venerdì 7 dicembre 2012

Profeta dell'umano


A chi chiedeva conto a Michel Kayoya del perché fosse cristiano, rispondeva: “Ho deciso di restare cristiano non per paura di impegnarmi, non per paura di lottare. Come cristiano sentivo in me una gioia, un motivo di impegno superiore ed un’energia nuova per consacrarmi alla causa dei miei fratelli, gli uomini. Ero cristiano, volevo che nella lotta contro la fame, la carestia, l’ingiustizia, il disonore, il mio popolo si tessesse un’eternità vera”.

Michel era nato nel 1934 a Kibumbu, in Burundi; dopo essere entrato in seminario, nel 1958 venne mandato in Belgio a studiare teologia, avendo precedentemente fatto studi filosofici. Nel 1963 fu ordinato sacerdote.  Nominato vice parroco a Rusengo, si impegnò nei movimenti di Azione Cattolica e assunse la responsabilità delle cooperative.  Dal 1967, per tre anni, fu rettore del seminario minore di Mugera; nel 1970 fu chiamato a ricoprire l’ufficio di economo generale della Diocesi di Muynga. Nel mese di aprile 1972, le autorità ecclesiastiche l’obbligarono a lasciare il luogo. Il 15 maggio venne ucciso dai Tutsi nel corso del massacro che costerà la vita ad altre 200 mila persone. Il cadavere fu gettato in una fossa comune.  Era sostenitore di un umanesimo che ha alla base il rispetto: “Rispetto del povero, rispetto del piccolo, rispetto del vecchio, rispetto dell’invalido”. Il contrario della civiltà occidentale.

“I nostri popoli hanno perso il controllo di se stessi. Sono sempre più convinto che il vero sottosviluppo non consiste principalmente in una mancanza di cose, e che di conseguenza la nostra vigorosa azione di sviluppo non deve fermarsi alla sola mancanza di cose: di istruzione, di cibo sufficiente, di abitazioni convenienti, di cure mediche sufficienti... Il sottosviluppo è la condizione anormale di popoli che soffrono gravemente di una decadenza sociale, di una inebetudine sociale, di un parassitismo che frena ogni progresso, di una miopia sociale, di una sorta di «intorpidimento sociale» e di uno «religioso», tipico di ogni religione che, in pratica, non è aperta allo sviluppo integrale dell'uomo”.

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