venerdì 12 ottobre 2012

L'incontro con l'altro.

Missione è fermarsi lungo la via,
ascoltando i fratelli che ti chiamano per raccontarti...


Ecco una testimonianza di alcuni anni fa dal Brasile di Sr. Sonia Sala, che - i prossimi 20 e 21 ottobre - proporrà delle riflessioni durante le SS. Messe celebrate in Parrocchia per la Giornata Missionaria Mondiale (18.30 sabato; 8, 10 e 18.30 domenica).

Arrivo a Messa puntualmente in ritardo, per quanto cerchi di partire in anticipo. La strada in salita che conduce alla parrocchia non può essere percorsa nemmeno in bicicletta perché dovrei scendere a spingerla. E io ne godo perché andare a piedi mi permette di incontrare. Semplicemente.
"Irmã! Lo sai che mi hanno liberato, ma mia sorella è ancora in prigione per traffico di droga?".
"Irmã, c'è ancora posto per i
miei figli nella vostra scuola?".
"Irmã, mia moglie vuole tornare a vivere con me, cosa ne pensi, ce la faremo?".
"Irmã, mio marito è ubriaco al bar,
vieni a tirarlo fuori di là perché se glielo dici tu ti ascolterà!".
Sono proprio tornata in questo angolo di mondo e ne sono felice.
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Un "ritorno a casa", dopo le prime vacanze in patria, avvenuto con estrema semplicità, senza nessuna festa o accoglienza trionfale. Confesso che mi aspettavo qualcosa di più... Invece, all'aeroporto niente banda, niente gente, niente striscioni... soltanto due sorelle. Niente di speciale mi attendeva e, se penso alla fatica del ritorno, ne resto un po' delusa. Ma forse proprio questa normalità è "speciale".
Mi riporta immediatamente alla quotidianità nella quale il Signore si manifesta e lo fa davvero, non posso non riconoscerlo. Una normalità del quotidiano che non mi fa sentire un eroe, che non mi permette orgoglio e trionfo, ma mi invita all'umiltà del giorno dopo giorno. Dovevo tornare, semplicemente, e tutti lo sapevano, come se tutto fosse scontato, normale, appunto.
Sono soltanto il servo inutile che non ha fatto altro che ciò che doveva fare. Ringrazio Dio per questa sua parola riscoperta in questa accoglienza umile e silenziosa. Tornando e percorrendo le vie conosciute del nostro quartiere respiro "profumi" familiari e rivedo volti noti, sofferti e fiduciosi insieme: è come se non me ne fossi mai andata. Mi sento parte di questa famiglia, il popolo senza il quale non posso più andare a Dio.
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Un ritorno non facile, lo confesso. Chi è già tornato sa. Non c'è più nulla di romantico, come forse succede alla prima partenza. Si torna in debolezza, fragili e paurosi, forse più profondamente umani. E questa umanità rende il missionario più vicino, prossimo (e questa volta senza più barriere né sicurezze) agli uomini e alle donne, fratelli e sorelle in umanità, con cui è chiamato a camminare. Tutto ha ormai il gusto della fedeltà dell'amore che ha compreso, anche se a fatica, che è tempo di generare la vita e la vita può essere generata soltanto offrendola e consegnandola.
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È questa la scoperta "sensazionale" che il ritorno in missione mi insegna: la nostra vita si costruisce e si fonda sull'INCONTRO, lungo i crocevia dell'esistenza, con l'ALTRO. È il cuore di tutto, anche dell'annuncio del Vangelo. La nostra vita, ovunque ci troviamo, è un intrecciarsi di relazioni e su questo ci giochiamo tutto, il presente e il futuro. Se oggi, lungo le strade che il Signore ci indica, sapremo incontrare l'altro, anche in Cielo godremo la bellezza dell'incontro con tutti perché ci ritroveremo in Colui che per primo ha voluto venirci incontro, montando la sua tenda tra noi.
Se crederò sempre all'altro come regalo di Dio per me, se saprò essere sorella di tutti accogliendo l'altro in qualsiasi situazione mi si presenti, la terra e il Cielo si uniranno.
E il cammino della nostra vita non potremo più percorrerlo da soli. Nessuno di noi potrà un giorno presentarsi al Padre e dire: "Eccomi qua, sono arrivato solo, perché ho corso più veloce!". Perché ci sentiremo chiedere: "Figlio, dov'è tua sorella? Dov'è tuo fratello?".
Meglio allora arrivare un po', in ritardo, anche in Paradiso, ma insieme. L'altro, il fratello, sarà il nostro biglietto da visita, l'unico che avremo il diritto di esibire davanti a Dio al traguardo della nostra vita.
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A Messa continuo ad arrivare in ritardo, incontrando ad ogni passo qualcuno che lascia risuonare quella semplice parola: "Irmã!". Sorella, di tutti. Lo desidero davvero e lo chiedo a Dio in dono. Perché la fraternità ha il sapore dell'eternità

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