mercoledì 5 ottobre 2011
Il Dio della "Vita" mi sorprende in "Favela"!
Suor Silvia Serra, "Missionaria dell’Immacolata" in Brasile, che ha visitato ieri la nostra Parrocchia per un incontro di preghiera e testimonianza, aveva letto così, alla luce della sua "esperienza", il "Messaggio" per la "33ª Giornata per la Vita" sul "Tema": «Educare alla pienezza della Vita»...
Per andare nella "Favela" d "Morro do Peu", è necessaria una camminata di mezz'ora, e ne approfitto per entrare in contatto con le mie sorgenti interiori. Ultimamente mi sorprendo a canticchiare: «Credo, credo in questa umanità!», rinnovando la Fede nelle famiglie che incontrerò, non appena mi avventuro nei "cunicoli" che, incrociandosi, formano un labirinto, dove la luce cede il posto alla penombra e l'aria sembra mancare.
Immergendomi in questo scenario, accompagnata dal fedele Cicero, un Laico Consacrato Diocesano, originario del "Ceará", spesso mi sorprendo a ricordare il sogno del Profeta Isaia: un mondo di pace e riconciliazione, dove gli estremi, oggi in lotta, un giorno s'incontreranno e faranno pace. Come ai tempi del Profeta, tutto questo appare ora, in "Favela", una stridente utopia di fronte a quanto i nostri occhi sono costretti a vedere: «I segni di un'estenuazione della Cultura della Vita, di un'assuefazione all'oblio di Dio che rende opaca la creatura stessa!».
Chi paga il prezzo più alto di questo smarrimento del senso di Dio e dei valori sono proprio le stagioni di vita più fragili: bimbi, giovani, donne, malati, emarginati, anziani... Ancora non riesco ad abituarmi (e spero non succeda mai!) a passare davanti ai trafficanti di droga, che commerciano tranquillamente la morte con giovani e adulti, ad ogni "crocicchio", e tutto pare normale.
Arrivando in "Favela", mi viene incontro Dona Maria, una giovane che fa uso di droga, la quale mi abbraccia sconsolata per la morte di un giovane amico. «"Irmã", vai a visitare la famiglia: la mamma di Elton, non si dà pace! L'hanno trovato morto, nella sua "baracca"!». Rivivo la promessa di Gesù al "Centurione", e mi metto in cammino. Quasi non riesco a passare tanta è la gente fuori dalla "baracca". Riesco finalmente a entrare in casa e abbracciare la mamma e le sorelle. Rimango lì quasi tutto il pomeriggio, ascoltando il pianto dei famigliari, i ricordi sulla vita di Elton... Non ci sono parole di conforto, solo sto lì, accanto a quella Croce, così crudele e assurda, presenza di «sostegno verso la vita» di quella famiglia, perché la speranza non si spenga! È diventata quasi una scommessa con il Dio della Vita, che riesce sempre a sorprendermi e ad incantarmi, ancor di più in questo contesto apparentemente così disumano e sconvolgente, cercare «segnali e germi di un'autentica Civiltà dell'Amore», come il famoso collezionista di perle del "Vangelo", che va in cerca della più preziosa.
E così, come un segugio, fiuto i tempi e mi ritrovo spesso a percepire nell'aria quel qualcosa che sta per succedere, il Regno di Dio in fermento, dentro apparenze insolite. Dona Elza, proprietaria di un piccolo "Bar" in "Favela" vicino alla "Stazione Ipiranga", è da tempo il mio braccio destro nella Comunità. Quello che più mi colpisce è la sua dedizione a Dona Maria, una mendicante anziana, che si trascina da un marciapiede all'altro, malvestita e sporca. Dona Elza, "Testimone di Geova", con un'insistenza e perseveranza encomiabili, la cerca, l'aiuta a lavarsi, le offre un pasto caldo, e per qualche giorno, le restituisce il volto umano prima che ricominci il suo vagabondare mendicando... Un giorno, condividendo la nostra Fede, Dona Elza commenta: «Non posso lasciarla così, trascurata e abbandonata! È un essere umano, indifeso, tutti si approfittano di lei... È l'unico Dio della Vita che ci accomuna nella stessa "Missione": tu ai bambini e io a Dona Maria!».
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