'una e l'altra schiera di messaggeri evangelici per una collaborazione sempre necessaria e indubbiamente fruttuosa... e la loro armoniosa coordinazione è anche, e dev'essere anzi, esemplare espressione della comunione ecclesiale» (Pauli VI, «Nuntius scripto datus missionali rei provehendae missus, ob diem per totum catholicum orbem celebrandum id est 21 octobris, huius ispius anni», die 20 iul. 1973: Insegnamenti di Paolo VI, XI [1973] 738).
Con il Concilio Vaticano II si è aperta una nuova stagione nella storia sempre affascinante dell'attività missionaria. Dal momento che la Chiesa è per sua natura missionaria e ogni Chiesa particolare è chiamata a riprodurre in se stessa l'immagine della Chiesa universale, anche le nuove Chiese sono invitate a «partecipare quanto prima e di fatto alla missione universale della Chiesa, inviando anch'esse dei missionari a predicare dappertutto nel mondo il Vangelo, anche se soffrono per scarsezza di Clero. La comunione con la Chiesa universale raggiungerà in un certo senso la sua perfezione solo quando anch'esse prenderanno parte attiva allo sforzo missionario diretto verso le altre nazioni» («Ad Gentes», 20). E da tale spirito missionario devono essere animati, anzitutto, i sacerdoti, rendendosi disponibili a iniziare l'attività missionaria non solo nella propria diocesi, ma anche fuori di essa, se inviati dal Vescovo.
II - L'Opera di san Pietro apostolo: da cent'anni a servizio del clero locale
Quest'anno ricorre il centenario di fondazione della pontificia Opera di san Pietro apostolo: come dal cuore ardente di Paolina Jaricot nacque l'Opera della Propagazione della Fede, così fu dall'amore e dal sacrificio di due altre donne, Stefania e Giovanna Bigard, madre e figlia, che prese inizio quest'altra fondamentale iniziativa missionaria. La scintilla fu accesa da una lettera di Monsignor Gousin, Vescovo di Nagasaki, il quale il 1· giugno 1889 scriveva alle Bigard, già sue benefattrici e collaboratrici, di essere costretto a negare l'entrata in seminario a giovani che desideravano diventare sacerdoti, per mancanza dei mezzi necessari alla loro formazione. Le signore Bigard colsero in quella lettera l'appello della volontà di Dio, un appello che cambiò radicalmente la loro vita. Esse divennero così le instancabili mendicanti di aiuti a favore degli aspiranti al sacerdozio, che nei paesi di missione bussavano sempre più numerosi alle porte dei seminari. Le due generose donne conobbero difficoltà di ogni genere, ma non desistettero dall'impegno assunto; lo assolsero fedelmente fino alla morte, avendo la gioia di vedere l'Opera approvata e benedetta dalla Santa Sede.
A cent'anni dalla sua fondazione, essa conserva integro il suo valore nella prospettiva della finalità che le diede origine: «Sensibilizzare il popolo cristiano al problema della formazione del Clero locale nelle Chiese di missione e invitarlo a collaborare spiritualmente e materialmente alla preparazione dei candidati al sacerdozio» («Statuti delle Pontificie Opere Missionarie», 15).
L'Opera di san Pietro apostolo, che doverosamente ho voluto ricordare e desidero raccomandare in questo messaggio, ha largamente contribuito allo sviluppo del clero locale e continua a svolgere un ruolo importante, per gli aiuti che offre affinché nelle giovani Chiese i seminari, le case di formazione e i centri di studi superiori possano accogliere e preparare adeguatamente le vocazioni autoctone agli impegni dell'apostolato.
Mentre ringrazio di cuore coloro che, con la loro preghiera e le loro offerte, partecipano ai programmi dell'Opera, invito tutti a lodare il Signore per le meraviglie che ha compiuto servendosi di Stefania e Giovanna Bigard, le quali si consacrarono alla causa missionaria con dedizione totale. La Chiesa, la quale - come scrissi nella lettera apostolica «Mulieris Dignitatem» - «ringrazia per tutte le manifestazioni del "genio" femminile apparso nel corso della storia», (31), non può non magnificare il Signore considerando i frutti di evangelizzazione e di santità maturati dall'Opera iniziata dalle signore Bigard.
III - Tutti i membri della Chiesa devono impegnarsi per promuovere le vocazioni sacerdotali e missionarie e per annunciare il Vangelo
L'Opera di san Pietro apostolo richiama la insostituibile finzione che è riservata al clero nella missione evangelizzatrice. Del suo servizio pastorale hanno bisogno le comunità cristiane, per essere guidate nella loro vita di fede e per formarsi allo spirito missionario.
La sfida più importante che la missione universale pone a tutta la Chiesa è quella delle vocazioni nelle varie espressioni in cui esse possono realizzarsi, ossia nella vita sacerdotale, religiosa e laicale. «Per l'evangelizzazione del mondo occorrono, anzitutto, gli evangelizzatori. Per questo tutti, a cominciare dalle famiglie cristiane, dobbiamo sentire la responsabilità di favorire il sorgere e il maturare di vocazioni specificamente missionarie, sia sacerdotali e religiose, sia laicali, ricorrendo a ogni mezzo opportuno, senza mai trascurare il mezzo privilegiato della preghiera, secondo la parola stessa del Signore Gesù: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua mess" (Mt 9,37-38)» («Christifideles Laici», 35).
La situazione attuale - ho ricordato nella stessa lettera apostolica sulla vocazione e missione dei laici - postula che, riguardo al dovere di annunciare il Vangelo, ogni discepolo del Signore si senta chiamato in prima persona: «Guai a me, se non predicassi il Vangelo!» (1Cor 9,16). A tale compito i fedeli laici sono abilitati e impegnati dai sacramenti dell'iniziazione cristiana e dai doni dello Spirito Santo (cfr. «Christifideles Laici», 33).
Nella prospettiva della partecipazione dei laici alla missione universale della Chiesa, non è motivo di gioia e di speranza il fatto che due delle quattro Pontificie Opere Missionarie, e cioè l'Opera della Propagazione della Fede e l'Opera di san Pietro apostolo, siano state fondate da laici, e precisamente da donne ardenti di zelo per il Regno di Dio?
IV - Il permanente servizio di animazione e di formazione delle Pontificie Opere Missionarie
Pur avendo insistito sull'attività dell'Opera di san Pietro apostolo, in occasione del centenario della sua fondazione, non posso concludere il messaggio senza raccomandare anche le altre Opere Missionarie: la Propagazione della Fede, la Santa Infanzia e l'Unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi e religiose, opere che sono a servizio del Papa e di tutte le Chiese particolari.
Esse, pur svolgendo attività proprie distinte, hanno una comune finalità fondamentale: suscitare e mantenere vivo nel Popolo di Dio - pastori e fedeli - un intenso spirito missionario, che si traduca in impegno per le vocazioni missionarie, per gli aiuti a tutte le missioni del mondo, così da venire incontro alle loro richieste e necessità, sempre crescenti, con il contributo generoso di tutti i cristiani.
Il Papa, in questa giornata della carità universale, si fa voce di tutti i poveri del mondo; voce soprattutto dei missionari, che ai fratelli di fede e a tutti gli uomini di buona volontà stendono la mano.
I missionari si spendono nell'annuncio del Vangelo agli avamposti della missione, la quale anche ai nostri giorni incontra difficoltà e prove e richiede non di rado la testimonianza suprema del dono della propria vita. Per questo, a nome di tutta la Chiesa rivolgo loro la mia parola di affettuoso incoraggiamento, perché nel loro apostolato si sentano accompagnati e sostenuti dalla presenza del Signore risorto, dalla potenza del suo Spirito e dalla solidarietà della comunità credente.
Tutti i discepoli del Signore ricordino che la beata Vergine Maria, regina degli apostoli e madre di tutte le genti, è loro modello e sostegno nell'impegno missionario. A lei affido l'attività missionaria della Chiesa e tutti coloro che consacrano la loro vita perché il Regno sia annunciato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo.
Ai missionari e ai loro collaboratori, a quanti in qualsiasi maniera partecipano all'opera missionaria della Chiesa, imparto di cuore la benedizione apostolica, pegno dei favori divini e segno del mio affetto e della mia riconoscenza.
Dal Vaticano, il 14 maggio, solennità di Pentecoste, dell'anno 1989, undicesimo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1990

Carissimi fratelli e sorelle!
Quest'anno la Giornata missionaria mondiale è celebrata mentre è in corso l'Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, che tratta della formazione dei sacerdoti nel mondo d'oggi. A nessuno sfugge l'importanza di tale tema per la Chiesa tutta e per la sua missione evangelizzatrice. La Chiesa esiste per evangelizzare: se questo è il suo compito specifico, tutti in essa devono avere la viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo.
In comunione e sotto l'autorità del successore di Pietro, la cura di annunciare il Vangelo spetta innanzitutto al collegio dei vescovi, con i quali collaborano in modo eminente i sacerdoti che «esercitando... l'ufficio di Cristo, pastore e capo, radunano la famiglia di Dio», mentre «nella loro sede rendono visibile la Chiesa universale» («Lumen Gentium», 28).
Il dono spirituale della sacra Ordinazione «li prepara a una missione... vastissima e universale di salvezza "fino agli ultimi confini della terra", dato che qualsiasi ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale della missione affidata da Cristo agli apostoli» («Presbyterorum Ordinis», 10). Perciò, tutti i sacerdoti «siano profondamente convinti che la loro vita è stata consacrata anche per il servizio delle missioni» («Ad Gentes», 3): ogni sacerdote è missionario per sua natura e vocazione. Come già scrissi nel 1979, nella prima lettera per il Giovedì santo, «la vocazione pastorale dei sacerdoti è grande, e il Concilio insegna che è universale; essa è diretta verso tutta la Chiesa e, quindi, è anche missionaria». Parimenti, nel discorso tenuto nell'aprile del 1989 ai membri della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, dopo aver ricordato che «ogni sacerdote, in modo proprio, è missionario per il mondo», invitai tutti i presbiteri della Chiesa a «rendersi concretamente disponibili allo Spirito Santo e al vescovo, per essere mandati a predicare il Vangelo oltre il confine del loro Paese».
Nel presente messaggio desidero sottolineare un altro aspetto dell'odierna missione il quale tocca da vicino le Chiese giovani e antiche: l'evangelizzazione dei non cristiani, presenti nell'ambito di una diocesi o di una parrocchia, è dovere primario del rispettivo pastore. Perciò, i presbiteri si impegnino personalmente e associno i fedeli a predicare il Vangelo a coloro che stanno ancora fuori della comunità ecclesiale.
La maggior parte dei sacerdoti vive la dimensione missionaria in una Chiesa particolare, sia con l'aver cura delle situazioni missionarie ivi esistenti, sia con l'educare e stimolare le loro comunità a partecipare alla missione universale della Chiesa. L'educazione dei futuri sacerdoti allo spirito missionario implica che il sacerdote deve sentirsi e operare ovunque si trovi come un parroco del mondo, a servizio di tutta la Chiesa missionaria. Egli è l'animatore nato e il primo responsabile del risveglio della coscienza missionaria nei fedeli.
E' ancora il decreto «Ad Gentes» - mi piace ricordarlo nella ricorrenza del 25· anniversario della sua promulgazione - a indicare chiaramente ai sacerdoti ciò che devono fare per suscitare nei fedeli l'amore per le missioni: dèstino e conservino in mezzo ai fedeli il più vivo interesse per l'evangelizzazione del mondo: inculchino alle famiglie cristiane la necessità e l'onore di coltivare le vocazioni missionarie in mezzo ai loro figli e figlie; alimentino nei giovani il fervore missionario, sicché sorgano tra essi futuri messaggeri del Vangelo; insegnino a tutti a pregare per le missioni e chiedano anche il loro generoso contributo di denaro e mezzi, facendosi quasi mendicanti per la salvezza delle anime.
Ma per avere un cuore e svolgere un'azione pastorale di tale ampiezza, occorre una solida formazione missionaria, a cui dovrà provvedere innanzitutto il Seminario durante gli anni di preparazione dei futuri sacerdoti. E' importante che nei programmi degli studi teologici la missionologia abbia un posto di rilievo. Così formati, i sacerdoti potranno a loro volta formare le comunità cristiane a un autentico impegno missionario. Sarà anche auspicabile che essi, costituendo un unico presbiterio col loro vescovo, abbiano l'opportunità di incontri di riflessione missionaria, congressi, ritiri e giornate di spiritualità incentrati sulla missione.
Oltre alle iniziative che i vescovi sapranno prendere per la formazione missionaria permanente dei loro sacerdoti, non si deve dimenticare che a tutti i cristiani sono offerte valide e collaudate vie di animazione missionaria sia nella Pontificia Unione Missionaria del clero, dei religiosi e delle religiose, sia nelle Pontificie Opere Missionarie della Propagazione della fede, di san Pietro apostolo e della Santa Infanzia. Ciascuna di esse ha un proprio campo di azione in favore della cooperazione missionaria, e tutte sono impegnate per ottenere che i fedeli prendano parte attiva in tale cooperazione.
Per quanto riguarda la Pontificia Unione Missionaria, fondata dal venerabile Paolo Manna, come già i miei predecessori, torno a raccomandarla vivamente quale mezzo di testimonianza e di amore verso le missioni. Per questo desidero confermare - e il prossimo Sinodo dei vescovi me ne offre l'opportunità - ciò che Papa Paolo VI di v.m. scrisse nella Lettera apostolica «Graves et Increscentes», del settembre 1976: «L'Unione Missionaria è da considerarsi come "l'anima" delle Pontificie Opere Missionarie... abituandole perché a loro volta siano scuola di formazione missionaria, siano conosciute e aiutate nelle loro iniziative e nei loro scopi».
La Giornata missionaria mondiale deve essere per tutti un importante appuntamento annuale, in primo luogo per le Opere Missionarie, strumento eletto del successore di Pietro e del corpo episcopale per la diffusione del Vangelo.
Desidero anche rilevare che questa Giornata ebbe origine da un'esplicita richiesta della Pontificia Opera della propagazione della fede, accolta da Papa Pio XI nel 1926. E' a questa Opera che vanno le offerte dei fedeli, che si raccolgono in quel giorno nel mondo ed è da queste offerte che le giovani Chiese ricevono sostanziali aiuti per le loro attività: dalla formazione dei seminaristi a quella dei catechisti, dalla costruzione di chiese e di seminari fino al pane quotidiano per i missionari.
Le necessità, cui i missionari devono rispondere, sono davvero tante, e per questo il contributo di coloro che possono aiutarli deve essere generoso e costante. Come non accogliere con prontezza e gioia il loro appello, che manifesta la forza della giovinezza della Chiesa? Tra le forme di umana solidarietà la carità missionaria si caratterizza per una sua incoraggiante carica di speranza: la missione è il futuro della Chiesa.
Invio questo messaggio nella solennità della Pentecoste, quando con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli ebbe inizio la missione della Chiesa. Questa attività evangelizzatrice continua ormai da duemila anni fra alterne vicende di successi e di difficoltà, di accoglienza e di ripulsa; ma l'annuncio missionario è fatto sempre con la potenza dello Spirito Santo, che è il protagonista dell'evangelizzazione.
Nelle visite pastorali alle giovani Chiese, che sto compiendo dall'inizio del mio servizio di pastore universale, ho potuto constatare le meraviglie che la fede di Cristo e la potenza dello Spirito operano nelle Comunità sorte dall'annuncio fatto dai missionari, talora confermato anche dalla testimonianza del martirio. Anche nei Paesi dell'Africa, visitati nel gennaio scorso, questa vitalità della fede cristiana mi ha colpito insieme con le situazioni della loro impressionante povertà. Ritengo, perciò, mio dovere rinnovare l'appello ai Paesi del benessere e agli Organismi internazionali, perché con la loro solidarietà generosa vengano incontro alle crescenti necessità, di cui soffrono questi Paesi e tanta parte del Continente africano.
Il cammino missionario della Chiesa, alle soglie del suo terzo millennio, è carico di speranza, pur tra le accennate prove e tribolazioni. Pensando al «nuovo avvento missionario», che attende la Chiesa, occorre confermare e precisare le linee fondamentali dell'azione missionaria ed accrescere in tutti un più cosciente e intenso spirito apostolico.
Esorto tutti a pregare con insistenza il Padrone della messe, perché mandi operai ad annunciare la buona novella della salvezza in Cristo. Ma tale invito rivolgo specialmente ai giovani, perché siano aperti alla vocazione missionaria per l'annuncio del Vangelo.
La mia riflessione conclusiva si fa contemplazione e preghiera a Maria santissima. A lei, Regina delle Missioni, si eleva il mio animo con questa accorata preghiera: ella che alle nozze di Cana sollecitò e ottenne il primo miracolo da suo Figlio; ella che fu accanto a lui, mentre si offriva sulla croce per la nostra salvezza; ella che, presente nel cenacolo con i suoi discepoli, attese in concorde preghiera l'effusione dello Spirito; ella che accompagnò sin dall'inizio il cammino eroico dei missionari, ispiri oggi e sempre tutti i suoi figli e figlie a imitarla nella sollecitudine e nella solidarietà verso i missionari del nostro tempo.
Nel nome di questa Madre amatissima, invio a tutti voi, fratelli e sorelle, la confortatrice benedizione apostolica.
Dal Vaticano, il 3 giugno - solennità di Pentecoste - dell'anno 1990, dodicesimo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1991

Carissimi fratelli e sorelle!
«Dio è Amore», ci dice l'apostolo Giovanni: amore che chiama e amore che manda. Sappiamo, infatti, che dalla «fonte di amore», che è Dio Padre, sono scaturite la missione del Figlio e la missione dello Spirito Santo. E questi proprio il giorno di Pentecoste - nella cui solennità vi rivolgo il presente Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale - fu donato agli Apostoli: grazie all'effusione dello Spirito di amore la Chiesa apparve ufficialmente al mondo ed iniziò la missione di annunciare e comunicare agli uomini la salvezza, che Dio offre loro nel suo Figlio, chiamandoli a partecipare della sua vita e ad amarsi gli uni gli altri.
La missione di evangelizzare l'amore di Dio verso gli uomini - per ogni singolo uomo e donna - e l'amore degli uomini verso Dio e tra di loro, da Cristo affidata alla sua Chiesa, è ancora così lontana dall'essere compiuta, che può anzi esser considerata solo all'inizio. Tale costatazione mi ha suggerito di indirizzare a tutti i membri della Chiesa uno speciale appello con l'Enciclica «Redemptoris Missio», ed ora mi rivolgo ancora ad essi perché considerino quell'appello come una rinnovata chiamata ad una rinnovata missione e ne facciano motivo di più alacre impegno pastorale e di più illuminata catechesi.
1. Consacrati e inviati per la Missione
Noi tutti, membri della Chiesa, pur se in diverso modo, mossi dal medesimo Spirito, siamo consacrati per essere inviati: in virtù del Battesimo ci è affidata la stessa missione della Chiesa. Tutti siamo chiamati ed obbligati ad evangelizzare, e tale missione fontale, che è uguale per tutti i cristiani, deve diventare un vero «assillo» quotidiano ed una sollecitudine costante nella nostra vita. Come è bello e stimolante ripensare alle Comunità dei primi cristiani, quando essi si aprivano al mondo, che per la prima volta guardavano con occhi nuovi: era lo sguardo di chi ha capito che l'amore di Dio si deve tradurre in servizio per il bene dei fratelli. La memoria della loro esperienza mi fa ripetere ancora il pensiero centrale della recente Enciclica: «La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!». Sì, la missione ci offre la straordinaria opportunità di ringiovanire e rendere più bella la Sposa di Cristo e, al tempo stesso, ci fa fare l'esperienza di una fede che rinnova e irrobustisce la vita cristiana, perché appunto è donata. Ma la fede che rinnova la vita e la missione che rafforza la fede non possono essere tesori nascosti, o esperienze esclusive di cristiani isolati. Nulla è più lontano dalla missione di un cristiano chiuso in se stesso: se la sua fede è solida, essa è destinata a crescere e deve aprirsi alla missione. Il primo ambito di sviluppo del binomio fede-missione è la comunità familiare. In un tempo in cui sembra che tutto concorra a disgregare questa cellula primaria della società, è necessario impegnarsi perché essa diventi, o torni ad essere la prima comunità di fede, nel senso non solo dell'acquisizione, ma anche della sua crescita, della sua donazione e, quindi, della missione. E' ora che i genitori e i coniugi assumano come compito essenziale della loro condizione e vocazione quello di evangelizzare i figli e quello di evangelizzarsi a vicenda, così che per tutti i membri della famiglia sia realmente possibile in ogni circostanza - specialmente nelle prove della sofferenza, della malattia e della vecchiaia - ricevere la Buona Novella. E', questa, una forma insostituibile di educazione alla missione e di naturale preparazione delle possibili vocazioni missionarie, che trovano quasi sempre la loro culla nella famiglia. Altro ambito, del pari importante, è la comunità parrocchiale, o la comunità ecclesiale di base, che mediante il servizio dei suoi pastori e animatori deve offrire ai fedeli il nutrimento della fede e andare alla ricerca dei lontani e degli estranei, realizzando così la missione. Nessuna comunità cristiana è fedele al proprio compito, se non è missionaria: o è comunità missionaria, o non è nemmeno comunità cristiana, non essendo queste che due dimensioni della stessa realtà, quale è definita dal Battesimo e dagli altri Sacramenti. Oggi poi che la missione, anche intesa nel senso specifico di primo annuncio del Vangelo ai non-cristiani, sta bussando alle porte delle comunità cristiane di antica evangelizzazione, e diventa sempre più «missione tra noi», un tale impegno in ciascuna comunità riveste la massima urgenza. Motivo di speranza, per far fronte alle nuove esigenze dell'odierna missione, sono anche i Movimenti e gruppi ecclesiali, che il Signore suscita nella Chiesa, perché più generoso, puntuale ed efficace sia il suo servizio missionario.
2. Come cooperare all'attività missionaria della Chiesa
Se tutti i membri della Chiesa sono consacrati per la missione, tutti sono corresponsabili di portare Cristo al mondo mediante il proprio impegno personale. La partecipazione a questo diritto-dovere è chiamata «cooperazione missionaria» e si radica, necessariamente, nella santità della vita: solo se si è innestati in Cristo, come i tralci nella vite, si produce molto frutto. Il cristiano, che vive la propria fede ed osserva il comandamento dell'amore, allarga i confini della sua operosità fino ad abbracciare tutti gli uomini mediante quella cooperazione spirituale, fatta di preghiera, di sacrificio e di testimonianza, che ha consentito di proclamare compatrona delle missioni Santa Teresa di Gesù Bambino, che pur non fu mai inviata in missione. La Preghiera deve accompagnare il cammino e l'opera dei Missionari, perché l'annuncio della Parola sia reso fruttuoso dalla Grazia divina. Il sacrificio, accettato con fede e sofferto con Cristo, ha valore salvifico. Se il sacrificio dei missionari deve esser condiviso e sostenuto da quello dei fedeli, allora ogni sofferente nello spirito e nel corpo può diventare missionario, se saprà offrire con Gesù al Padre le proprie sofferenze. La testimonianza della vita cristiana è una predicazione silenziosa, ma efficace, della Parola di Dio. Gli uomini di oggi, che sembrano indifferenti alla ricerca dell'Assoluto, in realtà ne sentono il bisogno e sono attratti e colpiti dai santi che lo rivelano con la loro vita. La cooperazione spirituale all'opera missionaria deve soprattutto tendere alla promozione delle vocazioni missionarie. Per questo, mi rivolgo una volta ancora ai giovani e alle giovani del nostro tempo, per invitarli a dire «sì», se il Signore li chiama a seguirlo con la vocazione missionaria.
Non c'è scelta più radicale e coraggiosa di questa: lasciare tutto per dedicarsi alla salvezza dei fratelli che non hanno ricevuto il dono inestimabile della fede in Cristo. La Giornata Missionaria Mondiale unisce tutti i figli della Chiesa non solo nella preghiera, ma anche nell'impegno di solidarietà e di condivisione degli aiuti e dei beni materiali per la missione ad gentes. Tale impegno corrisponde allo stato di necessità in cui si trovano tante persone e popolazioni della terra. Sono fratelli e sorelle che, bisognosi di tutto, vivono prevalentemente in quei Paesi che si identificano col Sud del mondo e che coincidono con le terre di missione. I Pastori ed i Missionari, quindi, necessitano di ingenti mezzi, non solo per l'opera di evangelizzazione - che è certamente primaria ed anch'essa onerosa -, ma anche per soccorrere le molteplici necessità materiali e morali mediante le opere di promozione umana che sempre accompagnano ogni missione. La celebrazione della Giornata Missionaria sia uno stimolo provvidenziale a mettere in moto sia le strutture di carità sia l'effettivo esercizio della carità da parte dei singoli cristiani e delle loro comunità: essa «è un appuntamento importante nella vita della Chiesa, perché insegna come donare: nella celebrazione eucaristica, cioè come offerta a Dio, e per tutte le missioni del mondo».
3. L'animazione delle Pontificie Opere Missionarie
Nell'opera di animazione e cooperazione missionaria, che riguarda tutti i figli della Chiesa, desidero riaffermare il compito peculiare e la specifica responsabilità spettanti alle Pontificie Opere Missionarie, come ho anche ribadito nella citata Enciclica. Tutte e quattro le Opere - Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Infanzia Missionaria e Unione Missionaria - hanno in comune lo scopo di promuovere lo spirito missionario in seno al Popolo di Dio. Esse sono la memoria dell'universale nelle Chiese locali. In particolare, desidero ricordare l'Unione Missionaria, che celebra il 75 anniversario di fondazione. Essa ha il merito di compiere un continuo sforzo di sensibilizzazione presso i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e gli animatori delle Comunità cristiane, perché l'ideale missionario si traduca in forme adeguate di pastorale e di catechesi missionaria. Le Opere Missionarie devono applicare, esse per prime, quanto ho già affermato nell'Enciclica: «Le Chiese locali inseriscano l'animazione missionaria come elemento cardine della loro pastorale ordinaria nelle parrocchie, nelle associazioni e nei gruppi, specie giovanili». Le Opere Missionarie siano protagoniste di questo importante mandato, nell'animazione, nella formazione missionaria e nell'organizzazione della carità per l'aiuto alle missioni. Ma, dopo aver richiamato la funzione di queste Opere, nonché l'impegno permanente per la missione, non posso terminare questa mia esortazione senza rivolgere ai Missionari e alle Missionarie - sacerdoti, religiosi e laici sparsi nel mondo - una diretta ed affettuosa parola di ringraziamento e di incoraggiamento, perché perseverino con fiducia nella loro attività evangelizzatrice, anche e quando il suo compimento può costare e costa i più grandi sacrifici, compreso quello della vita. Carissimi Missionari e Missionarie! Il mio pensiero e il mio affetto vi accompagnano sempre insieme con la gratitudine di tutta la Chiesa. Non solo voi siete la speranza viva della Chiesa, come testimoni ed artefici della sua missione universale nell'atto stesso che si compie; ma siete anche il segno credibile e visibile di quell'amore di Dio che ci ha tutti chiamati, consacrati e inviati, ma che a voi ha dato un mandato speciale: il dono singolare della vocazione ad gentes. Voi portate Cristo nel mondo; e in nome di lui, come suo Vicario, vi benedico e vi tengo nel cuore. Insieme con voi benedico tutti coloro che con amore e generosità partecipano al vostro apostolato di evangelizzazione e di promozione integrale dell'uomo. Maria, Regina degli Apostoli, guidi e assista i passi di voi Missionari e di quanti, in qualunque modo, cooperano all'universale missione della Chiesa.
19 maggio 1991


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1992

Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. La Giornata Missionaria Mondiale, istituita da Pio XI su richiesta dell'Opera della Propagazione della Fede nel 1926, ci chiama ogni anno, nello spirito di unità e di universalità della Chiesa, a rinnovata consapevolezza della responsabilità di ciascuno nella diffusione del messaggio evangelico.
Mentre ci avviciniamo al terzo Millennio della redenzione, la missione universale si fa ancora più urgente. Non possiamo restare indifferenti quando pensiamo ai milioni di uomini che, come noi, sono stati redenti dal sangue di Cristo, ma vivono senza un'adeguata conoscenza dell'amore di Dio. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi al dovere supremo di annunciare Cristo a tutti i popoli. Due terzi dell'umanità oggi non conoscono ancora Cristo; essi hanno bisogno di Lui e del suo messaggio di salvezza.
Poiché la Chiesa è per sua natura missionaria, l'evangelizzazione co- stituisce un dovere e un diritto per ogni suo membro.1 Il Signore ci chia- ma a uscire da noi stessi e a condividere con altri i beni che possediamo, a cominciare da quello della nostra fede, la quale non può considerarsi come un privilegio privato, ma come dono da partecipare a coloro che ancora non l'hanno ricevuto. Da tale impegno, peraltro, sarà la fede stessa a trarre beneficio, perché essa si rafforza quando viene donata.
2. Nella Giornata Missionaria Mondiale tutte le Chiese particolari, dalle più giovani alle più antiche, da quelle che godono libertà a quelle che soffrono persecuzioni, da quelle che hanno sufficienti risorse a quelle che sono nelle ristrettezze, sentono di dover guardare oltre se stesse per farsi corresponsabili della missione « ad gentes ».
Rispondendo, pertanto, all'invito della « Giornata », ciascuno si impegni a partecipare alla missione universale della Chiesa prima di tutto con la cooperazione spirituale, accompagnando e sostenendo con la preghiera le iniziative dei missionari. Gesù stesso parlò della « necessità di pregare sempre » 2 e ne diede testimonianza col sacrificio della propria vita. Come discepoli di Cristo, offriamo anche noi la nostra vita a Dio, per mezzo di Cristo, il primo Missionario.
A questo fine assumono un grande valore la preghiera e i sacrifici delle persone ammalate, le quali con le loro sofferenze sono intimamente associate alla Passione di Cristo. Tutti coloro che si dedicano alla cura pastorale di queste persone non manchino di istruirle e di incoraggiarle ad offrire i loro patimenti in unione al Cristo Crocifisso per la salvezza del mondo.3
È necessario che il nostro spirito di sacrificio sia espresso in maniera concreta e visibile. Per alcuni ciò potrebbe consistere nella generosa corrispondenza alla vocazione missionaria, « partendo » per portare l'annunzio del Vangelo là dove lo spirito li conduce.
Questa « partenza » trova il suo riferimento ideale nell'invio missionario degli Apostoli: « Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra ».4
3. Nel contesto del quinto Centenario dell'evangelizzazione dell'America, ricordiamo i missionari che, partendo dall'Europa, portarono il Vangelo ai popoli di quelle terre. Celebriamo questa ricorrenza nell'umiltà e nella verità, ringraziando Dio per i benefici spirituali accordati a quelle antiche e nobili popolazioni.
Oggi noi vediamo con gioia che i missionari non provengono soltanto dalle Chiese di antica evangelizzazione, ma anche dalle Chiese dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, dove molti si consacrano al primo annuncio del Vangelo. In diversi Paesi di missione continua, preziosa e indispensabile, l'opera dei catechisti locali, i quali si sentono mossi da forte spirito missionario, che li rende animatori instancabili di fede e di speranza.
Se non tutti sono chiamati con una vocazione specifica alla missione « ad gentes », tutti, però, devono accrescere lo spirito e l'impegno missionari in se stessi e nelle proprie comunità ecclesiali. In particolare, i Vescovi e i sacerdoti devono sentirsi i primi responsabili della missione universale e formare i fedeli all'entusiasmo e alla cooperazione per le missioni. Ma è anzitutto all'interno della vita familiare che i laici sviluppano l'amore per la vocazione missionaria,5 essendo la famiglia cristiana, quale « Chiesa domestica », un luogo privilegiato di evangelizzazione missionaria.
4. Perché la Domenica Missionaria assuma un significato e un valore di piena solidarietà verso le missioni, occorre che essa venga preparata con cura e vissuta con fervore. La celebrazione dell'Eucaristia costituisce il momento centrale per illustrare il problema missionario e stimolare il responsabile coinvolgimento di ogni battezzato, di ogni famiglia cristiana e di ogni istituzione ecclesiale. Ma non devono essere trascurate anche altre opportunità di sensibilizzazione missionaria. Invito coloro che ne hanno il compito a suscitare ed organizzare iniziative che contribuiscano al buon esito della « Giornata ». Insieme con l'informazione per sviluppare la coscienza missionaria di ogni battezzato, occorre promuovere la raccolta di aiuti. Questo obiettivo è una parte importante dell'impegno della Chiesa. Fu così anche per la missione e per il ministero di Gesù e dei Dodici, i quali venivano assistiti da persone generose.6
Le necessità materiali delle missioni sono molte e crescono ogni giorno. I sacrifici finanziari dei fedeli « sono indispensabili per costruire la Chiesa e testimoniare la carità ».7 L'opera della Propagazione della Fede, a questo proposito, provvede alla missione universale e, col suo fondo centrale di solidarietà, fa sì che vengano evitate discriminazioni nella distribuzione degli aiuti alle Chiese, specialmente a quelle più povere. La Giornata Missionaria da quasi 70 anni costituisce la più importante mobilitazione ecclesiale, al fine di incrementare la cooperazione spirituale e materiale. A questo proposito, ritengo opportuno richiamare le sapienti indicazioni dei miei venerati Predecessori, i Papi Pio XI e Giovanni XXIII, con le quali essi disposero che tutte le offerte raccolte nella Giornata Missionaria Mondiale fossero destinate alle necessità delle missioni « ad gentes ».
5. Cari Fratelli e Sorelle! Nella misura in cui sosteniamo l'attività missionaria della Chiesa, noi siamo fedeli alla sua identità. San Paolo raccomanda a Timoteo di « proclamare la Parola, d'insistere in ogni occasione opportuna e non opportuna ».8 Il messaggio di Paolo oggi è indirizzato a noi. Tutti possono, anzi debbono, impegnarsi ad edificare la Chiesa e a far crescere e maturare i suoi membri nella professione e testimonianza della propria fede, perché « la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni ».9
Nella prospettiva del Giubileo dell'Incarnazione nell'anno 2000, scorgo l'alba di una nuova era missionaria. Accanto a fattori negativi non mancano, nel mondo d'oggi, segni di crescente orientamento dell'umanità verso gli ideali del Vangelo. Tali sono, ad esempio, il rifiuto della violenza e della guerra; il rispetto per la persona umana e per i suoi diritti; il desiderio di libertà, di giustizia e di fraternità.
« La speranza cristiana ci sostiene nell'impegno a fondo per la nuova evangelizzazione e per la missione universale, facendoci pregare come Gesù ci ha insegnato: "Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra" 10 ».11 Sono motivi di grande speranza il moltiplicarsi delle vocazioni missionarie, specialmente nelle giovani Chiese, e l'aiuto fraterno che le Chiese si danno con lo scambio dei sacerdoti, secondo lo spirito dell'Enciclica « Fidei Donum ».
6. Desidero concludere il Messaggio con un saluto affettuoso agli operai del Vangelo, che sono sparsi in tutto il mondo. È sufficiente guardare al numero dei missionari e delle missionarie, che ogni anno vengono uccisi, per comprendere il forte spirito di sacrificio che anima queste donne e questi uomini consacrati alla causa del Vangelo. Lo spirito che animò e sospinse Paolo, l'Apostolo delle Genti, guidi e protegga tutti coloro che rendono testimonianza a Gesù con la parola e con l'esempio della loro vita.
Esprimo la mia gratitudine anche a quanti sostengono lo sforzo missionario della Chiesa con la preghiera, il sacrificio e la solidarietà. Trovino in Maria, la Donna del « sì » incondizionato a Dio, il modello e l'ispiratrice per un generoso impegno apostolico.
Con questi voti nel cuore, a tutti imparto, quale pegno dei divini favori, la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 7 giugno del 1992, Solennità della Pentecoste.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1993

Carissimi fratelli e sorelle!
1. «Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Con queste parole Gesù esprime il senso e lo scopo della sua missione nel mondo. La Chiesa, durante la sua storia bimillenaria, si è sempre fatta carico di questo messaggio ed ha irradiato nel mondo la cultura della vita. Guidata da Cristo e sostenuta dallo Spirito, anche oggi essa non cessa di annunciare il Vangelo della vita.
Tale «lieta novella» risuonerà con vigore a Denver, nel corso del raduno mondiale dei giovani in occasione dell'VIII Giornata Mondiale della Gioventù. E' annuncio di salvezza che si identifica con il Regno di Dio ed è annuncio rivolto a tutti i credenti. Come ho avuto modo di sottolineare nell'Enciclica Redemptoris missio, il Vangelo «non è un concetto, una dottrina, un programma soggetto a libera elaborazione, ma è innanzitutto una persona, che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine di Dio invisibile» (n. 18). Colui, infatti, che ha detto: «Io sono la vita» (Gv 14,6), può soddisfare pienamente il bisogno insaziabile di vita del cuore umano e, in virtù del battesimo, innestare l'esistenza umana in quella stessa di Dio.
2. Educare al Vangelo della vita: ecco il grande compito della famiglia e della stessa Comunità Cristiania nei confronti dei giovani a partire dalla prima infanzia. Questa fondamentale intuizione ispirò il Vescovo di Nancy, Mons. Charles Forbin-Janson a fondare nel 1843 l'Opera della Santa Infanzia, istituzione che celebra quest'anno il suo 150 anniversario. Il servizio ecclesiale che quest'Opera, insignita poi del titolo di Pontificia, svolge in tutti i Continenti, si rivela sempre più prezioso e provvidenziale. Esso contribuisce a dare rinnovato impulso all'azione missionaria dei bambini in favore dei loro coetanei. Sostiene il diritto dei fanciulli a crescere nella loro dignità di uomini e di credenti, aiutandoli soprattutto a realizzare il loro desiderio di conoscere, amare e servire Dio. La collaborazione dei giovani all'evangelizzazione è quanto mai necessaria: la Chiesa ripone grandi speranze nella loro capacità di cambiare il mondo.
3. In occasione della Giornata Missionaria Mondiale desidero invitare i credenti del mondo intero in particolare i genitori, gli educatori, i catechisti, nonché i Religiosi e le Religiose, a puntare sulla formazione missionaria dei fanciulli, nella consapevolezza che l'educazione allo spirito missionario comincia sin dalla tenera età. Se opportunamente guidati nell'ambito della famiglia, della scuola e della parrocchia, i bambini possono diventare missionari dei loro coetanei, e non solo di essi. Con innocente candore e con generosa disponibilità essi possono attrarre alla fede i loro piccoli amici e far nascere negli adulti la nostalgia di una fede più ardente e gioiosa. La loro formazione missionaria va pertanto alimentata con la preghiera, indispensabile sorgente di energia per maturare nella conoscenza di Dio e nella coscienza ecclesiale; va sostenuta grazie ad una generosa condivisione, anche materiale, delle difficoltà in cui versano i bambini meno fortunati. E' in questo spirito che la raccolta delle offerte in occasione della Giornata Missionaria di quest'anno sarà destinata, tra l'altro, a sollevare quella parte dell'infanzia mondiale che vive in condizioni subumane, cercando di ridare ad essa la gioiosa possibilità di progredire nella fede evangelica.
Sono convinto che dal duplice impegno dell'evangelizzazione e della promozione umana, a cui bisogna sensibilizzare anche i bambini, potranno scaturire nuove vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, perché, come ho avuto modo di osservare nella citata enciclica Redemptoris missio, «la fede si rafforza donandola» (n. 2). La promozione e la cura delle vocazioni missionarie costituisce pertanto un compito attuale ed urgente. Aumenta infatti sempre più il numero di coloro a cui la Chiesa deve portare il messaggio salvifico e «l'annunzio del Vangelo richiede annunciatori, la messe ha bisogno di operai, la missione si fa soprattutto con uomini e donne consacrati a vita all'opera del Vangelo, disposti ad andare in tutto il mondo per portare la salvezza» (ibid., 79)
4. In questa singolare occasione vorrei ancora una volta esprimere di vivo cuore la gratitudine di tutta la Chiesa verso i Missionari e le Missionarie, sia religiosi che laici. Essi operano, con impegno e slancio, talora anche a costo della vita, sul fronte della evangelizzazione e del servizio all'uomo. La loro testimonianza, non di rado eroica, manifesta profonda fedeltà a Cristo e al suo Vangelo; costituisce esempio, simbolo e salutare provocazione per i cristiani; è invito a tutti perché si dia, mediante la fede vissuta, senso pieno all'esistenza.
I Missionari dedicano ogni loro energia fisica e spirituale affinché si diffonda il vangelo della speranza. Attraverso di essi Cristo, Redentore dell'uomo, ripete agli uomini: «Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». E' giusto, allora, che in questa Giornata Missionaria Mondiale, i cattolici si stringano loro attorno e manifestino, con concreta solidarietà, la loro simpatia e collaborazione. Gravi e urgenti sono le necessità connesse con l'evangelizzazione e la promozione umana. Io stesso ho potuto rendermene conto durante i viaggi missionari effettuati nei vari Continenti. C'è bisogno di sostegno spirituale e di solidarietà concreta, fatta anche di aiuti materiali. Si aprano il cuore e la mano dei credenti, soprattutto di coloro che dispongono di maggiori possibilità economiche, per contribuire generosamente all'incremento di quel «Fondo di solidarietà», mediante il quale l'Opera della Propagazione della Fede cerca di venire incontro alle necessità dei Missionari. Fra i bisogni più impellenti ci sono certamente la costruzione di chiese e cappelle, dove i fedeli possano riunirsi per la celebrazione dell'Eucarestia; il sostentamento e la formazione dei candidati al sacerdozio e dei catechisti; la pubblicazione nelle lingue locali di testi religiosi per l'educazione alla fede, come la Bibbia, i catechismi nazionali ed i libri liturgici.
Possano le Comunità cristiane gareggiare in generosità imitando l'esempio dei primi cristiani, i quali erano «un cuor solo ed un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era loro comune» (At 4,32). Donando con amore, essi sperimentavano come ci sia «più gioia nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Dalla condivisione sgorga per la Chiesa una sorgente di rinnovata comunione e di profetica carità.
5. Modello di tale amore a Dio e ai fratelli è Maria, la Madre di Cristo e dei Credenti. A Lei affido quanti si consacrano all'adempimento del mandato missionario del suo Figlio: i Missionari e le Missionarie, perché ne sostenga l'attività apostolica e i sacrifici; i loro collaboratori e benefattori, perché si sentano sempre più animati a condividere i loro beni spirituali e materiale con quanti ne sono privi.
A tutti mi è gradito inviare la mia Benedizione Apostolica, che, in questo 150 anniversario dell'Opera della Santa Infanzia, intende abbracciare con particolare gioia e affetto i bambini, soprattutto quelli in condizioni disagiate a causa della malattia, della povertà e dell'abbandono.
Dal Vaticano, 18 Giugno - Solennità del Sacro Cuore di Gesù - dell'anno 1993, decimo quinto di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1994

«Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 50).
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1.La Chiesa, mandata in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo di Cristo, ha dedicato il 1994 alla Famiglia, pregando con essa e per essa, e riflettendo sulle problematiche che la riguardano. Anche nel presente Messaggio annuale per la Giornata Missionaria Mondiale desidero riferirmi a questo tema, consapevole come sono dello stretto rapporto che intercorre tra la missione della Chiesa e la famiglia.
Cristo stesso ha scelto la famiglia umana come ambito della sua incarnazione e della preparazione alla missione affidatagli dal Padre celeste. Egli, inoltre, ha fondato una nuova famiglia, la Chiesa, quale prolungamento della sua universale azione di salvezza. Chiesa e famiglia, quindi, nella prospettiva della missione di Cristo, manifestano vicendevoli legami e convergenti finalità. Se ogni cristiano è corresponsabile dell' attività missionaria, costitutiva della Famiglia ecclesiale alla quale, per grazia di Dio, tutti apparteniamo (cfr Redemptoris missio, 77), a maggior ragione sollecitata dall' anelito missionario deve sentirsi la famiglia cristiana, che poggia su di uno specifico sacramento.
2.L' amore di Cristo che consacra il patto coniugale è anche il fuoco sempre ardente che sospinge l' evangelizzazione. Ogni membro della famiglia, in sintonia con il Cuore del Redentore, è invitato ad impegnarsi per tutti gli uomini e le donne del mondo, manifestando «la sollecitudine per coloro che sono lontani, come per quelli che sono vicini» (Redemptoris missio, 77).
E' questo amore che spinge i missionari ad annunciare con zelo e perseveranza la Buona Notizia «alle genti» e a darne testimonianza con il dono di se stessi, talvolta sino al supremo segno del martirio. Scopo unico del missionario è l' annuncio del Vangelo al fine di edificare una comunità che sia estensione della famiglia di Gesù Cristo e «lievito» per la crescita del Regno di Dio e per la promozione dei più alti valori dell' uomo (cfr ivi, 34). Lavorando per Cristo e con Cristo, egli opera per una giustizia, per una pace, per uno sviluppo non ideologici, ma reali contribuendo così a costruire la civiltà dell' amore.
3.Il Concilio Vaticano II ha voluto fortemente riaffermare il concetto - caro alla tradizione dei Padri della Chiesa - secondo il quale la famiglia cristiana, costituita con la grazia sacramentale, riflette il mistero della Chiesa nella dimensione domestica (cfr Lumen gentium, 11). La Santissima Trinità abita nella famiglia fedele, la quale, in virtù dello Spirito, partecipa alla sollecitudine della Chiesa intera per la missione, contribuendo all' animazione ed alla cooperazione missionaria.
E' opportuno sottolineare come i due santi Patroni delle missioni, al pari di tanti operai del Vangelo, abbiano goduto nella loro fanciullezza di un ambiente familiare veramente cristiano. San Francesco Saverio rifletté nella vita missionaria la generosità, la lealtà e il profondo spirito religioso di cui aveva fatto esperienza all' interno della sua famiglia e specialmente accanto alla madre. Santa Teresa di Gesù Bambino, per parte sua, annota con la caratteristica semplicità: «Per tutta la vita il buon Dio ha voluto circondarmi di amore: i miei primi ricordi sono pieni delle carezze e dei sorrisi più teneri!» (Storia di un' anima, Manoscritto A, f. 4v).
La famiglia partecipa alla vita e alla missione ecclesiale secondo una triplice azione evangelizzatrice: al suo stesso interno, nella comunità di appartenenza e nella Chiesa universale. Il sacramento del matrimonio, infatti, «costituisce i coniugi e i genitori cristiani testimoni di Cristo ' fino agli estremi confini della terra' , veri e propri ' missionari' dell' amore e della vita» (Familiaris consortio, 54).
4.La famiglia è missionaria anzitutto con la preghiera e col sacrificio. Come ogni orazione cristiana, quella familiare deve includere anche la dimensione missionaria, cosi da essere efficace per l' evangelizzazione. Per tale ragione i missionari, secondo la logica evangelica, sentono la necessità di sollecitare costantemente preghiere e sacrifici come aiuto validissimo per la loro opera evangelizzatrice.
Pregare con spirito missionario comporta vari aspetti, tra i quali è preminente la contemplazione dell' azione di Dio, che ci salva per mezzo di Gesù Cristo. La preghiera diventa così un vivo ringraziamento per l' evangelizzazione che ci ha già raggiunto e che prosegue diffondendosi nel mondo intero; al tempo stesso, essa si fa invocazione al Signore affinché faccia di noi strumenti docili della sua volontà, concedendoci i mezzi morali e materiali indispensabili per la costruzione del suo Regno.
Complemento inseparabile dell' orazione è poi il sacrificio, tanto più efficace quanto più generoso. Di valore inestimabile è la sofferenza degli innocenti, degli infermi, dei malati, di quanti patiscono oppressione e violenza, di coloro cioè che sono uniti in modo speciale, sulla via della Croce, a Gesù redentore di ogni uomo e di tutto l' uomo.
5.Opinioni e avvenimenti, problemi e conflitti, successi e fallimenti del mondo intero, grazie all' azione persuasiva propria degli strumenti di comunicazione sociale, esercitano una notevole influenza sulle famiglie. I genitori, pertanto, svolgono un loro specifico ruolo quando, commentando insieme ai figli le notizie, le informazioni e le opinioni, riflettono in modo maturo su quanto i mezzi di comunicazione fanno entrare nelle loro case e si impegnano anche in azioni concrete.
La famiglia, in tal modo, corrisponde anche alla funzione più vera della comunicazione sociale, che consiste nel promuovere la comunione e lo sviluppo della famiglia umana (cfr Communio et progressio, l' Aetatis novae, 6-11). Un simile obiettivo non può che essere condiviso da ogni apostolo del Vangelo, che lo persegue, alla luce della fede, nella prospettiva della civiltà dell' amore.
Ma l' azione nel delicato e complesso ambito dei massmedia comporta notevoli investimenti di capacità umane e di mezzi economici. Ringrazio quanti contribuiscono con generosità affinché, tra gli innumerevoli messaggi che percorrono il pianeta, non manchi la voce, mite ma ferma, di chi annuncia Cristo, salvezza e speranza per ogni uomo.
6.L' espressione più alta di generosità è il dono integrale di sé. In occasione della Giornata Missionaria non posso fare a meno di rivolgermi in modo particolare ai giovani. Carissimi! Il Signore vi ha dato un cuore aperto a grandi orizzonti: non temete di impegnare interamente la vostra vita nel servizio di Cristo e del suo Vangelo! AscoltateLo mentre ripete anche oggi: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi» (Lc 10, 2).
Mi rivolgo, inoltre, a voi genitori. Mai venga meno nei vostri cuori la fede e la disponibilità, quando il Signore vorrà benedirvi chiamando un figlio o una figlia ad un servizio missionario. Sappiate rendere grazie! Fate anzi in modo che questa chiamata sia preparata con la preghiera familiare, con un' educazione ricca di slancio e di entusiasmo, con l' esempio quotidiano dell' attenzione agli altri, con la partecipazione alle attività parrocchiali e diocesane, con l'impegno nell' associazionismo e nel volontariato.
La famiglia, che coltiva lo spirito missionario nel modo d' impostare lo stile di vita e la stessa educazione, prepara il buon terreno per il seme della divina chiamata e rafforza, al tempo stesso, i vincoli affettivi e le virtù cristiane dei suoi membri.
7.Maria santissima, Madre della Chiesa, e San Giuseppe, suo sposo, invocati con fiducia da tutte le famiglie cristiane, ottengano che in ogni comunità domestica si sviluppi durante tutto quest' anno lo spirito missionario, affinché l' intera umanità diventi «in Cristo la famiglia dei figli di Dio» (Gaudium et spes, 92).
Con tale auspicio invoco sui missionari sparsi nel mondo come pure su ogni famiglia cristiana, in modo speciale su quelle impegnate nell' annuncio del Vangelo, i doni del divino Spirito, in pegno dei quali a tutti imparto la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 22 maggio, Solennità di Pentecoste, dell' anno 1994, sedicesimo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1995

Carissimi Fratelli e Sorelle!
1.«La Chiesa ha ricevuto il Vangelo come annuncio e fonte di gioia e di salvezza. L' ha ricevuto in dono da Gesù, inviato dal Padre ' per annunziare ai poveri un lieto messaggio' (Lc 4, 18). L' ha ricevuto mediante gli Apostoli, da Lui mandati in tutto il mondo (cfr Mc 16, 15; Mt 28, 19-20). Nata da questa azione evangelizzatrice, la Chiesa sente risuonare in se stessa ogni giorno la parola ammonitrice dell' Apostolo: ' Guai a me se non predicassi il Vangelo' (1 Cor 9, 16)» (Lett. enc. Evangelium vitae, 78).
Dono del Padre all' umanità e prolungamento della missione del Figlio, la Chiesa sa che esiste per portare, fino agli estremi confini della terra, la lieta notizia del Vangelo, finché non passerà la scena di questo mondo (cfr Mt 28, 19-20).
Il mandato missionario, pertanto, è sempre valido e attuale e impegna i cristiani a testimoniare gioiosamente la Buona Notizia ai vicini ed ai lontani, mettendo a disposizione energie, mezzi e persino la vita.
La missione passa attraverso la croce ed il dono di sé: come il Risorto, colui che ne è investito è chiamato a mostrare ai fratelli i segni dell' amore per vincere la loro incredulità e le loro paure.
«Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8). Nell' accogliere con gioia la chiamata a cooperare alla missione di salvezza, ogni cristiano sa di poter contare sulla presenza di Gesù e sulla forza dello Spirito Santo. Questa certezza dà vigore al suo servizio evangelico e lo spinge ad essere audace e pieno di speranza, nonostante le difficoltà, i pericoli, l' indifferenza e le sconfitte.
La Giornata Missionaria Mondiale è l' occasione per implorare dal Signore una sempre più grande passione per l' evangelizzazione: ecco il primo e maggior servizio che i cristiani possono rendere alle donne e agli uomini del nostro tempo, segnato da odi, violenze, ingiustizie e, soprattutto, dallo smarrimento del senso vero della vita. Infatti, nulla aiuta ad affrontare il conflitto tra la morte e la vita, nel quale siamo immersi, come la fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo ed è venuto fra gli uomini perché «abbiano la vita e l' abbiano in abbondanza» (Gv 10, 10): è la fede nel Risorto, che ha vinto la morte; è la fede nel sangue di Cristo dalla voce più eloquente di quello di Abele, che dà speranza e ridona all' umanità il suo autentico volto.
2.Coraggio, non abbiate paura, annunciate che Gesù è il Signore: «In nessun altro nome c' è salvezza» (At 4, 12)!
Possa l' annuale Giornata delle Missioni trovare l' intera Chiesa pronta ad annunciare la Verità e l' Amore di Dio specialmente per gli uomini e le donne non ancora raggiunti dalla Buona Notizia di Gesù Cristo!
Con grande affetto e riconoscenza mi rivolgo, innanzitutto, a voi, cari missionari e missionarie, e, particolarmente, a coloro che stanno soffrendo per il nome di Gesù.
Dite a tutti che «aprirsi all' amore di Cristo è la vera liberazione. In Lui, soltanto in Lui siamo liberati da ogni alienazione e smarrimento, dalla schiavitù al potere del peccato e della morte» (Lett. enc. Redemptoris missio, 11). E' Lui via e verità, resurrezione e vita (cfr Gv 14, 6; 11, 25), è Lui il «Verbo della vita» (cfr Gv 1, 1)!
Annunciate Cristo con la Parola, annunciatelo con gesti concreti di solidarietà, rendete visibile il suo amore per l' uomo, ponendovi, con la Chiesa e nella Chiesa, sempre «in prima linea su queste frontiere della carità» dove «tanti suoi figli e figlie, specialmente religiose e religiosi, in forme antiche e sempre nuove, hanno consacrato e continuano a consacrare la loro vita a Dio donandola per amore del prossimo più debole e bisognoso» (Lett. enc. Evangelium vitae, 27).
La vostra vocazione speciale ad gentes e ad vitam conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell' impegno missionario di tutta la Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi. Avete consacrato a Dio la vita per testimoniare fra le genti il Risorto: non lasciatevi intimorire da dubbi, difficoltà, rifiuti, persecuzioni; rivivendo la grazia del vostro carisma specifico, continuate senza tentennamenti il cammino che con tanta fede e generosità avete intrapreso (cfr Lett. enc. Redemptoris missio, 66).
3.La medesima esortazione rivolgo alle Chiese di antica e di recente fondazione, ai loro Pastori, «consacrati non soltanto per una diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo» (AG, 38), spesso provati dalla mancanza di vocazioni e di mezzi. Mi rivolgo singolarmente alle comunità cristiane in situazione di minoranza.
Riascoltando la parola del Maestro: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto darvi il suo regno» (Lc 12, 32), fate trasparire la gioia della fede nell' unico Redentore, date ragione della speranza che vi anima e testimoniate l' amore che in Gesù Cristo vi ha intimamente rinnovati.
Per essere artefice della nuova evangelizzazione, ogni comunità cristiana deve far propria la logica del dono e della gratuità, che trova nella missione ad gentes non solo l' occasione per sostenere chi è nel bisogno spirituale e materiale, ma soprattutto una straordinaria opportunità di crescita verso la maturità della fede.
4.L' annuncio coraggioso del Vangelo è affidato in modo speciale a voi giovani. A Manila vi ricordavo che il Signore «esigerà molte cose da voi; chiederà il massimo impegno di tutto il vostro essere nell' annuncio del Vangelo e nel servizio del suo Popolo. Ma non abbiate paura! Le sue richieste sono anche la misura del suo amore per ognuno di voi» (OR 14.1.1995). Non lasciatevi intristire e impoverire ripiegandovi su voi stessi; aprite la mente e il cuore agli infiniti orizzonti della missione. Non temete! Se il Signore vi chiama a partire dalla vostra terra per andare verso altri popoli, altre culture, altre comunità ecclesiali, aderite generosamente al suo invito. Ed io vorrei ripetervi ancora una volta: «Venite con me nel Terzo Millennio a salvare il mondo» (cfr ibid.).
Alle famiglie, ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi e a tutti i credenti in Cristo. Ripeto: Abbiate sempre l' audacia di annunciare il Signore Gesù . Ogni credente è chiamato a cooperare alla diffusione del Vangelo e a vivere lo spirito e i gesti della missione nel dono gratuito di sé ai fratelli. Come ricordavo nell' Enciclica «Evangelium vitae», siamo un popolo di inviati e sappiamo che «nel nostro cammino ci guida e ci sostiene la legge dell' amore: è l' amore di cui è sorgente e modello il Figlio di Dio fatto uomo, che morendo ha dato la vita al mondo» (n. 79).
5.Carissimi Fratelli e Sorelle! La Giornata Missionaria Mondiale sia per tutti i cristiani una grande occasione per verificare il proprio amore per Cristo e per il prossimo. Sia inoltre opportuna circostanza per prendere coscienza che nessuno deve far mancare la preghiera, il sacrificio, e l' aiuto concreto alle missioni, avamposti della civiltà dell' amore. Lo Spirito del Signore anima e porta a compimento ogni progetto missionario.
Mentre incoraggio e benedico quanti attivamente si dedicano all' azione missionaria, penso in particolare ai responsabili della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, alla quale è affidata l' animazione di questa Giornata, e a coloro che sono impegnati nelle altre Pontificie Opere Missionarie, indispensabili strutture di formazione per la cooperazione, e preziosi strumenti per aiutare in maniera equa e attenta tutti i missionari.
Maria, Regina dell' evangelizzazione, sostenga e guidi il prezioso lavoro degli operai del Vangelo e doni ai cristiani gioia ed entusiasmo sempre nuovi per annunciare Gesù Cristo con la parola e con la vita.
A tutti, quale conforto nei rispettivi compiti a servizio del Vangelo, invio una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 Giugno, Solennità della Santissima Trinità, dell' anno 1995, diciassettesimo di Pontificato.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  1996


1.«Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (At 1, 8).
Carissimi Fratelli e Sorelle, alle soglie del Terzo Millennio, il Signore Gesù ripete con particolare vigore a tutta la Chiesa le stesse parole che disse un giorno agli Apostoli, prima dell' Ascensione; parole nelle quali è racchiusa l' essenza della vocazione cristiana. Chi è, infatti, il cristiano? Un uomo «conquistato» da Cristo (Fil 3,12) e perciò desideroso di farlo conoscere ed amare dappertutto, «fino agli estremi confini della terra». La fede ci spinge ad essere missionari, suoi testimoni. Se questo non accade, significa che si tratta ancora di una fede incompleta, parziale, non matura.
In occasione della Giornata Missionaria Mondiale esorto, pertanto, ciascuno di voi a lasciarsi interpellare personalmente dal Signore, di fronte alle sfide apostoliche del nostro tempo.
2.«La missione è un problema di fede, è l' indice esatto della nostra fede in Cristo e nel suo amore per noi» (Redemptoris missio, 11). Fede e missione vanno di pari passo: più la prima è robusta e profonda, più si avvertirà il bisogno di comunicarla, condividerla, testimoniarla. Se, al contrario, si affievolisce, lo slancio missionario s' attenua e perde vigore la capacità di testimonianza. È sempre avvenuto così nella storia della Chiesa: la perdita di vitalità nella spinta missionaria è stata ogni volta sintomo di una crisi di fede. Ciò non accade forse perché manca la convinzione profonda che «la fede si rafforza donandola» (ivi, 2), che proprio annunziando e testimoniando Cristo si può ritrovare entusiasmo e riscoprire il cammino per una vita più evangelica? Possiamo dire che la missione è il più sicuro «antidoto» contro la crisi della fede. Attraverso l' impegno missionario, ogni membro del Popolo di Dio rinvigorisce la propria identità, comprendendo a fondo che non si può essere cristiani autentici senza essere testimoni.
3.Incorporato nella Chiesa con il Battesimo, ogni cristiano è chiamato ad essere missionario e testimone. Questo è il mandato esplicito del Signore. E lo Spirito Santo invia ogni battezzato a proclamare e testimoniare Cristo a tutte le genti: dovere, quindi, e privilegio, poiché è un invito a cooperare con Dio per la salvezza di ciascuno e dell' intera umanità. Ci è stata infatti «concessa questa grazia di annunziare ai gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8).
E come lo Spirito trasformò il nucleo dei primi discepoli in apostoli coraggiosi del Signore e annunciatori illuminati della sua Parola, così Egli continua a preparare i testimoni del Vangelo nel nostro tempo.
4.La Giornata Missionaria Mondiale ricorda a tutti questo dovere e questa «grazia», di comunicare agli uomini non «una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere» (Redemptoris missio, 11), ma la gioiosa esperienza di una «Presenza viva», che deve trasparire in ogni battezzato suscitando negli altri - come rilevava il mio venerato predecessore Paolo VI - «domande irresistibili: perché sono così? perché vivono in tal modo?» (Evangelii nuntiandi, 21). La missione è, perciò, insieme «testimonianza e irradiazione» (Redemptoris missio, 26). Se, infatti, saremo veramente docili all' azione dello Spirito, riusciremo a riprodurre e ad irradiare all' esterno il Mistero d' amore che in noi abita (cfr Gv 14, 23). Di esso siamo i testimoni. Testimoni di fede luminosa ed integra, di carità operosa, paziente e benigna (cfr 1 Cor 13,4), di servizio per le tante povertà dell' uomo contemporaneo. Testimoni della speranza che non delude e della profonda comunione che riflette la vita di Dio-Trinità, dell' obbedienza e della croce: in breve, testimoni di santità, «uomini delle beatitudini», chiamati a divenire perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5, 48). Tale è l' identità del cristiano-testimone, «copia», «segno» e «irradiazione vivente» di Gesù.
Da un Popolo di Dio così impegnato non mancheranno di nascere numerose vocazioni missionarie: giovani capaci di perdere la propria vita per Cristo (cfr Mc 8,35) nell' affascinante avventura della missione alle genti. Quante volte, durante i Viaggi apostolici, mi è capitato di vedere la messe biondeggiante (cfr Gv 4,35) e di sentirmi dire che mancano missionari, sacerdoti, fratelli, suore, persone consacrate per il Vangelo! La Giornata Missionaria Mondiale ha un significato se stimola nelle parrocchie e nelle famiglie cristiane la preghiera per le vocazioni missionarie e suscita un ambiente adatto per la loro maturazione.
5.L' identità del cristiano-testimone è connotata dalla presenza ineliminabile e qualificante della Croce. Senza di essa non può sussistere autentica testimonianza. La Croce è infatti condizione irrinunciabile per tutti coloro che decidono fermamente di seguire il Signore: «Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23). Tutti i testimoni di Dio e di Cristo, a cominciare dagli Apostoli, conoscono la persecuzione a causa di Lui: «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 20). È questa un' eredità che Gesù ha lasciato ai suoi e che ciascuno deve accogliere ed incarnare nella propria vita. Il Golgota è il passaggio obbligato per la Resurrezione.
È «Croce», infatti, l' imitazione di Cristo nella testimonianza fedele e nel paziente e perseverante lavoro quotidiano. È «Croce» l' andare controcorrente, orientando le proprie scelte secondo i comandamenti di Dio nonostante incomprensioni, impopolarità, emarginazione; «Croce» è pure la denuncia profetica dell' ingiustizia, delle libertà conculcate, dei diritti violati; lo è dover vivere là dove la Chiesa è più osteggiata, impedita, perseguitata. Come non rivolgere, a questo punto, il pensiero a quei nostri fratelli e sorelle ed intere comunità che in tante parti del mondo offrono la splendida testimonianza di una vita cristiana integralmente donata a Cristo ed alla Chiesa, nonostante l' ostilità e la persecuzione dell' ambiente esterno? Ogni anno si registra la testimonianza eroica di nuovi «martiri», che versano il loro sangue per restare fedeli al Signore. La Chiesa s' inchina di fronte al loro sacrificio e si stringe con la preghiera e l' amore fraterno attorno ai credenti che soffrono violenza, invitandoli a non perdersi d' animo, a non temere. Cristo è con voi, fratelli carissimi ed amatissimi!
6.Nell' animazione missionaria svolgono un ruolo importante le Pontificie Opere Missionarie, che hanno il compito di formare le Chiese locali ed i fedeli al senso missionario della fede. Importantissimo è il loro ruolo per la crescita delle diocesi, delle parrocchie e delle famiglie cristiane.
Ai battezzati Cristo oggi chiede: «Mi siete testimoni?». E ciascuno è invitato ad interrogarsi con sincerità: «Offro al mondo la testimonianza che il Signore chiede da me? Vivo una fede forte, serena, gioiosa, oppure presento l' immagine di un' esistenza cristiana illanguidita, deformata da compromessi e adattamenti di comodo?».
Opportunamente le Pontificie Opere Missionarie intendono porsi al servizio della testimonianza missionaria insistendo, nell' opera di sensibilizzazione, sul primato della santità. Come scrivevo nella Redemptoris missio, «il vero missionario è il santo. ... Ogni missionario è autenticamente tale solo se s' impegna nella via della santità... Occorre suscitare un nuovo ardore di santità tra i missionari ed in tutta la comunità cristiana, in particolare fra coloro che sono i più stretti collaboratori dei missionari» (n. 90).
7.Quanto più efficace sarà quest' opera di sensibilizzazione, tanto più la famiglia dei credenti assumerà di fronte al mondo l' aspetto e il ruolo di autentica comunità di testimoni per la missione «ad gentes», ed ogni fedele potrà prendere rinnovata coscienza dell' obbligo che gli incombe di aprire il cuore a quanti nelle missioni vivono spesso in situazioni di drammatica indigenza materiale e spirituale. Da tale consapevolezza scaturirà certamente l' impegno a farsi carico dei bisogni dei fratelli più poveri. Crescerà così la coscienza missionaria aperta all' universalità della Chiesa. Ne seguirà un' attiva partecipazione allo sforzo della nuova evangelizzazione, che caratterizza questi anni di immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000.
«In prossimità del Terzo Millennio della redenzione, Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si intravede l' inizio» (Redemptoris missio, 86). Con tale certezza, rinnovo l' invito «a vivere più profondamente il mistero di Cristo, collaborando con gratitudine all' opera della salvezza» (ivi, 92). Nell' invocare la protezione di Maria, Stella dell' evangelizzazione, particolarmente sui Missionari e sulle Missionarie, come pure su quanti in diversi modi spendono le loro energie al servizio della Missione, di cuore imparto a ciascuno l' Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, 28 Maggio 1996


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  1997


"Lo Spirito del Signore è sopra di me...; e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18); "Bisogna che io annunzi il Regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato" (Lc 4,43).
1. Carissimi Fratelli e Sorelle! La Giornata Missionaria Mondiale costituisce una celebrazione importante nella vita della Chiesa. Si può dire che il suo rilievo aumenti man mano che ci si avvicina alla soglia dell'anno Duemila. La Chiesa, consapevole com'è che, all'infuori di Cristo, "non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12), fa proprie, oggi più che mai, le parole dell'Apostolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16).

Credo pertanto opportuno, in questa prospettiva, richiamare l'attenzione su alcuni punti fondamentali della Buona Novella, che la Chiesa è chiamata a proclamare e a portare alle genti nel nuovo Millennio.

2. Gesù Cristo, l'inviato del Padre, il primo Missionario, è l'unico Salvatore del mondo. Egli è la Via, la Verità, la Vita: come lo era ieri, così lo è oggi e lo sarà domani, sino alla fine dei tempi, quando tutte le cose saranno per sempre in Lui ricapitolate. La salvezza che Gesù ha portato penetra nelle profondità più intime della persona, liberandola dal dominio del Maligno, dal peccato e dalla morte eterna. In positivo, la salvezza è avvento della "vita nuova" in Cristo. Essa è dono gratuito di Dio che sollecita la libera adesione dell'uomo: va, infatti, conquistata giorno per giorno "a prezzo di uno sforzo crocifiggente" (cfr Esortaz. ap. Evangelii nuntiandi, 10). E' necessaria, pertanto, la nostra personale, instancabile collaborazione mediante l'assenso docile della volontà al progetto di Dio. E' così che si arriva al sicuro e definitivo approdo che Cristo ci ha ottenuto con la Croce. Non c'è liberazione alternativa, grazie alla quale giungere al possesso della vera pace e della gioia, che, sola, può scaturire dall'incontro col Dio-Verità: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32).
Ecco, in breve, il "lieto annunzio" che Cristo è stato inviato a portare ai "poveri", ai prigionieri delle tante schiavitù di questo mondo, agli "afflitti" di ogni tempo e latitudine, a tutti gli uomini, poiché ad ogni uomo la salvezza è diretta ed ogni uomo sulla faccia della terra ha il diritto di venirne a conoscenza: ne va del suo destino eterno. "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato" (Rm 10, 13), ricorda san Paolo.

3. Nessun uomo, però, potrà mai invocare Gesù, credere in Lui, se non ne avrà prima sentito parlare, se cioè quel nome non gli sarà stato prima fatto conoscere (cfr Rm 10,14-15). Di qui il mandato supremo del Maestro ai suoi prima del ritorno al Padre: "Andate..., ammaestrate" (Mt 28,19); "Predicate..., chi crederà e sarà battezzato sarà salvo" (Mc 16,16). Di qui la consegna da Lui affidata alla Chiesa, inviata a prolungare nel tempo la sua opera, come "sacramento universale" della salvezza (Lumen gentium 48) e "canale del dono della grazia" (Esortaz. ap. Evangelii nuntiandi, 14) per tutta l'umanità.
Ne deriva "il privilegio" ed insieme "il gravissimo obbligo" (cfr Messaggio per la Giornata Missionaria del 1996) che, proprio in virtù della fede ricevuta, spetta a tutti coloro che nella Chiesa sono incorporati: "privilegio", "grazia" e "obbligo" di prender parte allo sforzo globale della evangelizzazione.
Dinanzi ai molti che, pur amati dal Padre (cfr Enc. Redemptoris missio, 3), non sono stati ancora raggiunti dalla Buona Novella della salvezza, il cristiano non può non avvertire nella propria coscienza il brivido che scosse l'apostolo Paolo, facendolo prorompere nel "guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1 Cor 9,16). In qualche misura, infatti, ciascuno è responsabile in prima persona, davanti a Dio, della "fede mancata" di milioni di uomini.

4. La vastità dell'impresa e la constatazione della inadeguatezza delle proprie forze può talora indurre allo scoraggiamento, ma non bisogna lasciarsi intimorire: non siamo soli. Il Signore stesso ci ha rassicurato: "Sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20); "Non vi lascerò orfani" (Gv 14,18); "Vi manderò il Consolatore" (Gv 16,7).
Ci sia di conforto, specie nei momenti di buio e di prova, tener presente che, per quanto lodevoli e indispensabili siano gli sforzi dell'uomo, la missione rimane pur sempre, primariamente, opera di Dio, opera dello Spirito Santo, il Consolatore, che ne è l'indiscusso "protagonista" (cfr Enc. Redemptoris missio, 21). Essa avviene nello Spirito, è "invio nello Spirito" (ivi 22). E', infatti, grazie all'azione dello Spirito che il Vangelo "prende corpo nelle coscienze e nei cuori umani e si espande nella storia" (Enc. Dominum et vivificantem, 42).
Ogni cristiano, proprio per l'"unzione" ricevuta nel Battesimo e nella Cresima, può, anzi, deve applicare a se stesso le parole del Signore, credendo fermamente che anche su di lui "è" lo Spirito Santo, il quale lo invia a proclamare la Buona Novella e coopera col suo sostegno ad ogni iniziativa di apostolato.

5. Esemplare risposta alla universale chiamata alla responsabilità nell'opera missionaria è quella data a suo tempo da santa Teresa del Bambino Gesù, di cui quest'anno commemoriamo il centenario della morte. La vicenda e l'insegnamento di Teresa sottolineano il legame strettissimo che esiste tra missione e contemplazione. Non può infatti esservi missione senza una intensa vita di preghiera e di profonda comunione col Signore e col suo sacrificio sulla Croce.
Star seduti ai piedi del Maestro (cfr Lc 10,39) costituisce senza dubbio l'inizio di ogni attività autenticamente apostolica. Ma se questo è il punto di partenza, c'è poi tutto un cammino da percorrere, che ha le sue tappe obbligate nel sacrificio e nella croce. L'incontro col Cristo "vivo" è anche incontro col Cristo "assetato", con quel Cristo che, inchiodato alla Croce, grida attraverso i secoli la sua "sete" ardente di anime da salvare (cfr Gv 19, 28).
E per saziare la sete di Dio-Amore, e insieme la nostra sete, altro mezzo non vi è che amare e lasciarsi amare. Amare, assimilando profondamente l'ardente desiderio di Cristo "che tutti gli uomini siano salvati" (1 Tim 2,4); lasciarsi amare, permettendoGli di servirsi di noi secondo "le sue vie che non sono le nostre vie" (cfr Is 55,8), per far sì che tutti gli uomini, sotto ogni cielo, possano a loro volta conoscerLo e raggiungere la salvezza.

6. Certo, non tutti sono chiamati a partire per le missioni: "Si è, infatti, missionari prima di tutto per ciò che si è, prima di esserlo per ciò che si dice o si fa" (Enc. Redemptoris missio, 23). Non è determinante il "dove", ma il "come". Si può essere autentici apostoli, e nel modo più fecondo, anche tra le pareti domestiche, nel posto di lavoro, in un letto di ospedale, nella clausura di un convento...: quel che conta è che il cuore bruci di quella divina carità che - sola - può trasformare in luce, fuoco e nuova vita per tutto il Corpo Mistico, fino ai confini della terra, non soltanto le sofferenze fisiche e morali, ma anche la fatica stessa della quotidianità.

7. Carissimi Fratelli e Sorelle, auspico di cuore che, alle soglie del nuovo Millennio, la Chiesa intera sperimenti un nuovo slancio di impegno missionario. Ciascun battezzato faccia suo e cerchi di vivere al meglio, secondo la sua personale situazione, il programma della santa Patrona delle missioni: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, sarò l'amore... così sarò tutto!".
Maria, Madre e Regina degli Apostoli che, presente nel Cenacolo con i discepoli, attese in preghiera l'effusione dello Spirito ed accompagnò sin dall'inizio il cammino eroico dei missionari, ispiri oggi i credenti ad imitarla nella sollecitudine premurosa e solidale per il vasto campo dell'azione missionaria.
Con questi sentimenti, mentre incoraggio ogni iniziativa di cooperazione missionaria nel mondo, di cuore tutti benedico.
Dal Vaticano, 18 maggio 1997, Solennità di Pentecoste.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1998

“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1,8).
1. La Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, dedicato allo Spirito Santo, il secondo di immediata preparazione al Grande Giubileo del 2000, non può che avere in Lui il suo punto di riferimento. Lo Spirito, infatti, è il protagonista di tutta la missione ecclesiale, la cui “opera rifulge eminentemente nella missione ad gentes, come appare nella Chiesa primitiva” (Redemptoris missio, 21).
Non è certo possibile comprendere l’azione dello Spirito nella Chiesa e nel mondo con analisi statistiche o con altri sussidi delle scienze umane, perché essa si situa su un altro piano, che è quello della grazia, percepito dalla fede. Si tratta di un’azione spesso nascosta, misteriosa, ma sicuramente efficace. Lo Spirito Santo non ha perso la forza propulsiva che aveva all’epoca della Chiesa nascente; agisce oggi come ai tempi di Gesù e degli Apostoli. Le meraviglie da Lui compiute, riferite negli Atti degli Apostoli, si ripetono ai nostri giorni, ma spesso rimangono sconosciute, giacche in molte parti del mondo l’umanità vive ormai in culture secolarizzate, che interpretano la realtà come se Dio non esistesse.
La Giornata Missionaria Mondiale viene allora a richiamare opportunamente la nostra attenzione sulle meravigliose iniziative dello Spirito Santo, perché si rafforzi in noi la fede e ci sia, grazie proprio all’azione dello Spirito, un grande risveglio missionario nella Chiesa. Non è, infatti, il rinvigorimento della fede e della testimonianza dei cristiani l’obiettivo prioritario del Giubileo?
2. La consapevolezza che lo Spirito agisce nel cuore dei credenti e interviene negli eventi della storia invita all’ottimismo della speranza. Il primo grande segno di tale azione, che vorrei proporre alla comune riflessione, è paradossalmente la stessa crisi che attraversa il mondo moderno: un fenomeno complesso che, nella sua negatività, suscita spesso, per reazione, accorate invocazioni allo Spirito vivificante, svelando lo struggente desiderio della Buona Notizia di Cristo Salvatore presente nei cuori umani.
Come non ricordare, in proposito, la sapiente lettura del mondo contemporaneo compiuta dal Concilio Ecumenico Vaticano II nella Costituzione pastorale Gaudium et spes (nn.4-10)? In questi ultimi decenni, la crisi epocale ivi analizzata si è approfondita: il vuoto di ideali e di valori si è spesso allargato; è venuto meno il senso della Verità ed è cresciuto il relativismo morale; appare non di rado prevalere un’etica individualista, utilitaria, senza punti fermi di riferimento; da più parti si sottolinea come l’uomo moderno, quando rifiuta Dio, si ritrovi meno uomo, pieno di paure e di tensioni, chiuso in se stesso, insoddisfatto, egoista.
Le conseguenze pratiche sono ben visibili: il modello consumista, pur tanto criticato, domina sempre più; le preoccupazioni, spesso legittime, per i tanti problemi materiali, rischiano di assorbire a tal punto, che i rapporti umani diventano freddi, difficili. Le persone si scoprono aride, aggressive, incapaci di sorridere, di salutare, di dire “grazie”, di interessarsi ai problemi dell’altro. Per una complessa serie di fattori economici, sociali e culturali, le società più evolute registrano una preoccupante “sterilità”, che è insieme spirituale e demografica.
Ma proprio da queste situazioni, che portano le persone al limite della disperazione, scaturisce spesso la spinta ad invocare Colui che “è Signore e dà la vita”, perché l’uomo non può vivere senza senso e senza speranza.
3. Un secondo grande segno della presenza dello Spirito è la rinascita del senso religioso tra i popoli. Si tratta di un movimento non privo di ambiguità, che dimostra tuttavia in modo inequivocabile l’insufficienza teorica e pratica di filosofie e ideologie atee, dei materialismi che riducono l’orizzonte dell’uomo alle cose della terra. L’uomo non basta a se stesso. E’ ormai convinzione diffusa che il dominio della natura e del cosmo, le scienze e le tecniche più sofisticate non bastano all’uomo, perché non sono in grado di svelargli il senso ultimo della realtà: sono semplici strumenti, non fini per la vita dell’uomo e per il cammino dell’umanità.
E, a fianco del risveglio religioso, è importante rilevare “l’affermarsi tra i popoli di quei valori evangelici che Gesù ha incarnato nella sua vita (pace, giustizia, fraternità, dedizione ai più piccoli)” (Redemptoris missio,3). Se consideriamo la storia degli ultimi due secoli, ci rendiamo conto di come sia cresciuta nei popoli la coscienza del valore della persona umana e dei diritti dell’uomo e della donna, l’aspirazione universale alla pace, il desiderio di superare le frontiere e le divisioni razziali, la tendenza all’incontro tra popoli e culture, la tolleranza nei confronti di chi viene considerato diverso, l’impegno in azioni di solidarietà e di volontariato, il rifiuto dell’autoritarismo politico con il consolidarsi della democrazia e l’aspirazione ad una più equa giustizia internazionale in campo economico.
Come non vedere in tutto questo l’azione della Provvidenza divina, che orienta l’umanità e la storia verso condizioni di vita più dignitose per tutti? Non possiamo, pertanto, essere pessimisti. La fede in Dio invita, piuttosto, all’ottimismo, quell’ottimismo che scaturisce dal messaggio evangelico: “Se si guarda in superficie il mondo odierno, si è colpiti da non pochi fatti negativi che possono indurre al pessimismo. Ma è, questo, un sentimento ingiustificato: noi abbiamo fede in Dio… Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si intravede l’inizio” (Redemptoris missio,86).
4. Lo Spirito è presente nella Chiesa e la guida nella missione alle genti. E’ consolante sapere che non noi, ma Egli stesso è il protagonista della missione. Questo dà serenità, gioia, speranza, coraggio. Non sono i risultati che debbono preoccupare il missionario, perché essi sono nelle mani di Dio: egli deve impegnarsi con tutte le sue risorse, lasciando che sia il Signore ad agire in profondità. Lo Spirito, inoltre, allarga la prospettiva della missione ecclesiale ai confini del mondo intero. A questo ci richiama ogni anno la Giornata Missionaria Mondiale, sottolineando l’esigenza di non circoscrivere mai gli orizzonti dell’evangelizzazione, ma di tenerli sempre aperti alle dimensioni dell’intera umanità.
Persino il fatto che nella Chiesa, nata dalla croce di Cristo, ancora oggi ci sia persecuzione e martirio, diviene un forte segno di speranza per la missione. Come non ricordare, in proposito, che missionari e semplici fedeli continuano a dare la vita per il nome di Gesù? Anche la storia di questi ultimi anni dimostra che la persecuzione suscita nuovi cristiani e che la sofferenza, affrontata per Cristo e per il Vangelo, è indispensabile allo sviluppo del Regno di Dio. Desidero, altresì, ricordare e ringraziare le innumerevoli persone che, nel silenzio del loro servizio quotidiano, offrono a Dio le loro preghiere e sofferenze per le missioni e i missionari.
5. Nelle giovani Chiese, poi, la presenza dello Spirito si rivela con un altro segno molto forte: le giovani comunità cristiane sono entusiaste della fede ed i loro membri, specialmente i
giovani, se ne fanno propagatori convinti. Il panorama che, al riguardo, è dinanzi ai nostri occhi è consolante. Fedeli da poco convertiti, o addirittura ancora catecumeni, sentono forte il soffio dello Spirito e, entusiasti della loro fede, diventano missionari nel loro ambiente.
La loro azione apostolica si proietta pure all’esterno. In America latina, ad esempio, si sono affermati il principio e la prassi della “missione alle genti”, soprattutto dopo le due ultime Conferenze del Celam di Puebla (1979) e di Santo Domingo (1992). Si sono celebrati cinque Congressi missionari latino-americani, ed i Vescovi proclamano con orgoglio che, pur avendo ancora estrema necessità di personale apostolico, possono contare qualche migliaio di preti, suore e volontari laici in missione, soprattutto in Africa.
In questo Continente, poi, l’invio di personale apostolico da una nazione all’altra è una prassi particolare, che si va affermando come aiuto vicendevole tra le Chiese, a cui s’unisce pure la disponibilità alla missione verso l’esterno.
L’Assemblea Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi, celebrata nella primavera di quest’anno a Roma, ha messo in luce la missionarietà delle Chiese asiatiche, nelle quali sono sbocciati diversi Istituti missionari di clero secolare: in India, Filippine, Corea, Tailandia, Vietnam, Giappone. Sacerdoti e religiose asiatici operano in Africa, in Oceania, nei paesi del Medio Oriente, in America latina.
6. Dinanzi al fiorire di iniziative apostoliche in ogni angolo della terra, non è difficile notare che lo Spirito si manifesta nella diversità dei carismi, i quali arricchiscono e fanno crescere la Chiesa universale. L’apostolo Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, parla a lungo dei carismi distribuiti per far crescere la Chiesa (cap.12-14). Il “tempo dello Spirito” che stiamo vivendo, ci orienta sempre più verso una varietà di espressioni, un pluralismo di metodi e di forme, in cui si manifestano la ricchezza e la vivacità della Chiesa. Ecco l’importanza delle missioni e delle giovani Comunità ecclesiali, che già hanno favorito silenziosamente, secondo lo stile dello Spirito Santo, un benefico rinnovamento nella loro vita. E’ fuor di dubbio che il terzo millennio si profili come un rinnovato appello alla missione universale e, al tempo stesso, all’inculturazione del Vangelo da parte delle varie Chiese locali.
7. Scrivevo nell’Enciclica Redemptoris missio: “Nella storia della Chiesa la spinta missionaria è sempre stata segno di vitalità, come la sua diminuzione è segno di una crisi di fede… La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni” (n.2).
Invito pertanto a riaffermare, contro ogni pessimismo, la fede nell’azione dello Spirito, che chiama tutti i credenti alla santità e all’impegno missionario. Abbiamo appena celebrato il 175° anniversario dell’Opera della Propagazione della Fede, fondata a Lione nel 1822 da una giovane laica, Paolina Jaricot, della quale è in corso la causa di canonizzazione. Con felice intuizione, questa iniziativa ha favorito la crescita nella Chiesa di alcuni valori fondamentali, oggi diffusi dalle Pontificie Opere Missionarie: il valore della missione stessa, capace di rigenerare nella Chiesa la vitalità della fede, che si incrementa quando c’è l’impegno di comunicarla agli altri: “La fede si rafforza donandola!” (Redemptoris missio, 2); il valore dell’universalità dell’impegno missionario, giacche tutti, senza eccezione, sono chiamati a collaborare con generosità alla missione della Chiesa; la preghiera, l’offerta delle proprie sofferenze e la testimonianza di vita come elementi primari per la missione, alla portata di tutti i figli e le figlie di Dio.
Ricordo, infine, il valore della vocazione missionaria “ad vitam”: se la Chiesa tutta è missionaria per ragione della propria natura, i missionari e le missionarie “ad vitam” ne sono il paradigma. Colgo, pertanto, questa occasione per rinnovare il mio appello a tutti coloro che, specialmente giovani, sono impegnati nella Chiesa: “La missione… è ancora ben lontana dal suo compimento” sottolineavo nella Redemptoris missio (n.1) e per questo bisogna ascoltare la voce di Cristo che ancora oggi chiama: “Venite dietro a me e vi farò diventare pescatori di uomini” (cfr Mt 4,19). Non abbiate paura! Aprite le porte del vostro cuore e della vostra vita a Cristo! Lasciatevi coinvolgere nella missione dell’annuncio del Regno di Dio: per questo il Signore “è stato mandato” (cfr Lc 4,43) ed ha trasmesso la medesima missione ai suoi discepoli di tutti i tempi. Iddio, che non si lascia vincere in generosità, vi darà il cento per uno, e la vita eterna (cfr Mt 19,29).
Mentre affido a Maria, modello di missionarietà e Madre della Chiesa missionaria, tutti coloro che ad gentes o nel proprio territorio, in ogni stato di vita, cooperano all’annuncio del Vangelo, di cuore invio a ciascuno la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 31 maggio 1998, Solennità della Pentecoste


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  1999

Domenica 24 ottobre 1999
1. Ogni anno, la Giornata Missionaria Mondiale costituisce per la Chiesa una preziosa occasione per riflettere sulla sua natura missionaria. Sempre memore del mandato di Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28, 19), la Chiesa è consapevole di essere chiamata ad annunciare agli uomini d'ogni tempo e d'ogni luogo l'amore dell'unico Padre, che in Gesù Cristo vuole riunire i suoi figli dispersi (cfr Gv 11, 52).
In quest'ultimo anno del secolo che ci prepara al Grande Giubileo del 2000, forte è l'invito a levare lo sguardo ed il cuore verso il Padre, per conoscerlo "quale egli è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato" (CCC 2779). Leggendo sotto questa ottica il "Padre nostro", preghiera che lo stesso Divin Maestro ci ha insegnato, possiamo comprendere più facilmente quale sia la sorgente dell'impegno apostolico della Chiesa e quali le motivazioni fondamentali che la rendono missionaria "fino agli estremi confini della terra".
Padre nostro che sei nei cieli
2. Missionaria è la Chiesa, perché annuncia instancabilmente che Dio è Padre, pieno di amore per tutti gli uomini. Ogni essere umano ed ogni popolo cerca, talora persino inconsapevolmente, il volto misterioso di Dio, che però solo il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, ci ha rivelato appieno (cfr Gv 1,18). Dio è "Padre del Signore nostro Gesù Cristo", e "vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità" (1Tim 2, 4). Quanti accolgono la sua grazia scoprono con stupore di essere figli dell'unico Padre e si sentono debitori verso tutti dell'annuncio della salvezza.
Nel mondo contemporaneo molti ancora, però, non riconoscono il Dio di Gesù Cristo come Creatore e Padre. Alcuni, talora anche per colpa dei credenti, hanno optato per l'indifferenza e l'ateismo; altri, coltivando una vaga religiosità, si sono costruiti un Dio a propria immagine e somiglianza; altri lo considerano un essere totalmente irraggiungibile.
Compito dei credenti è proclamare e testimoniare che, "pur abitando una luce inaccessibile" (1Tim 6,16), il Padre celeste nel suo Figlio, incarnato nel seno di Maria Vergine, morto e risorto, si è fatto vicino ad ogni uomo e lo rende capace di "rispondergli, di conoscerlo e di amarlo" (cfr CCC 52).
Sia santificato il tuo nome
3. La consapevolezza che l'incontro con Dio promuove ed esalta la dignità dell'uomo porta il cristiano a pregare così: "Sia santificato il tuo nome", cioè: "Si faccia luminosa in noi la conoscenza di te, affinché possiamo conoscere l'ampiezza dei tuoi benefici, l'estensione delle tue promesse, la sublimità della tua maestà e la profondità dei tuoi giudizi" (San Francesco, Fonti Francescane, 268).
Il cristiano domanda che Dio sia santificato nei suoi figli di adozione, come pure in quanti non sono ancora stati raggiunti dalla sua rivelazione, nella consapevolezza che è mediante la santità che Egli salva l'intera creazione.
Perché il nome di Dio sia santificato tra le Nazioni, la Chiesa opera per il coinvolgimento dell'umanità e del creato nel disegno che il Creatore, "nella sua benevolenza, aveva prestabilito", "per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità" (cfr Ef 1,9.4).
Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà
4. Con tali parole i credenti invocano l'avvento del Regno divino ed il ritorno glorioso di Cristo. Questo desiderio, però, non li distoglie dalla quotidiana missione nel mondo; anzi, li impegna maggiormente. La venuta del Regno ora è opera dello Spirito Santo, che il Signore ha inviato "a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere ogni santificazione" (Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV).
Nella cultura moderna è diffuso un senso d'attesa di una nuova era di pace, di benessere, di solidarietà, di rispetto dei diritti, di amore universale. Illuminata dallo Spirito, la Chiesa annuncia che questo regno di giustizia, di pace e di amore, già proclamato nel Vangelo, si realizza misteriosamente con lo scorrere dei secoli, grazie a persone, famiglie e comunità che scelgono di vivere in modo radicale gli insegnamenti di Cristo, secondo lo spirito delle Beatitudini. Mediante il loro impegno, la stessa società temporale è stimolata ad evolvere verso traguardi di maggiore giustizia e solidarietà.
La Chiesa proclama, altresì, che la volontà del Padre è "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tim 2,4) mediante l'adesione a Cristo il cui comandamento, "che compendia tutti gli altri e ci manifesta la sua volontà, è che ci amiamo gli uni gli altri, come egli ci ha amato" (CCC 2822).
Gesù ci invita a pregare per questo ed insegna che si entra nel Regno dei cieli non dicendo "Signore, Signore", ma facendo "la volontà del Padre" suo "che è nei cieli" (Mt 7,21).
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
5. Nel nostro tempo è molto forte la coscienza che tutti hanno diritto al "pane quotidiano", cioè al necessario per vivere. E' altrettanto sentita l'esigenza d'una doverosa equità e di una condivisa solidarietà che unisca tra loro gli esseri umani. Ciò nonostante, moltissimi di loro vivono ancora in modo non consono alla loro dignità di persone. Basti pensare alle sacche di miseria e di analfabetismo che esistono in alcuni Continenti, alla carenza di alloggi e alla mancanza di assistenza sanitaria e di lavoro, alle oppressioni politiche ed alle guerre che distruggono popoli di intere regioni della terra.
Qual è il compito dei cristiani di fronte a tali drammatici scenari? Che rapporto ha la fede nel Dio vivo e vero con la soluzione dei problemi che tormentano l'umanità? Come ho scritto nella Redemptoris missio, "lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. E' l'uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica. La Chiesa educa le coscienze rivelando ai popoli quel Dio che cercano ma non conoscono, la grandezza dell'uomo creato ad immagine di Dio e da lui amato, l'eguaglianza di tutti gli uomini come figli di Dio..." (n. 58). Annunziando che gli uomini sono figli dello stesso Padre, e quindi fratelli, la Chiesa offre il suo contributo alla costruzione di un mondo caratterizzato dall'autentica fraternità.
La comunità cristiana è chiamata a cooperare allo sviluppo e alla pace con opere di promozione umana, con istituzioni educative e formative al servizio dei giovani, con la costante denuncia delle oppressioni e delle ingiustizie di ogni genere. Lo specifico apporto della Chiesa è però l'annuncio del Vangelo, la formazione cristiana dei singoli, delle famiglie, delle comunità, essendo essa ben conscia che la sua missione "non è di operare direttamente sul piano economico o tecnico o politico o di dare un contributo materiale allo sviluppo, ma consiste essenzialmente nell'offrire ai popoli non un «avere di più», ma un «essere di più», risvegliando le coscienze col Vangelo. L'autentico sviluppo umano deve affondare le sue radici in un'evangelizzazione sempre più profonda" (ibid., n. 58).
Rimetti a noi i nostri debiti
6. Nella storia dell'umanità, sin dagli inizi, è presente il peccato. Esso incrina il legame originario della creatura con Dio, con gravi conseguenze per la sua vita e per quella degli altri. Oggi poi, come non sottolineare che le molteplici espressioni del male e del peccato trovano spesso un alleato nei mezzi di comunicazione sociale? E come non osservare che "per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali" (Redemptoris Missio, n. 37/c), è costituito proprio dai vari mass-media?
Il lavoro missionario non può non recare ad individui e popoli il lieto annuncio della bontà misericordiosa del Signore. Il Padre che è nei cieli, come chiaramente mostra la parabola del figliol prodigo, è buono e perdona il peccatore pentito, dimentica la colpa e ridona serenità e pace. Ecco l'autentico volto di Dio, Padre pieno di amore, che dà forza per vincere il male col bene e rende capace chi ricambia il suo amore di contribuire alla redenzione del mondo.
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
7. La Chiesa è chiamata, con la sua missione, a rendere presente la rassicurante realtà della paternità divina non solo con le parole, ma soprattutto con la santità dei missionari e del popolo di Dio. "La rinnovata spinta verso la missione alle genti - scrivevo nella Redemptoris Missio - esige missionari santi. Non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede; occorre suscitare un nuovo «ardore di santità» fra i missionari e in tutta la comunità cristiana" (n. 90).
Di fronte alle terribili e molteplici conseguenze del peccato, i credenti hanno il compito di offrire segni di perdono e di amore. Solo se nella loro vita hanno già sperimentato l'amore di Dio possono essere capaci di amare gli altri in maniera generosa e trasparente. Il perdono è un'alta espressione della carità divina, data in dono a chi insistentemente la domanda.
Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male
8. Con queste ultime domande, nel "Padre nostro" chiediamo a Dio di non permettere che prendiamo la strada del peccato e di liberarci da un male, che è spesso ispirato da un essere personale, Satana, il quale vuole ostacolare il disegno di Dio e l'opera di salvezza da Lui compiuta in Cristo.
Consapevoli di essere chiamati a portare l'annuncio della salvezza in un mondo dominato dal peccato e dal Maligno, i cristiani sono invitati ad affidarsi a Dio, domandandogli che la vittoria sul Principe del mondo (cfr Gv 14,30), conquistata una volta per tutte da Cristo, divenga esperienza quotidiana della loro vita.
In contesti sociali fortemente dominati da logiche di potere e di violenza, la missione della Chiesa è testimoniare l'amore di Dio e la forza del Vangelo, che spezzano l'odio e la vendetta, l'egoismo e l'indifferenza. Lo Spirito della Pentecoste rinnova il popolo cristiano, riscattato dal sangue di Cristo. Questo piccolo gregge è inviato dappertutto, povero di mezzi umani ma libero da condizionamenti, quale fermento di una nuova umanità.
Conclusioni finali
9. Carissimi Fratelli e Sorelle, la Giornata Missionaria offre a ciascuno l'opportunità di meglio evidenziare questa comune vocazione missionaria, che spinge i discepoli di Cristo a farsi apostoli del suo Vangelo di riconciliazione e di pace. La missione di salvezza è universale; per ogni uomo e per tutto l'uomo. E' compito di tutto il popolo di Dio, di tutti i fedeli. La missionarietà deve, pertanto, costituire la passione di ogni cristiano; passione per la salvezza del mondo e ardente impegno per instaurare il Regno del Padre.
Perché ciò avvenga, occorre un'incessante preghiera che alimenti il desiderio di portare Cristo a tutti gli uomini. Occorre l'offerta della propria sofferenza, in unione con quella del Redentore. Occorre, altresì, impegno personale nel sostenere gli organismi di cooperazione missionaria. Tra questi, esorto a tenere in particolare considerazione le Pontificie Opere Missionarie, che hanno il compito di sollecitare la preghiera per le missioni, promuoverne la causa e procurare i mezzi per la loro attività di evangelizzazione. Esse operano in stretta collaborazione con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, che coordina lo sforzo missionario in unità di intenti con le Chiese particolari e con le varie Istituzioni missionarie presenti nell'intera Comunità ecclesiale.
Celebriamo il prossimo 24 ottobre l'ultima Giornata Missionaria Mondiale di un millennio, nel quale l'opera evangelizzatrice della Chiesa ha prodotto frutti veramente straordinari. Ringraziamo il Signore per l'immenso bene compiuto dai missionari e, volgendo lo sguardo verso il futuro, aspettiamo fiduciosi l'albeggiare di un nuovo Giorno.
Quanti operano agli avamposti della Chiesa sono come le sentinelle sulle mura della Città di Dio, alle quali noi chiediamo: "Sentinella quanto resta della notte? (Is 21, 11), ricevendo la risposta: "Senti? Le tue sentinelle alzano la voce, insieme gridano di gioia, perché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion" (Is 52, 8). La loro testimonianza generosa in ogni angolo della terra annuncia "che, in prossimità del terzo millennio della Redenzione, Dio sta preparando una grande primavera cristiana, di cui già si intravede l'inizio" (Redemptoris Missio, n. 86).
Maria, la "Stella del Mattino", ci aiuti a ripetere con ardore sempre nuovo il "Fiat" al disegno di salvezza del Padre, perché tutti i popoli e tutte le lingue possano vedere la sua gloria (cfr Is 66, 18).
Con tali auspici, di cuore invio ai missionari ed a quanti promuovono la causa missionaria una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 23 maggio 1999, Solennità di Pentecoste.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,
  2000

Domenica 22 Ottobre 2000 
Cari Fratelli e Sorelle!
1. L'annuale ricorrenza della Giornata Missionaria Mondiale, che sarà celebrata il prossimo 22 ottobre 2000, ci spinge a prendere rinnovata coscienza della dimensione missionaria della Chiesa e ci ricorda l'urgenza della missione «ad gentes», che "riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e le parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali" (Lett. enc. Redemptoris missio, 2). Quest'anno, la Giornata si arricchisce di significato alla luce del Grande Giubileo, anno di grazia, celebrazione della salvezza che Dio, nel suo amore misericordioso, offre all'intera umanità. Ricordare i 2000 anni della nascita di Gesù vuol dire celebrare anche la nascita della missione: Cristo è il primo e il più grande missionario del Padre. Nata con l'incarnazione del Verbo, la missione continua nel tempo attraverso l'annuncio e la testimonianza ecclesiale. Il Giubileo è tempo favorevole, perché la Chiesa tutta si impegni, grazie allo Spirito, in un nuovo slancio missionario.
Rivolgo, pertanto, uno speciale ed accorato appello a tutti i battezzati perché, con umile coraggio, rispondendo alla chiamata del Signore e alle necessità degli uomini e delle donne della nostra epoca, si facciano araldi del Vangelo. Penso ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai laici; penso ai catechisti e agli altri operatori pastorali che, a diversi livelli, fanno della missione «ad gentes» la ragione d'essere della propria esistenza, perseverando pur in mezzo a grandi difficoltà. La Chiesa è grata alla dedizione di coloro che, tante volte, "seminano tra le lacrime..." (cfr Sal 126, 6). Sappiano che il loro sforzo e le loro sofferenze non andranno persi, ma costituiscono anzi il lievito che farà germinare nel cuore d'altri apostoli l'anelito a votarsi alla nobile causa del Vangelo. In nome della Chiesa li ringrazio e li incoraggio a perseverare nella loro generosità: Dio li ricompenserà abbondantemente.
2. Penso anche a tanti che potrebbero iniziare o approfondire il loro impegno nell'annuncio del Vangelo della Vita. In modo diverso, tutti sono invitati a continuare nella Chiesa la missione di Gesù. E' questo un titolo di gloria: l'inviato è associato in modo singolare alla persona di Cristo per compiere, come afferma il divin Maestro, le sue stesse opere: "anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Gv 14, 12). Tutti sono chiamati a collaborare partendo dalla propria situazione di vita. In questo tempo, tempo di grazia e di misericordia, avverto in modo speciale che occorre impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione «ad gentes». Nessun credente, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi al supremo dovere di annunziare Cristo a tutti i popoli (cfr Lett. enc. Redemptoris missio, 3). Nessuno può sentirsi dispensato dall'offrire la sua collaborazione allo svolgimento della missione di Cristo che continua nella Chiesa. Anzi, quanto mai attuale è l'invito di Gesù: "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20, 7).
3. Come non dedicare qui un ricordo speciale, carico di affetto e di commozione profonda, a tanti missionari, martiri della fede che, come Cristo, hanno dato la loro vita versando il proprio sangue? Sono stati innumerevoli anche nel secolo XX, in cui "la Chiesa è diventata nuovamente Chiesa di martiri" (Lett. ap. Tertio millennio adveniente, 37). Sì, il mistero della Croce è sempre presente nella vita cristiana. Scrivevo nell'Enciclica Redemptoris missio: "Come sempre nella storia cristiana i «martiri», cioè i testimoni, sono numerosi e indispensabili al cammino del Vangelo..." (n. 45). Vengono alla mente le parole di Paolo ai Filippesi: "A voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo, ma anche di soffrire per lui..." (Fil 1, 29). Lo stesso Apostolo incoraggia Timoteo, suo discepolo, a soffrire senza vergogna, insieme con lui per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio (cfr 1 Tm 1, 8). L'intera missione della Chiesa e, in modo speciale, la missione «ad gentes», ha bisogno di apostoli disposti a perseverare fino alla fine, fedeli alla missione ricevuta, seguendo la stessa strada percorsa da Cristo, "la strada della povertà, dell'obbedienza, del servizio e del sacrificio di sé fino alla morte..." (Decr. Ad gentes, 5). Possano i testimoni della fede, dei quali abbiamo fatto memoria, essere modello e stimolo per tutti i cristiani, in modo che l'annunzio di Cristo sia percepito come compito proprio da parte di ogni cristiano.
4. In questo sforzo il cristiano non è solo. E' vero che non c'è proporzione tra le forze umane e la grandezza della missione. L'esperienza più comune e più autentica è quella di non sentirsi degni di tale compito. Ma è anche vero che "la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza" (2 Cor 3, 5b-6a). Il Signore non abbandona colui che chiama al suo servizio. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20). La presenza continua del Signore nella sua Chiesa, specie nella Parola e nei Sacramenti, è garanzia per l'efficacia della sua missione. Essa oggi si realizza attraverso uomini e donne che hanno sperimentato la salvezza nella propria fragilità e debolezza e la testimoniano ai fratelli, nella consapevolezza che tutti siamo chiamati alla stessa pienezza di vita.
5. Come poc'anzi dicevo, anche la prospettiva del Grande Giubileo, che stiamo celebrando, ci induce ad un maggiore impegno missionario «ad gentes». Duemila anni dopo l'inizio della missione, sono ancora vaste le aree geografiche, culturali, umane o sociali in cui Cristo e il suo Vangelo non sono ancora penetrati. Come non sentire l'appello che emerge da questa situazione? Chi ha conosciuto la gioia dell'incontro con Cristo non può tenerla chiusa dentro di sé, deve irradiarla. Occorre venire incontro a quella inespressa invocazione del Vangelo che sale da tutte le parti del mondo, come una volta giunse all'apostolo Paolo nel corso del suo secondo viaggio: "Passa in Macedonia e aiutaci!" (At 16,9). L'evangelizzazione è un "aiuto" offerto all'uomo, giacché il Figlio di Dio si è fatto carne per rendere possibile all'uomo ciò che con le sole sue forze non potrebbe conseguire: "l'amicizia con Dio, la sua grazia, la vita soprannaturale, l'unica in cui possono risolversi le più profonde aspirazioni del cuore umano... La Chiesa annunziando Gesù di Nazareth, vero Dio e Uomo perfetto, apre davanti ad ogni essere umano la prospettiva di essere «divinizzato» e così diventare più uomo. E' questa l'unica via mediante la quale il mondo può scoprire l'alta vocazione a cui è chiamato e realizzarla nella salvezza operata da Dio" (Bolla Incarnationis mysterium, 2).
Dobbiamo inoltre essere profondamente persuasi del fatto che l'evangelizzazione costituisce anche un ottimo servizio reso all'umanità, in quanto la dispone a realizzare il progetto di Dio, che vuole unire a sé tutti gli uomini, facendone un popolo di fratelli liberi dalle ingiustizie e animati da sentimenti di autentica solidarietà.
6. Desidero ora volgere lo sguardo ai numerosi protagonisti della missione specifica «ad gentes»: i Vescovi, in primo luogo, e i loro collaboratori, i sacerdoti, ricordando al tempo stesso l'opera degli Istituti missionari, maschili e femminili. Una parola speciale sento di dover dedicare ai catechisti in terra di missione: sono essi "coloro che meritano, in modo tutto speciale, questo titolo di «catechisti»... Chiese ora fiorenti non sarebbero state edificate senza di loro" (Esort. ap. Catechesi tradendae, 66).
Il Decreto conciliare sull'attività missionaria parla di loro come di "schiera degna di lode, tanto benemerita dell'opera missionaria tra le genti... Essi, animati da spirito apostolico e facendo grandi sacrifici, danno un contributo singolare e insostituibile alla propagazione della fede e della Chiesa" (Decr. Ad gentes, 17). Lavorando con grande sforzo e zelo missionario, essi costituiscono senza dubbio il sostegno più efficace per i missionari in molteplici compiti. Non di rado, per la scarsità dei ministri, a loro tocca la responsabilità di vaste aree, dove seguono le piccole comunità, svolgendo il ruolo di animatori nella preghiera, nella celebrazione liturgica della Parola di Dio, nella spiegazione della dottrina e nell'organizzazione della carità.
Se il loro ruolo è così importante, è ancor più necessaria la loro formazione, e cioè una loro più "accurata preparazione dottrinale e pedagogica, il costante rinnovamento spirituale e apostolico" (Lett. enc. Redemptoris missio, 74). Il loro è un lavoro sempre necessario. Auspico che l'impegno di tutta la Chiesa in questo compito sia sempre più sentito. La formazione dei catechisti, come di tutto il personale missionario, è una priorità pastorale; rappresenta - per così dire - un "investimento in persone", giacché solo evangelizzatori e formatori all'altezza del loro compito possono contribuire in modo efficace a edificare la Chiesa.
7. Vasto è il campo e c'è ancora tanto da fare: è necessaria la collaborazione di tutti. Nessuno, in effetti, è così povero che non possa dare qualcosa. Si partecipa alla missione anzitutto con la preghiera, nella liturgia o nel segreto della propria camera, con il sacrificio e l'offerta a Dio delle proprie sofferenze. Questa è la prima collaborazione che ognuno può offrire. E' poi importante non sottrarsi al contributo economico, che è vitale per tante chiese particolari. Com'è noto, quanto viene raccolto in questa Giornata, sotto la responsabilità delle Pontificie Opere Missionarie, è devoluto integralmente per le necessità della missione universale. In questa circostanza, mi preme manifestare viva gratitudine a questa benemerita Istituzione ecclesiale che, da 74 anni, si preoccupa di organizzare questa Giornata e anima in senso missionario l'intero popolo di Dio, ricordando che dai bambini agli adulti, dai Vescovi ai presbiteri, dai religiosi ai fedeli laici, tutti sono chiamati ad essere missionari nella propria comunità locale, aprendosi insieme ai bisogni della Chiesa universale. L'animazione e la cooperazione missionaria, promossa dalle Pontificie Opere, presenta al popolo di Dio la missione come dono: dono di sé e dono dei propri beni materiali e spirituali a beneficio di tutta la Chiesa (cfr Lett. enc. Redemptoris missio, 81).
Quest'anno, poi, la Giornata si svolgerà con particolare solennità a Roma, con la celebrazione del Congresso Missionario Mondiale, che raccoglierà membri delle Pontificie Opere Missionarie provenienti da ogni angolo della terra, in rappresentanza delle Chiese locali di ogni continente, quale segno dell'universalità del messaggio di salvezza di Gesù. Io stesso, a Dio piacendo, avrò la gioia di presiedere questa significativa celebrazione.
8. Cari Fratelli e Sorelle, possano queste mie parole essere di incoraggiamento per tutti quelli che hanno a cuore l'attività missionaria. Celebrando il Giubileo dell'Anno Santo 2000, "tutta la Chiesa è ancor più impegnata per un nuovo avvento missionario. Dobbiamo nutrire in noi l'ansia apostolica di trasmettere ad altri la luce e la gioia della fede, ed a questo ideale dobbiamo educare tutto il Popolo di Dio" (Lett. enc. Redemptoris missio, 86). Lo Spirito di Dio è la nostra forza! Egli, che ha manifestato la sua potenza nella missione di Gesù, inviato ad "annunziare ai poveri un lieto messaggio... e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4, 18), è stato riversato nel cuore di tutti noi credenti (cfr Rm 5, 5), per disporci ad essere testimoni delle opere del Signore.
La Vergine Santa, Madre di Cristo e Madre dei credenti, donna pienamente docile allo Spirito Santo, ci aiuti a ripetere in ogni circostanza il suo «fiat» al disegno di salvezza di Dio, a servizio della nuova evangelizzazione.
Con tali sentimenti, a tutti voi, che vi impegnate senza risparmio nella grande missione «ad gentes», ed alle vostre comunità invio di gran cuore una speciale Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 11 giugno 2000, solennità di Pentecoste.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  2001


"Misericordias Domini in aeternum cantabo" (Sal 89 [88], 2)
Cari Fratelli e Sorelle!
1. Con intima gioia abbiamo celebrato il Grande Giubileo della salvezza, tempo di grazia per tutta la Chiesa. La misericordia divina, che ogni fedele ha potuto sperimentare, ci spinge a "prendere il largo", facendo memoria grata del passato, vivendo con passione il presente e aprendoci con fiducia al futuro, nella convinzione che "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (Eb 13,8) (cfr Lettera apostolica Novo millennio ineunte, 1). Questa spinta verso il futuro, illuminato dalla speranza, deve essere la base dell'agire di tutta la Chiesa nel nuovo millennio. E' questo il messaggio che desidero rivolgere a ogni fedele in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, che si celebrerà il prossimo 21 ottobre.
2. E' tempo, sì, di guardare in avanti, mantenendo gli occhi fissi sul volto di Gesù (cfr Eb 12,2). Lo Spirito ci chiama a "proiettarci verso il futuro che ci attende" (Novo millennio ineunte, 3), a testimoniare e confessare Cristo, rendendo grazie "per le "meraviglie" che Dio ha compiuto per noi: "Misericordias Domini in aeternum cantabo" (Sal 89 [88], 2)" (ibid., 2). In occasione della Giornata Missionaria Mondiale dello scorso anno, ho voluto ricordare come l'impegno missionario scaturisca dall'ardente contemplazione di Gesù. Il cristiano che ha contemplato Gesù Cristo non può non sentirsi rapito dal suo fulgore (cfr Vita consecrata, 14) ad impegnarsi a testimoniare la sua fede in Cristo, unico Salvatore dell'uomo.
La contemplazione del volto del Signore suscita nei discepoli la "contemplazione" anche dei volti degli uomini e delle donne di oggi: il Signore infatti si identifica "con i suoi fratelli più piccoli" (cfr Mt, 25,40.45). Il contemplare Gesù, "primo e più grande evangelizzatore" (Evangelii nuntiandi, 7), ci trasforma in evangelizzatori. Ci fa prendere coscienza della sua volontà di dare la vita eterna a coloro che il Padre gli ha affidato (cfr Gv 17,2). Iddio vuole che "tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tm 2,4), e Gesù sapeva che la volontà del Padre su di Lui era che annunciasse il Regno di Dio anche alle altre città: "per questo sono stato mandato" (Lc 4,43).
Frutto poi della contemplazione dei "fratelli più piccoli" è scoprire che ogni uomo, pur se in modo a noi misterioso, cerca Dio, perché da Lui creato ed amato. Così lo scoprirono i primi discepoli: "Signore, tutti ti cercano" (Mc 1,37). E i "greci", in nome delle generazioni venture, esclamano: "Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21). Sì, Cristo è la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr Gv 1,9): ogni uomo lo cerca "andando come a tentoni" (At 17,27), spinto da un'attrazione interiore di cui neppure lui conosce bene l'origine. Essa è nascosta nel cuore di Dio, ove pulsa una volontà salvifica universale. Di essa Dio ci fa testimoni ed araldi. A questo fine ci invade, come in una nuova Pentecoste, col fuoco del suo Spirito, con il suo amore e con la sua presenza: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).
3. Frutto, dunque, del Grande Giubileo è anche l'atteggiamento che il Signore chiede ad ogni cristiano, quello di guardare in avanti con fede e speranza. Il Signore fa l'onore di riporre in noi la sua fiducia e ci chiama al ministero usandoci misericordia (cfr 1 Tm 1,12.13). Non è una chiamata riservata ad alcuni, ma è per tutti, ciascuno nel proprio stato di vita. Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho scritto in proposito: "Questa passione non mancherà di suscitare nella Chiesa una nuova missionarietà, che non potrà essere demandata ad una porzione di "specialisti", ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri del Popolo di Dio. Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo. Occorre un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani... La proposta di Cristo va fatta a tutti con fiducia. Ci si rivolgerà agli adulti, alle famiglie, ai giovani, ai bambini, senza mai nascondere le esigenze più radicali del messaggio evangelico, ma venendo incontro alle esigenze di ciascuno quanto a sensibilità e linguaggio, secondo l'esempio di Paolo, il quale affermava: "Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno" (1 Cor 9,22)" (n. 40).
In modo speciale, la chiamata alla missione acquista singolare urgenza, se guardiamo a quella porzione dell'umanità che ancora non conosce o non riconosce Cristo. Sì, cari Fratelli e Sorelle, la missione ad gentes è oggi più valida che mai. Conservo impresso nel cuore il volto dell'umanità che ho potuto contemplare nel corso dei miei pellegrinaggi: è il volto di Cristo riflesso in quello dei poveri e dei sofferenti; il volto di Cristo che riluce in quanti vivono come "pecore senza pastore" (Mc 6,34). Ogni uomo e ogni donna hanno pieno diritto che siano insegnate loro "molte cose" (ibid.).
Davanti all'evidenza della propria fragilità ed insufficienza, la tentazione umana, anche dell'apostolo, è quella di congedare la gente. Invece, è proprio in quell'istante che, ponendosi in contemplazione del volto dell'Amato, bisogna che ciascuno riascolti le parole di Gesù: "Non occorre che vadano: voi stessi date loro da mangiare" (cfr Mt 14,16; Mc 6,37). Si sperimenta così allo stesso tempo l'umana debolezza e la grazia del Signore. Consapevoli dell'immancabile fragilità che ci segna profondamente, avvertiamo il bisogno di rendere grazie a Dio per ciò che Egli ha compiuto per noi e per quanto, nella sua grazia, compirà.
4. Come non ricordare, in questa circostanza, tutti i missionari e le missionarie, sacerdoti, religiose, religiosi e laici, che hanno fatto della missione ad gentes e ad vitam la ragione del proprio esistere? Essi con la loro stessa esistenza proclamano "senza fine le grazie del Signore" (Sal 89). Non poche volte questo "senza fine" è arrivato fino all'effusione del sangue: quanti sono stati i "testimoni della fede" nello scorso secolo! E' anche grazie alla loro generosa donazione che il Regno di Dio ha potuto dilatarsi. A loro va il nostro grato pensiero, accompagnato dalla preghiera. Il loro esempio è di stimolo e di sostegno per tutti i fedeli, i quali possono trarre coraggio dal vedersi "circondati da un così grande numero di testimoni" (Eb 12,1), che con la loro vita e la loro parola hanno fatto e fanno risuonare il Vangelo in tutti i continenti.
Sì, carissimi Fratelli e Sorelle, non possiamo tacere ciò che abbiamo visto ed udito (cfr At 4,20). Abbiamo visto l'opera dello Spirito e la gloria di Dio manifestarsi nella debolezza (cfr 2 Cor 12; 1 Cor 1). Anche oggi tanti uomini e donne, con la loro dedizione e con il loro sacrificio, sono per noi manifestazione eloquente dell'amore di Dio. Da loro abbiamo ricevuto la fede e siamo spinti ad essere, a nostra volta, annunciatori e testimoni del Mistero.
5. La missione è "annuncio gioioso di un dono che è per tutti, e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16)... La Chiesa, pertanto, non si può sottrarre all'attività missionaria verso i popoli. e resta compito prioritario della missio ad gentes l'annuncio che è nel Cristo, "Via, Verità e Vita" (Gv 14,6), che gli uomini trovano la salvezza" (Novo millennio ineunte, 56). E' un invito per tutti, è un appello urgente a cui va data pronta e generosa risposta. Occorre andare! Occorre mettersi in cammino senz'indugio, come Maria, la Madre di Gesù; come i pastori destatisi al primo annunzio dell'Angelo; come la Maddalena alla vista del Risorto. "Il nostro passo, all'inizio di questo nuovo secolo, deve farsi più spedito nel ripercorrere le strade del mondo ... Il Cristo risorto ci ridà come un appuntamento nel Cenacolo, dove la sera del "primo giorno dopo il sabato" (Gv 20,19), si presentò ai suoi per "alitare" su di loro il dono vivificante dello Spirito e iniziarli alla grande avventura dell'evangelizzazione" (ibid., 58).
6. Cari Fratelli e Sorelle! La missione esige preghiera e impegno concreto. Tante sono le necessità che la capillare diffusione del Vangelo comporta.
Ricorre quest'anno il 75° anniversario dell'istituzione della Giornata Missionaria da parte del Papa Pio XI, che accolse la domanda della Pontificia Opera della Propagazione della Fede per "stabilire "una giornata di preghiere e di propaganda per le missioni" da celebrarsi in uno stesso giorno in tutte le diocesi, le parrocchie e gli istituti del mondo cattolico... e per sollecitare l'obolo per le missioni" (Sacra Congregazione dei Riti: Istituzione della Giornata missionaria mondiale, 14 aprile 1926: AAS 19 (1927), p. 23s). Da allora, la Giornata missionaria costituisce un'occasione speciale per ricordare a tutto il Popolo di Dio la permanente validità del mandato missionario, giacché "la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali" (Lettera enciclica Redemptoris missio, 2). E' al tempo stesso opportuna circostanza per ribadire che "le missioni non chiedono solo un aiuto, ma una condivisione con l'annunzio e la carità verso i poveri. Tutto quello che abbiamo ricevuto da Dio - la vita come i beni materiali - non è nostro" (ibid., n. 81). Questa Giornata è importante nella vita della Chiesa, "anche perché insegna come donare: nella celebrazione eucaristica, cioè come offerta a Dio, e per tutte le missioni del mondo" (ibid.). Sia, dunque, quest'anniversario propizia occasione per riflettere sulla necessità di un più grande sforzo comune nel promuovere lo spirito missionario e nel procurare i necessari aiuti materiali di cui i missionari hanno bisogno.
7. Nell'Omelia a conclusione del Grande Giubileo, il 6 gennaio 2001, ho detto: "Occorre ripartire da Cristo, con lo slancio della Pentecoste, con entusiasmo rinnovato. Ripartire da Lui innanzi tutto nell'impegno quotidiano della santità, ponendoci in atteggiamento di preghiera e in ascolto della sua parola. Ripartire da Lui per testimoniare l'Amore" (n. 8).
Perciò:

Riparti da Cristo, tu che hai trovato misericordia.
Riparti da Cristo, tu che hai perdonato e accolto il perdono.
Riparti da Cristo, tu che conosci il dolore e la sofferenza.
Riparti da Cristo, tu tentato dalla tiepidezza:
l'anno di grazia è tempo sconfinato.
Riparti da Cristo, Chiesa del nuovo millennio.
Canta e cammina! (cfr Riti di conclusione nella Santa Messa nell'Epifania del Signore 2001).

Maria, Madre della Chiesa, Stella dell'evangelizzazione, ci affianchi in questo cammino, come restò accanto ai iscepoli nel giorno della Pentecoste. A Lei ci rivolgiamo fiduciosi perché, per sua intercessione, il Signore ci conceda il dono della perseveranza nel compito missionario, che concerne l'intera Comunità ecclesiale.

Con tali sentimenti, tutti vi benedico.
Dal Vaticano, 3 Giugno 2001, Solennità di Pentecoste


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  2002


Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. La missione evangelizzatrice della Chiesa è essenzialmente l'annuncio dell'amore, della misericordia e del perdono di Dio, rivelati agli uomini mediante la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, nostro Signore. E' la proclamazione della lieta notizia che Dio ci ama e ci vuole tutti uniti nel suo amore misericordioso, perdonandoci e chiedendoci di perdonare a nostra volta agli altri anche le offese più gravi. E' questa la Parola della riconciliazione, che ci è stata affidata perché, come afferma san Paolo, "è stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione" (2 Cor 5, 19). Sono questi l'eco e il richiamo al supremo anelito del cuore di Cristo sulla croce: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23, 34).
Ecco dunque una sintesi dei contenuti fondamentali della Giornata Missionaria Mondiale, che celebreremo domenica 20 ottobre prossimo, dedicata allo stimolante tema: "La Missione è Annuncio di Perdono". Si tratta di un evento che si ripete ogni anno, ma che non perde, nella successione del tempo, il proprio significato e la sua importanza, perché la missione costituisce la nostra risposta al supremo comando di Gesù: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28, 19).
2. All'inizio del terzo millennio cristiano si impone con maggiore urgenza il dovere della missione, perché, come già ricordavo nell'Enciclica Redemptoris missio, "il numero di coloro che ignorano Cristo e non fanno parte della Chiesa è in continuo aumento, anzi dalla fine del Concilio è quasi raddoppiato. Per questa umanità immensa, amata dal Padre che per essa ha inviato il suo Figlio, è evidente l'urgenza della missione" (n. 3).
Con il grande apostolo ed evangelizzatore san Paolo, noi vogliamo ripetere: "Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo... è un incarico che mi è stato affidato" (1 Cor 9, 16-17). Soltanto l'amore di Dio, capace di affratellare gli uomini di ogni razza e cultura, potrà far scomparire le dolorose divisioni, i contrasti ideologici, le disparità economiche e le violente sopraffazioni che ancora opprimo l'umanità.
Conosciamo bene le orribili guerre e rivoluzioni che hanno insanguinato il secolo appena trascorso, ed i conflitti che, purtroppo, continuano ad affliggere il mondo in modo quasi endemico. Non sfugge, al tempo stesso, l'anelito di tanti uomini e donne che, pur vivendo in una grande povertà spirituale e materiale, sperimentano una grande sete di Dio e del suo amore misericordioso. L'invito del Signore ad annunciare la Buona Novella rimane oggi valido; anzi diventa sempre più urgente.
3. Nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho sottolineato l'importanza della contemplazione del volto dolente e glorioso di Cristo. Il cuore del messaggio cristiano è l'annuncio del mistero pasquale di Cristo crocifisso e risorto. Il volto dolente del Crocifisso "ci conduce ad accostare l'aspetto più paradossale del suo mistero, quale emerge nell'ora estrema, l'ora della Croce" (n. 25). Nella Croce, Dio ci ha rivelato tutto il suo amore. E' la Croce la chiave che dà libero accesso ad "una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo", ma alla "sapienza divina, misteriosa che è rimasta nascosta" (1 Cor 2, 6.7).
La Croce, in cui già riluce il volto glorioso del Risorto, ci introduce nella pienezza della vita cristiana e nella perfezione dell'amore, poiché rivela la volontà di Dio di condividere con gli uomini la sua vita, il suo amore e la sua santità. A partire da questo mistero, la Chiesa, memore delle parole del Signore: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (cfr Mt 5, 48), comprende sempre meglio che la sua missione non avrebbe senso se non conducesse alla pienezza dell'esistenza cristiana, cioè alla perfezione dell'amore e della santità. Dalla contemplazione della Croce impariamo a vivere nell'umiltà e nel perdono, nella pace e nella comunione. Questa è stata l'esperienza di san Paolo, che scriveva agli Efesini: "Vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4, 1-3). Ed ai Colossesi aggiungeva: "Rivestitevi come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo" (Col 3, 12-15).
4. Carissimi Fratelli e Sorelle, il grido di Gesù sulla croce (cfr Mt 27, 46) non tradisce l'angoscia di un disperato, ma è la preghiera del Figlio che offre la sua vita al Padre per la salvezza di tutti. Dalla croce Gesù indica a quali condizioni è possibile esercitare il perdono. All'odio, con cui i suoi persecutori lo avevano inchiodato sulla Croce, risponde pregando per loro. Non solo li ha perdonati, ma continua ad amarli, a volere il loro bene e, per questo, intercede per loro. La sua morte diventa vera e propria realizzazione dell'Amore.
Davanti al grande mistero della Croce non possiamo che prostrarci in adorazione. "Per riportare all'uomo il volto del Padre, Gesù ha dovuto non soltanto assumere il volto dell'uomo, ma caricarsi persino del "volto" del peccato. "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccatore in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2 Cor 5, 21)" (Novo millennio ineunte , 25). Dal perdono assoluto di Cristo anche per i suoi persecutori inizia per tutti la nuova giustizia del Regno di Dio.
Durante l'Ultima Cena il Redentore aveva detto agli Apostoli: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13, 34-35).
5. Cristo risorto dona ai suoi discepoli la pace. La Chiesa, fedele al comando del suo Signore, continua a proclamarne e diffonderne la pace. Mediante l'evangelizzazione, i credenti aiutano gli uomini a riconoscersi fratelli e, quali pellegrini sulla terra, pur su strade diverse, tutti incamminati verso la Patria comune che Dio, attraverso vie solo a Lui note, non cessa di additarci. La strada maestra della missione è il dialogo sincero (cfr Ad gentes, 7; Nostra aetate, 2); il dialogo che "non nasce da tattica o da interesse" ( Redemptoris missio, 56), e neppure è fine a se stesso. Il dialogo, piuttosto, che fa parlare all'altro con stima e comprensione, affermando i principi in cui si crede e annunciando con amore le verità più profonde della fede, che sono gioia, speranza e senso dell'esistenza. In fondo il dialogo è la realizzazione di un impulso spirituale, che "tende alla purificazione e conversione interiore che, se perseguita con docilità allo Spirito, sarà spiritualmente fruttuosa" (ibid., 56).
L'impegno ad un dialogo attento e rispettoso è una conditio sine qua non per un'autentica testimonianza all'amore salvifico di Dio.
6. Con la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, è offerta a tutti l'opportunità di misurarsi con le esigenze dell'amore infinito di Dio. Amore che domanda fede; amore che invita a porre tutta la propria fiducia in Lui. "Senza la fede è impossibile essergli graditi; chi infatti s'accosta a Dio deve credere che Egli esiste e che ricompensa coloro che lo cercano" (Eb 11, 6).
In questa annuale ricorrenza, siamo invitati a pregare assiduamente per le missioni e a collaborare con ogni mezzo alle attività che la Chiesa svolge in tutto il mondo per costruire il Regno di Dio, "Regno eterno ed universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" (Prefazio nella Festa di Cristo, Re dell'universo). Siamo chiamati anzitutto a testimoniare con la vita la nostra adesione totale a Cristo e al suo Vangelo.
Sì, non ci si deve mai vergognare del Vangelo e mai avere paura di proclamarsi cristiani, tacendo la propria fede. E' necessario, invece, continuare a parlare, allargare gli spazi dell'annuncio della salvezza, perché Gesù ha promesso di rimanere sempre e comunque presente in mezzo ai suoi discepoli.
La Giornata Missionaria Mondiale, vera e propria festa della missione, ci aiuta così a meglio scoprire il valore della nostra vocazione personale e comunitaria. Ci stimola, altresì, a venire in aiuto ai "fratelli più piccoli" (cfr Mt 25, 40) attraverso i missionari sparsi in ogni parte del mondo. Questo è il compito delle Pontificie Opere Missionarie, che da sempre servono la Missione della Chiesa, non facendo mancare ai più piccoli chi spezzi loro il pane della Parola e continui a portare loro il dono dell'inesauribile amore, che sgorga dal cuore stesso del Salvatore.
Fratelli e Sorelle carissimi! Affidiamo questo nostro impegno per l'annuncio del Vangelo, come pure l'intera attività evangelizzatrice della Chiesa, a Maria Santissima, Regina delle Missioni. Sia Lei ad accompagnarci nel nostro cammino di scoperta, di annuncio e di testimonianza dell'Amore di Dio, che perdona e che dona la pace all'uomo.
Con tali sentimenti, a tutti i missionari e missionarie sparsi nel mondo, a quanti li accompagnano con la preghiera e l'aiuto fraterno, alle comunità cristiane di antica e nuova fondazione, invio di cuore la Benedizione Apostolica, in auspicio della costante protezione del Signore.
Dal Vaticano, 19 Maggio 2002, Solennità di Pentecoste.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  2003


Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Sin dall’inizio, ho voluto porre il mio pontificato sotto il segno della speciale protezione di Maria. Più volte, poi, ho invitato l’intera comunità dei credenti a rivivere l’esperienza del Cenacolo, dove i discepoli "erano assidui e concordi nella preghiera... con Maria, la madre di Gesù" (At 1,14). Già nella prima Enciclica Redemptor hominis scrivevo che solo in un clima di fervente orazione è possibile "ricevere lo Spirito Santo, che scende su di noi e divenire in questo modo testimoni di Cristo fino agli estremi confini della terra, come coloro che uscirono dal Cenacolo di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste" (n. 22).
La Chiesa prende sempre più coscienza di essere ‘madre’ come Maria. Essa è "la culla - notavo nella Bolla Incarnationis mysterium, in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000 - in cui Maria depone Gesù e lo affida all’adorazione e alla contemplazione di tutti i popoli" (n. 11). Su questo cammino spirituale e missionario intende proseguire, sempre accompagnata dalla Vergine Santissima, Stella della nuova evangelizzazione, aurora luminosa e guida sicura del nostro cammino (cfr Novo millennio ineunte, 58).
Maria e la missione della Chiesa nell’Anno del Rosario

2. Nell’ottobre scorso, entrando nel venticinquesimo anno del mio ministero petrino, quasi ad ideale prolungamento dell’Anno Giubilare, ho indetto uno speciale Anno dedicato alla riscoperta della preghiera del Rosario, tanto cara alla tradizione cristiana; un anno da vivere sotto lo sguardo di Colei che, secondo l’arcano disegno divino, con il suo ‘sì’ ha reso possibile la salvezza dell’umanità, e dal cielo continua a proteggere quanti a Lei fanno ricorso specialmente nei momenti difficili dell’esistenza.
È mio desiderio che l’Anno del Rosario costituisca per i credenti di ogni continente un’occasione propizia per approfondire il senso della vocazione cristiana. Alla scuola della Vergine e seguendo il suo esempio, ogni comunità potrà meglio far emergere la propria dimensione ‘contemplativa’ e ‘missionaria’.
La Giornata Missionaria Mondiale, che cade proprio alla fine di questo particolare anno mariano, se ben preparata, potrà imprimere un più generoso impulso a quest’impegno della Comunità ecclesiale. Il ricorso fidente a Maria con la quotidiana recita del Rosario e la meditazione dei misteri della vita di Cristo sottolineeranno che la missione della Chiesa deve essere anzitutto sorretta dalla preghiera.
L’atteggiamento di ‘ascolto’, che suggerisce la preghiera del Rosario, avvicina i fedeli a Maria, che "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19). La ricorrente meditazione della Parola di Dio diventa un allenamento per vivere "in comunione viva con Gesù attraverso - potremmo dire - il Cuore della Madre" (Rosarium Virginis Mariae, 2).
Chiesa più contemplativa: il Volto di Cristo contemplato

3.
Cum Maria contemplemur Christi vultum! Mi tornano spesso alla mente queste parole: contemplare il ‘volto’ di Cristo con Maria. Quando parliamo del ‘volto’ di Cristo ci riferiamo alle sue sembianze umane, nelle quali rifulge la gloria eterna del Figlio unigenito del Padre (cfr Gv 1,14): "La gloria della Divinità sfolgora sul volto di Cristo" (ibid., n. 21); Contemplare il volto di Cristo induce a una conoscenza profonda e coinvolgente del suo mistero. Contemplare Gesù con gli occhi della fede spinge a penetrare nel mistero di Dio-Trinità. Dice Gesù: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9). Con il Rosario ci inoltriamo in questo itinerario mistico "in compagnia e alla scuola della sua Madre Santissima" (Rosarium Virginis Mariae, 3). Anzi, Maria stessa si fa nostra maestra e guida. Sotto l’azione dello Spirito Santo, ci aiuta ad acquisire quella ‘tranquilla audacia’ che rende capaci di trasmettere agli altri l’esperienza di Gesù e la speranza che anima i credenti (cfr Redemptoris missio, 24).
Guardiamo sempre a Maria, modello insuperabile! Nel suo animo tutte le parole del Vangelo trovano un’eco straordinaria. Maria è la ‘memoria’ contemplativa della Chiesa, che vive nel desiderio di unirsi più profondamente al suo Sposo per incidere ancor più nella nostra società. Di fronte ai grandi problemi, dinanzi al dolore innocente, alle ingiustizie perpetrate con arrogante insolenza come reagire? Alla docile scuola di Maria, che è nostra Madre, i credenti apprendono a riconoscere nell’apparente "silenzio di Dio" la Parola che risuona nel silenzio per la nostra salvezza.
Chiesa più santa: il Volto di Cristo imitato e amato

4. Tutti i credenti sono chiamati, grazie al Battesimo, alla santità. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium, sottolinea che la vocazione universale alla santità consiste nella chiamata di tutti alla perfezione della carità.
Santità e missione sono aspetti inscindibili della vocazione di ogni battezzato. L’impegno a diventare più santi è strettamente collegato con quello a diffondere il messaggio della salvezza. "Ogni fedele - ricordavo nella Redemptoris missio - è chiamato alla santità e alla missione" (n. 90). Contemplando i misteri del Rosario, il credente è incoraggiato a seguire Cristo e a condividerne la vita sino a poter dire con san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).
Se tutti i misteri del Rosario costituiscono una significativa scuola di santità e di evangelizzazione, i misteri della luce pongono in evidenza aspetti singolari della nostra ‘sequela’ evangelica. Il Battesimo di Gesù al Giordano ricorda che ogni battezzato è eletto a diventare in Cristo "figlio nel Figlio" (Ef 1,5; cfr Gaudium et spes, 22). Nelle nozze di Cana, Maria invita all’ascolto obbediente della Parola del Signore: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5). L’annuncio del Regno e l’invito alla conversione sono una chiara consegna per tutti ad intraprendere il cammino della santità. Nella Trasfigurazione di Gesù il battezzato sperimenta la gioia che lo attende. Meditando l’istituzione dell’Eucaristia, egli torna ripetutamente nel Cenacolo, dove il divino Maestro ha lasciato ai suoi discepoli il tesoro più prezioso: se stesso nel Sacramento dell’altare.
Sono le parole che la Vergine pronuncia a Cana a costituire, in un certo modo, lo sfondo mariano di tutti i misteri della luce. L’annuncio del Regno vicino, la chiamata alla conversione e alla misericordia, la Trasfigurazione sul Tabor e l’istituzione dell’Eucaristia trovano infatti nel cuore di Maria un’eco singolare. Maria mantiene gli occhi fissi su Cristo, fa tesoro di ogni sua parola ed indica a tutti noi come essere autentici discepoli del suo Figlio.
Chiesa più missionaria: il Volto di Cristo annunciato

5. In nessuna epoca la Chiesa ha avuto tante possibilità di annunciare Gesù come oggi, grazie allo sviluppo dei mezzi della comunicazione. Proprio per questo la Chiesa è oggi chiamata a far trasparire il Volto del suo Sposo con una più rilucente santità. In questo sforzo, non facile, sa di essere sostenuta da Maria. Da Lei ‘impara’ ad essere ‘vergine’, totalmente dedicata al suo Sposo, Gesù Cristo, e ‘madre’ di molti figli che genera alla vita immortale.
Sotto lo sguardo vigile della Madre, la Comunità ecclesiale cresce come una famiglia ravvivata dall’effusione potente dello Spirito e, pronta a raccogliere le sfide della nuova evangelizzazione, contempla il volto misericordioso di Gesù nei fratelli, specialmente nei poveri e bisognosi, nei lontani dalla fede e dal Vangelo. In particolare, la Chiesa non ha paura di gridare al mondo che Cristo è "la Via, la Verità e la Vita" (Gv 14,6); non teme di annunciare con gioia che "la buona notizia ha il suo centro, anzi il suo stesso contenuto, nella persona di Cristo, il Verbo fatto carne, unico Salvatore del mondo" (Rosarium Virginis Mariae, 20).
Urge preparare evangelizzatori competenti e santi; è necessario che non si affievolisca il fervore negli apostoli, specialmente per la missione "ad gentes". Il Rosario, se pienamente riscoperto e valorizzato, offre un ordinario quanto fecondo aiuto spirituale e pedagogico per formare il Popolo di Dio a lavorare nel vasto campo dell’azione apostolica.
Una precisa consegna

6. Il compito dell’animazione missionaria deve continuare ad essere impegno serio e coerente di ogni battezzato e di ogni Comunità ecclesiale. Un ruolo più specifico e peculiare compete certo alle Pontificie Opere Missionarie, che ringrazio per quanto già generosamente stanno facendo.
A tutti vorrei suggerire di intensificare la recita del Santo Rosario, a livello personale e comunitario, per ottenere dal Signore quelle grazie di cui la Chiesa e l’umanità hanno particolare necessità. Invito proprio tutti: bambini e adulti, giovani e anziani, famiglie, parrocchie e comunità religiose.
Tra le tante intenzioni, non vorrei dimenticare quella della pace. La guerra e l’ingiustizia hanno il loro inizio nel cuore ‘diviso’. "Chi assimila il mistero di Cristo - e il Rosario proprio a questo mira -, apprende il segreto della pace e ne fa un progetto di vita" (Rosarium Virginis Mariae, 40). Se il Rosario batterà il ritmo della nostra esistenza, potrà diventare strumento privilegiato per costruire la pace nel cuore degli uomini, nelle famiglie e tra i popoli. Con Maria tutto possiamo ottenere dal Figlio Gesù. Sorretti da Maria, non esiteremo a dedicarci con generosità alla diffusione dell’annuncio evangelico sino agli estremi confini della terra.
Con tali sentimenti, di cuore tutti vi benedico.
Dal Vaticano, 12 Gennaio 2003, Festa del Battesimo del Signore.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE,  2004


"Eucaristia e Missione"
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. L’impegno missionario della Chiesa costituisce, anche in questo inizio del terzo millennio, un’urgenza che a più riprese ho voluto ricordare. La missione, come ebbi a osservare nell’Enciclica Redemptoris missio, è ancora ben lontana dal suo compimento e dobbiamo perciò impegnarci con tutte le forze al suo servizio (cfr n. 1). L’intero Popolo di Dio, in ogni momento del suo pellegrinaggio nella storia, è chiamato a condividere la “sete” del Redentore (cfr Gv 19,28). Questa sete di anime da salvare fu sempre fortemente avvertita dai Santi: basti pensare, ad esempio, a santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni, e a Mons. Comboni, grande apostolo dell’Africa, che ho avuto la gioia recentemente di elevare all’onore degli altari.
Le sfide sociali e religiose che l’umanità affronta in questi nostri tempi stimolano i credenti a rinnovarsi nel fervore missionario. Sì! E’ necessario rilanciare con coraggio la missione “ad gentes”, partendo dall’annuncio di Cristo, Redentore di ogni umana creatura. Il Congresso Eucaristico Internazionale, che sarà celebrato a Guadalajara in Messico nel prossimo mese di ottobre, mese missionario, sarà un'occasione straordinaria per questa corale presa di coscienza missionaria intorno alla Mensa del Corpo e del Sangue di Cristo. Raccolta intorno all’altare, la Chiesa comprende meglio la sua origine e il suo mandato missionario. “Eucaristia e Missione”, come ben sottolinea il tema della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, formano un binomio inscindibile. Alla riflessione sul legame esistente tra il mistero eucaristico e il mistero della Chiesa si unisce quest’anno un eloquente riferimento alla Vergine Santa, grazie alla celebrazione del 150º anniversario della definizione dell'Immacolata Concezione (1854-2004). Contempliamo l’Eucaristia con gli occhi di Maria. Contando sull’intercessione della Vergine, la Chiesa offre Cristo, pane della salvezza, a tutte le genti, perché lo riconoscano e lo accolgano quale unico Salvatore.
2. Ritornando idealmente al Cenacolo, lo scorso anno, proprio il Giovedì Santo, ho firmato l'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, della quale vorrei ora riprendere alcuni passaggi che possono aiutarci, carissimi Fratelli e Sorelle, a vivere con spirito eucaristico la prossima Giornata Missionaria Mondiale.
“ L'Eucaristia edifica la Chiesa e la Chiesa fa l'Eucaristia” (n. 26): così scrivevo, osservando come la missione della Chiesa si collochi in continuità con quella di Cristo (cfr Gv 20,21), e tragga forza spirituale dalla comunione con il suo Corpo e con il suo Sangue. Fine dell’Eucaristia è proprio “la comunione degli uomini con Cristo e in Lui col Padre e con lo Spirito Santo” (Ecclesia de Eucharistia, 22). Quando si partecipa al Sacrificio eucaristico si percepisce più a fondo l'universalità della redenzione e, di conseguenza, l’urgenza della missione della Chiesa, il cui programma “si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in Lui la vita trinitaria, e trasformare con Lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste” (ibid., 60).
Attorno a Cristo eucaristico la Chiesa cresce come popolo, tempio e famiglia di Dio: una, santa, cattolica e apostolica. Al tempo stesso, essa comprende meglio il suo carattere di sacramento universale di salvezza e di realtà visibile gerarchicamente strutturata. Certamente “non è possibile che si formi una comunità cristiana, se non avendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia” (ibid., 33; cfr Presbyterorum Ordinis, 6). Al termine di ogni santa Messa, quando il celebrante congeda l’assemblea con le parole “Ite, Missa est”, tutti debbono sentirsi inviati come “missionari dell’Eucaristia” a diffondere in ogni ambiente il grande dono ricevuto. Chi, infatti, incontra Cristo nell'Eucaristia non può non proclamare con la vita l’amore misericordioso del Redentore.
3. Per vivere dell’Eucaristia occorre, inoltre, intrattenersi a lungo in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, esperienza che io stesso faccio ogni giorno traendone forza, consolazione e sostegno (cfr Ecclesia de Eucharistia, 25). L’Eucaristia, sottolinea il Concilio Vaticano II , “è fonte e apice di tutta la vita cristiana” (Lumen gentium, 11), “fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione” (Presbyterorum Ordinis, 5).
Il pane e il vino, frutto del lavoro dell’uomo, trasformati per la potenza dello Spirito Santo nel corpo e nel sangue di Cristo, diventano il pegno di “un nuovo cielo e una nuova terra” (Ap 21,1), che la Chiesa annuncia nella sua quotidiana missione. Nel Cristo, che adoriamo presente nel mistero eucaristico, il Padre ha detto la parola definitiva sull'uomo e sulla sua storia.
Potrebbe la Chiesa realizzare la propria vocazione senza coltivare una costante relazione con l'Eucaristia, senza nutrirsi di questo cibo che santifica, senza poggiare su questo sostegno indispensabile alla sua azione missionaria? Per evangelizzare il mondo c’è bisogno di apostoli “esperti” nella celebrazione, adorazione e contemplazione dell'Eucaristia.
4. Nell’Eucaristia riviviamo il mistero della Redenzione culminante nel sacrificio del Signore, come viene rimarcato dalle parole della consacrazione: “il mio corpo che è dato per voi...[il] mio sangue, che viene versato per voi” (Lc 22,19-20). Cristo è morto per tutti; è per tutti il dono della salvezza, che l’Eucaristia rende presente sacramentalmente nel corso della storia: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19). Questo mandato è affidato ai ministri ordinati mediante il sacramento dell’Ordine. A questo banchetto e sacrificio sono invitati tutti gli uomini, per poter così partecipare alla stessa vita di Cristo: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv 6,56-57). Nutriti di Lui, i credenti comprendono che il compito missionario consiste nell’essere “un’oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo” (Rm 15,16), per formare sempre più “un cuor solo e un'anima sola” (At 4,32) e diventare testimoni del suo amore sino agli estremi confini della terra.
La Chiesa, Popolo di Dio in cammino lungo i secoli, rinnovando ogni giorno il Sacrificio dell’altare, attende il ritorno glorioso di Cristo. E’ quanto proclama, dopo la consacrazione, l’assemblea eucaristica raccolta intorno all’altare. Con fede ogni volta rinnovata, essa ribadisce il desiderio dell’incontro finale con Colui che verrà a portare a compimento il suo piano di salvezza universale.
Lo Spirito Santo, con la sua azione invisibile ma efficace, guida il popolo cristiano in questo suo quotidiano itinerario spirituale, che conosce inevitabili momenti di difficoltà e sperimenta il mistero della Croce. L'Eucaristia è il conforto e il pegno della definitiva vittoria per chi lotta contro il male e il peccato; è il “pane di vita” che sostiene quanti, a loro volta, si fanno “pane spezzato” per i fratelli, pagando talora persino con il martirio la loro fedeltà al Vangelo.
5. Ricorre quest’anno, come ho ricordato, il 150º anniversario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione. Maria fu “redenta in modo eminente in vista dei meriti del Figlio suo” (Lumen gentium, 53). Notavo nella Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia: “Guardando a lei conosciamo la forza trasformante che l'Eucaristia possiede. In lei vediamo il mondo rinnovato nell'amore” (n. 62).
Maria, “il primo tabernacolo della storia” (ibid., n. 55), ci addita e ci offre Cristo, nostra Via Verità e Vita (cfr Gv 14,6). Se “Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia” (Ecclesia de Eucharistia, 57).
Il mio auspicio è che la felice coincidenza del Congresso Internazionale Eucaristico con il 150º anniversario della definizione dell'Immacolata offra ai fedeli, alle parrocchie e agli Istituti missionari l’opportunità di rinsaldarsi nell’ardore missionario, perché si mantenga viva in ogni comunità “una vera fame dell'Eucaristia” (ibid., n. 33).
L’occasione è altresì propizia per ricordare il contributo che le benemerite Pontificie Opere Missionarie offrono all’azione apostolica della Chiesa. Esse sono a me molto care e le ringrazio, a nome di tutti, per il prezioso servizio che rendono alla nuova evangelizzazione. Invito a sostenerle spiritualmente e materialmente, perché anche grazie al loro apporto l’annuncio evangelico possa giungere ad ogni popolo della terra.
Con tali sentimenti, invocando la materna intercessione di Maria, “Donna eucaristica”, di cuore tutti vi benedico.
Dal Vaticano, 19 Aprile 2004