probabilmente la notizia - carica di conseguenze drammatiche sull'economia di tutto il Paese - del terribile incendio che qualche giorno fa ha devastato il mercato centrale di Bujumbura non é arrivata fino in Italia. Per chi volesse informarsi, ed al tempo stesso dedicare un pensiero e una preghiera al Burundi, invio il semplice reportage di un amico che vive laggiù. Un abbraccio.
Daniela
È la mattina di domenica 27 gennaio quando il mercato centrale di Bujumbura prende fuoco, trasformandosi in breve in un’enorme colonna di fumo visibile anche dai quartieri più periferici.
Tra la folla, scene di panico e di disperazione: è
l’economia di centinaia di burundesi che se ne va in fumo, ma di riflesso è
l’economia di tutto il Paese a risentirne, perché è qui che confluiscono le
merci da ogni parte per alimentare poi tutte le migliaia di botteghe sparse nella
capitale. Dove a sera tutti i prezzi sono già aumentati...
Si annunciano tempi (più) duri.
Non è un paese ricco. Ma non è nemmeno tra i più poveri, se
si considera che il Burundi beneficia di un clima invidiabile, con due stagioni
delle piogge che riescono a garantire raccolti regolari di riso e di manioca,
di fagioli e di arachidi, di the e di caffè, di ananas e di banane.
E poi il lago Tanganika, che costeggia il Paese da nord a
sud, è ricco di pesce: sangalà, capitaine, ndagalà, coué, che la gente ama
gustare nei numerosi ristoranti per tutte le tasche.
Oltre a contare su una notevole produzione di carne bovina
di ottima qualità, anche se non sono certo in molti a potersela permettere
quotidianamente sulle loro tavole.
Insomma, il popolo burundese (volendo) ha di che vivere più
che dignitosamente. Non conosce il dramma della siccità e non ha più nemmeno la
“scusa” della guerra ad impedirne uno sviluppo progressivo ed organico, come da
anni avviene nel vicino Ruanda (un tempo considerato economicamente inferiore
al Burundi ma oggi decisamente più avanzato e indicato come esempio tra i
piccoli paesi africani).
Eppure l’economia del Burundi si trascina. Troppo poche le
industrie, decisamente poco sfruttati il turismo e l’artigianato, scarsi e
inefficaci gli incentivi per i produttori agricoli che non sono ripagati del
loro duro lavoro.
La ricchezza (che pure esiste, a giudicare dalle banche,
dagli hotel, dalle ville, dai palazzi e dalle auto) è concentrata nelle mani di
una minoranza sempre più ristretta e dalla precisa colorazione politica.
Il governo continua imperterrito la sua politica della mano
tesa: ben vengano gli aiuti delle ong così come quelli di paesi evidentemente
spinti a legarsi al Burundi da interessi economici dissimulati sotto le vesti
di aiuti internazionali. Tutto fa brodo. Ma la via dello sviluppo – francamente
– è ben altra.
(Gigi)
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