sabato 9 marzo 2013

Gesù: l'incontro che gli ha cambiato la vita


L’amicizia nata sporcandosi le mani nei campi di lavoro; la provocazione di preti come P. Ugo, il salesiano fondatore dell’OMG; la condivisione con la fatica degli ultimi della terra, sono state il passaporto per incontrare il Cristo. Un incontro che gli aveva cambiato la vita, portandolo a non potersi più tirare indietro.


Giulio Rocca nato neI 1962 a Isolaccia Valdidentro, un paese vicino a Bormio, in Valtellina, aveva cominciato presto a occuparsi degli altri. A sedici anni aveva partecipato in Italia ai campi di raccolta rottami dell’Opera­zione Mato Grosso per sostenere i primi pro­getti in America Latina. Era partito poi per il Brasile. Infine s’era deciso per la missione a tempo pieno.

Giulio è stato ucciso a trent’anni da un drappello di terroristi, la sera del primo ottobre 1992. Si trovava da tre anni come volon­tario a Jangas: 200 anime sulla cordigliera peruviana.
 

Diplomato in agraria, in realtà a Jangas si occupava soprattutto di una cooperativa giovanile di intaglio. Era questo il mestiere che conosceva meglio, avendo sempre lavorato nel laboratorio del fratello artigiano del legno. Si occupava anche dello smista­mento dei materiali destinati ai vari progetti, essendo Jangas in posizione strategica tra Lima e le altre missioni.

I terroristi di Sendero Luminoso disprezza­vano il suo lavoro ed il fastidio che dava: “addormentate le coscienze dei poveri”; “il Perù ha bisogno della ribellione degli oppressi”; “con le vostre opere ed aiuti non risolvete di certo i problemi, né quello dell’a­gricoltura, né quello della fame”; “così accontentate i poveri e fate un lavoro con­trario a ciò che volgiamo noi”; “arriveremo al potere con la violenza”.

Giulio era troppo convinto di voler contrastare la pazzia del terrorismo, l’ignoranza, la violenza senza senso e senza futuro. Era troppo convinto del cammino inverso: la carità, la bontà, la conversione personale, il cammino di Gesù, la vera rivoluzione per l’uomo, per ogni uomo.


"A trent’anni mi sembra che nulla abbia più valore che seguire Gesù, lo desidero tanto per riempire il vuoto che è rimasto in me but­tando via tutto ciò che è inutile. Ho paura che tutto finisca presto e di non aver fatto bene. Non voglio perdermi per sempre. Per questo non mi preoccupa il non avere beni materiali che, alla fine rimangono come un peso che non mi aiuta a camminare verso Dio e verso gli altri. Così il fatto di vivere solo non mi spaventa, anzi lo accetto come condizione indispensabi­le per poter seguire questo cammino".
(da una lettera a Mons. José Ramon Gurruchaga)
"Carissimo Padre Ugo, (...) Nella chiesa il sangue dei martiri é sempre stato considerato un tesoro prezioso, i Santi piú vicini a Dio. E Gesú ha premiato con una morte violenta, simile alla sua, Giulio. Forse tutto questo per dire ad ognuno di noi: "Coraggio, il nostro cammino porta alla santitá piú perfetta, al martirio"...
Davanti alla morte dei giusti devo imparare a dire: "Grazie Gesú... grazie per averci tolto Giulio dalla terra e per averci regalato un Santo martire nel cielo."
Ci proteggerá, Padre Ugo, vedrai, ogni nostro capello é nelle mani di Dio, tutto é presente ai suoi occhi. Giulio intercederá per la nostra incredulitá. A noi viene chiesto di vivere come vuole Gesú. Il miracolo lo fará Lui.
Con tutto il bene, tuo Padre Daniele".
(da una lettera di Padre Daniele Badiali a don Ugo De Censi, fondatore dell'OMG)




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