venerdì 1 febbraio 2013

Una preghiera per il Burundi

Ciao a tutti,
 


probabilmente la notizia - carica di conseguenze drammatiche sull'economia di tutto il Paese - del terribile incendio che qualche giorno fa ha devastato il mercato centrale di Bujumbura non é arrivata fino in Italia. Per chi volesse informarsi, ed al tempo stesso dedicare un pensiero e una preghiera al Burundi, invio il semplice reportage di un amico che vive laggiù. Un abbraccio.
Daniela


È la mattina di domenica 27 gennaio quando il mercato centrale di Bujumbura prende fuoco, trasformandosi in breve in un’enorme colonna di fumo visibile anche dai quartieri più periferici.

Tra la folla, scene di panico e di disperazione: è l’economia di centinaia di burundesi che se ne va in fumo, ma di riflesso è l’economia di tutto il Paese a risentirne, perché è qui che confluiscono le merci da ogni parte per alimentare poi tutte le migliaia di botteghe sparse nella capitale. Dove a sera tutti i prezzi sono già aumentati...

Si annunciano tempi (più) duri.

Non è un paese ricco. Ma non è nemmeno tra i più poveri, se si considera che il Burundi beneficia di un clima invidiabile, con due stagioni delle piogge che riescono a garantire raccolti regolari di riso e di manioca, di fagioli e di arachidi, di the e di caffè, di ananas e di banane.

E poi il lago Tanganika, che costeggia il Paese da nord a sud, è ricco di pesce: sangalà, capitaine, ndagalà, coué, che la gente ama gustare nei numerosi ristoranti per tutte le tasche. 



Oltre a contare su una notevole produzione di carne bovina di ottima qualità, anche se non sono certo in molti a potersela permettere quotidianamente sulle loro tavole.

Insomma, il popolo burundese (volendo) ha di che vivere più che dignitosamente. Non conosce il dramma della siccità e non ha più nemmeno la “scusa” della guerra ad impedirne uno sviluppo progressivo ed organico, come da anni avviene nel vicino Ruanda (un tempo considerato economicamente inferiore al Burundi ma oggi decisamente più avanzato e indicato come esempio tra i piccoli paesi africani).

Eppure l’economia del Burundi si trascina. Troppo poche le industrie, decisamente poco sfruttati il turismo e l’artigianato, scarsi e inefficaci gli incentivi per i produttori agricoli che non sono ripagati del loro duro lavoro.

La ricchezza (che pure esiste, a giudicare dalle banche, dagli hotel, dalle ville, dai palazzi e dalle auto) è concentrata nelle mani di una minoranza sempre più ristretta e dalla precisa colorazione politica.

Il governo continua imperterrito la sua politica della mano tesa: ben vengano gli aiuti delle ong così come quelli di paesi evidentemente spinti a legarsi al Burundi da interessi economici dissimulati sotto le vesti di aiuti internazionali. Tutto fa brodo. Ma la via dello sviluppo – francamente – è ben altra.
(Gigi)

Nessun commento:

Posta un commento