Christian de Chergé era priore del Monastero trappista di Nostra Signora dell’Atlante, che sorge nei pressi di Tibhirine, in Algeria. Lui e i gli altri monaci - tutti tra i 45 e gli 82 anni - furono sequestrati la notte tra il 27 e il 28 marzo 1996. Furono ritrovati morti due mesi dopo.
"Se dovesse arrivare il giorno, e potrebbe essere oggi, di essere vittima del terrorismo che sembra voler ingoiare oggi tutti gli stranieri che vivono in Algeria, mi piacerebbe che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era DONATA a Dio e a questo paese.
Che accettino che il Padrone unico di tutti non saprebbe essere estraneo a questa partenza così brutale.
Che preghino per me: come potrei essere trovato degno di una tale offerta? Che sappiano accostare questa morte alle tante altre ugualmente violente ma lasciate nell'indifferenza dell'anonimato.
La mia vita non vale più di altre… Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra prevalere nel mondo e anche del male di colui che mi ucciderà ciecamente.
Mi piacerebbe, quando dovesse venire il momento, avere un lampo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e di tutti i miei fratelli in umanità e nello stesso tempo di perdonare io, con tutto il cuore, colui che mi avrà colpito. Io non posso augurarmi una tale morte: mi sembra im portante dirlo chiaramente.
Non vedo infatti come potrei rallegrarmi che questo popolo che amo potesse essere accusato tutto del mio assassinio.
È un prezzo troppo alto quello di dovere "la grazia del martirio" (come si chiama) a un algerino, chiunque esso sia, soprattutto se questi dovesse dire di agire per fedeltà a ciò che egli pensa sia l'Islam.
Mi piacerebbe, quando dovesse venire il momento, avere un lampo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e di tutti i miei fratelli in umanità e nello stesso tempo di perdonare io, con tutto il cuore, colui che mi avrà colpito. Io non posso augurarmi una tale morte: mi sembra im portante dirlo chiaramente.
Non vedo infatti come potrei rallegrarmi che questo popolo che amo potesse essere accusato tutto del mio assassinio.
È un prezzo troppo alto quello di dovere "la grazia del martirio" (come si chiama) a un algerino, chiunque esso sia, soprattutto se questi dovesse dire di agire per fedeltà a ciò che egli pensa sia l'Islam.
Conosco il disprezzo di cui sono circondati tutti gli algerini insieme.
Conosco anche la caricature dell'Islam che incoraggiano un certo islamismo. È troppo facile mettere a posto la coscienza identificando il cammino religioso dell' Islam con l'integralismo degli estremisti.
Conosco anche la caricature dell'Islam che incoraggiano un certo islamismo. È troppo facile mettere a posto la coscienza identificando il cammino religioso dell' Islam con l'integralismo degli estremisti.
Per me l'Algeria e l'Islam sono un'altra cosa: sono come il corpo e l'anima.
Ho già parlato chiaramente credo, a destra e a sinistra di ciò che ho ricevuto dall'Islam e dall'Algeria: vi ho ritrovato molto spesso il chiaro filo conduttore del vangelo imparato sulle braccia di mia madre, che è stata la mia prima chiesa, proprio qui in Algeria.
La mia morte sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno così facilmente trattato da ingenuo o da idealista: "Lo dica adesso quello che ne pensa!".
Ho già parlato chiaramente credo, a destra e a sinistra di ciò che ho ricevuto dall'Islam e dall'Algeria: vi ho ritrovato molto spesso il chiaro filo conduttore del vangelo imparato sulle braccia di mia madre, che è stata la mia prima chiesa, proprio qui in Algeria.
La mia morte sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno così facilmente trattato da ingenuo o da idealista: "Lo dica adesso quello che ne pensa!".
Ma costoro devono sapere che alla fin fine io sarò stato liberato dalla curiosità più lancinante che mi porto dentro: affondare il mio sguardo in quello del Padre per vedere i suoi figli dell'Islam come lui li vede: tutti illuminati della gloria di Cristo, anche loro frutto della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà di ristabilire la comunione e la somiglianza giocando con le differenze.
Di questa mia vita perduta, totalmente mia e totalmente loro, io ringrazio Dio che sembra l'abbia voluta tutta intera proprio per questa GIOIA,contrariamente a tutto e malgrado tutto.
In questo GRAZIE, dove tutto è detto ormai della mia vita, io includo naturalmente voi, amici di ieri e di oggi e voi, amici di qui, mettendovi accanto a mia madre e mio padre, accanto ai miei fratelli e alle mie sorelle, voi che siete il centuplo che mi è stato dato secondo la promessa.
In questo GRAZIE, dove tutto è detto ormai della mia vita, io includo naturalmente voi, amici di ieri e di oggi e voi, amici di qui, mettendovi accanto a mia madre e mio padre, accanto ai miei fratelli e alle mie sorelle, voi che siete il centuplo che mi è stato dato secondo la promessa.
E includo anche te, amico dell'ultimo minuto, che non sai quello che fai.
Si, lo voglio anche per te questo GRAZIE e questo A - DIO, Dio che porta il tuo volto.
E che ci venga concesso, se Dio lo vorrà, Lui Padre di tutti e due, di ritrovarci finalmente felici in Paradiso.
AMEN. Insc'Allah (se Dio lo vorrà!)".
I funerali furono celebrati il 2 giugno e le teste dei monaci furono sepolte nel terreno del loro monastero due giorni dopo. Amici della popolazione islamica tra cui avevano scelto di vivere, presenza credente e orante in mezzo ad altri credenti e oranti, avevano voluto restare lì, per essere “oscuri testimoni di una speranza”, anche dopo essere stati ripetutamente avvisati che la loro permanenza era a rischio. Dovevano restare, perché “il monaco - come diceva Chesterton, citato da Christian - è come un albero, sta lì e purifica l’atmosfera”. Con altri amici musulmani, i monaci avevano creato il Ribat-es-Salam, il Vincolo-di-Pace, che si riuniva periodicamente per approfondire la conoscenza delle rispettive fedi: il primo passo in direzione - o già sua espressione - dell’amore. Profezia, forse, del nostro domani.
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