domenica 10 febbraio 2013

Bolu: soffrire con dignità

Questo evento particolare mi ha fatto riflettere e scrivere....
            suor Bertilla

Fu una domenica particolare, la 13a dell'anno liturgico. Rientrando dalla messa domenicale celebrata in parrocchia, a dieci minuti di strada dal nostro lebbrosario, trovammo un’ambulanza (specie di furgone porta-materiale) ad aspettarci all’entrata della nostra struttura.

C’erano anche tre poliziotti. Noi, colte di sorpresa, subito chiedemmo loro cosa fosse accaduto. Ebbene, un agente si avvicinò e ci disse: “Abbiamo trovato un lebbroso sul marciapiede una strada nel centro di Mumbai e abbiamo pensato di portarlo qui.” Non appena aprimmo il furgone, retrocessi istintivamente, tanto era forte il cattivo odore che fuoriusciva. Sdraiato su un lenzuolo di plastica lurido, unto e bisunto stava Bolu, un uomo avvolto in pochi stracci altrettanto sudici. Trasferimmo il povero ammalato sulla nostra lettiga. Non è facile descrivere la gravità delle sue condizioni: era semisvenuto, col corpo ricoperto di piaghe. Subito prestammo il primo soccorso: spugnatura, infusione endovenosa e iniezione via parenterale, ecc. ecc…

Bolu era il dono che il Signore ci aveva fatto quella domenica, l’occasione di mettere in pratica il Vangelo da poco letto e meditato (Mc 5, 21-43). Come Gesù aveva abbandonato la folla per seguire il padre della bambina morente per guarirla, anche noi non potevamo rimanere indifferenti di fronte a tale sofferenza. Abbiamo cercato di imitarLo, cioè di fare tutto il possibile per guarire il nostro prossimo. Dopo che medicammo per bene quelle piaghe estese, profonde, puzzolenti e necrotiche, Bolu si risvegliò. Fu allora che venimmo a conoscenza della sua ulteriore semi-cecità.

Di Bolu non abbiamo mai potuto avere nemmeno un identikit: neppure la polizia stessa aveva informazioni sul suo conto. Tutto ciò che si conosceva erano il suo nome e il luogo putrido dove era stato trovato, riverso agonizzante sul ciglio di una strada. Nel giro di pochi giorni Bolu peggiorò irreversibilmente e, nonostante le nostre cure e attenzioni, non ce la fece. Il pover’uomo morì senza rivelare nulla sulla sua vita, né sulla sua provenienza, ma sicuramente ha raggiunto la sua meta, il Cielo, perché ha saputo soffrire in silenzio, con pazienza, serenità e dignità.

Vimala – Mumbai – Agosto 2012

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