martedì 16 aprile 2013

Martirio: un fatto di fede

Oggi alle 21.15 in parrocchia si terrà una veglia di preghiera per i missionari martiri. Di seguito proponiamo una riflessione.


Il martirio è La Testimonianza con la lettera maiuscola, vuol dire metterci la vita, testimoniando fino alla fine non necessariamente morendo, ma vivendo fino in fondo, con tutto se stessi. Come sappiamo martirio in greco vuol dire testimoniare, per cui è una dimensione che riguarda tutti i cristiani. E’ in forza del nostro Battesimo che siamo chiamati a testimoniare con la vita l’Amore grande del Padre. Tutti siamo chiamati al martirio e alla testimonianza.

Il martirio è un fatto di fede, è cioè mettere la propria vita nelle mani di colui in cui si crede. Non si sceglie di morire solo “per una giusta causa” ma si è disposti a farlo perché Gesù, il nostro maestro, ci ha mostrato con la sua stessa morte, che questo può accadere e che siamo chiamati ad amare fino in fondo. 
Nel Martirio non do la vita per far vedere a Dio che gli voglio bene ma per far vedere ai fratelli che Dio è Amore. E’ importante quindi togliere l’aurea individualista del martire e sottolineare l’aspetto del servizio. Gesù è stato onesto con i suoi, ha subito parlato di martirio. Nella chiamata e quindi nella sequela è già compreso il martirio poiché la vita di ogni cristiano è ad imitazione della vita del Maestro. Lo è certamente nei momenti entusiasmanti in cui sentiamo la Sua presenza costantemente vicino a noi e lo è anche nei momenti di aridità, di persecuzione e di morte. Se infatti la nostra fede è la fede che somiglia a quella di Gesù anche la nostra morte somiglierà alla sua. Nella croce, ovvero nel martirio di Gesù c’è il modello di martirio di tutti i cristiani. Una testimonianza che passa attraverso titubanze dell’ultim’ora (padre allontana da me questo calice) oscurità, paure. Tutte dimensioni che Gesù ha condiviso con noi perché anche noi sapessimo di doverle e poterle affrontare. La morte è ovviamente un passaggio stretto, difficile da percorrere, che rappresenta quasi la negazione di Dio. Se infatti Dio è il Dio della vita la morte cos’è se non la sua negazione?


Spesso la nostra visione idolatrica di Dio ci fa credere che il Padre ha voluto il sangue del Figlio per saziare la sua ira nei riguardi di noi umanità peccatrice e traditrice. Ma quale padre chiederebbe il sangue del figlio per perdonare terzi? Questa interpretazione del sacrificio del figlio è un’icona che fa di Dio un crudele. Con Isaia Dio si chiede quale donna potrebbe mai dimenticarsi del proprio figlio e se per caso vi fosse al mondo una donna che si dimenticasse del proprio figlio, Lui non lo farebbe MAI!
Noi tendiamo a raffigurare Dio come il garante dell’ordine mondiale ma non è così! L’uomo è garante dell’ordine mondiale, l’uomo è garante della pace nel mondo ed ecco perché i martiri testimoniano che un mondo altro è possibile costi quel che costi.
“In piedi costruttori di pace!” diceva don Tonino Bello, e noi? Siamo in piedi pronti a partire o preferiamo restare accovacciati, un po’ in disparte, dietro le quinte della storia?
Nell’opera lucana il martirio è la rappresentazione dell’Amore di Dio. Un Amore gratuito che non conosce differenze, è per tutti!  La Buona notizia per tutti i delinquenti è che Dio muore anche per loro. L’espressione: “Padre nelle tue mani metto il mio spirito” ovvero metto il meglio di me, metto tutto me stesso dovrebbe essere, per noi giovani cristiani, il leitmotiv che ci accompagna dal mattino appena desti alla sera. Questo ci permetterebbe di vivere un cristianesimo capace di fare la differenza, capace di generare cambiamento attorno a se.
Noi siamo cristiani capaci di generare cambiamento? O ci accontentiamo di una fede tiepida che non disturba la quiete nostra né degli altri?
 Col martirio di Stefano, Luca mette l’accento sul fatto che essendo un discepolo di Gesù, egli muore esattamente come il suo maestro, perdonando i suoi carnefici, infatti l’Evangelista mette in bocca al giovane martire la stessa richiesta di perdono che Gesù fa sulla croce a favore dei suoi persecutori. Nel libro dei Maccabei troviamo un modello di martire che muore ma che chiede vendetta “noi moriamo adesso ma anche voi un giorno morirete”. Con il Vangelo il modello del martire cambia radicalmente, poiché egli muore e perdona mentre muore. Nella prospettiva cristiana il giudizio non c’è più perché è la vittima stessa che perdona il suo carnefice. Il martire fa questo per l’immensa gratitudine che ha verso il Padre che lo ha perdonato per primo. Inoltre il martire perdonando il carnefice nutre una sottile speranza che egli si converta. Ecco la straordinaria novità che ha portato Gesù con il Vangelo, ecco la nuova piattaforma sociale in cui siamo chiamati a vivere e testimoniare: un mondo capovolto in cui gli ultimi sono primi, in cui gli impoveriti godono la giustizia, in cui la misericordia senza fine di Dio Padre avvolge tutti e ci rende tutti figli degni e primi!
            
       Alex Zappalà                                                           Luca Moscatelli
       Segretario Nazionale Missio Giovani                    Teologo del Centro Studi Missio

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