giovedì 27 dicembre 2012

Il linguaggio della croce

 
“Scegliere la debolezza per incontrare l’altro e riflettere così lo spirito del Vangelo”: è il senso di una meditazione scritta, pochi mesi prima della morte, da P. Christian Chessel, il più giovane dei quattro Padri Bianchi di Tizi Ouzou, del cui martirio si fa memoria oggi.

“Chi è debole che anch’io non lo sia? Se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza (...) perché dimori in me la potenza di Cristo. Perché quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 11, 29-30. 12, 9-10). La missione, specialmente, nel mondo arabo-musulmano, è segnata dalla debolezza. La parola può sorprendere. Non è abituale nel vocabolario missionario. La “debolezza” ha una cattiva stampa nel nostro mondo, dove la forza e la salute fisica, psicologica, intellettuale sono sinonimi di sviluppo e di successo sociale. Eppure san Paolo, nelle sue lettere, non utilizza meno di 33 volte la parola “debolezza”. La debolezza condivisa è il linguaggio di Dio divenuto uomo. Nella Bibbia il “debole” è anzitutto colui di cui ci si deve preoccupare e che bisogna rispettare. “Chi opprime il debole, offende il suo Creatore” (Pr 14, 31). Dio s’identifica con le più deboli delle sue creature. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). È il “linguaggio della croce”, poiché “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1 Cor 1, 18. 25). Gesù, Dio divenuto uomo, raggiunge la nostra debolezza “naturale”, condividendola. Egli assume e trasfigura ogni umana debolezza. Se ne serve per rivelare ad ogni uomo l’opera del suo amore. Sono i “deboli” che capiscono meglio questo linguaggio! “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Lc 10, 21). La debolezza accettata, come linguaggio del dialogo e dell’annuncio. (Christian Chessel, Dans ma faiblesse, je prends ma force).

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