domenica 9 settembre 2012

Un miracolo di carità intrepida


Per conoscere meglio la storia di Padre Aurelio Maschio, caratterizzata da un’instancabile opera missionaria che lo colloca tra i grandi missionari salesiani e che costituisce un autentico miracolo di carità intrepida, la riproponiamo così come lui l’aveva presentata nel suo paese natale, in occasione della Messa d’oro per ricordare i 50 anni di sacerdozio missionario, ricevuto in India all’età di 24 anni, il 29 aprile del 1933.

«Ringrazio i miei genitori per la mia scelta missionaria. Ringrazio i benefattori che col loro aiuto hanno reso possibili le mie opere di carità per innumerevoli fratelli sofferenti. Anche don Bosco, il mio protettore, ripeteva spesso: “Senza il vostro aiuto, non avrei fatto nulla di buono”. Cominciai la mia missione nella tribù dei Khasi, sulle colline ai piedi dell’Imalaja, e fu una missione miracolo”: i fedeli, da 5000, sono divenuti 500 mila, ripartiti fra 7 diocesi, con vescovi, clero e religiosi indigeni. Quante popolazioni hanno potuto conoscere il Signore! Lì aprii scuole e dispensari, al fine di donare loro un tenore di vita sempre più umano.
Fui poi destinato a Bombay, nel sud dell’India: qui comincia la mia opera con i ragazzi della strada. Acquistai per pochi soldi un vasto terreno periferico, paludoso, che si copriva di due metri d’acqua nel periodo delle piogge monsoniche. Tutti mi dissero che era una pazzia!
Le difficoltà per trasformare quel terreno in zona di missione furono ingenti e io promisi alla Madonna che, se mi avesse aiutato, le avrei innalzato nel cuore della Missione un Santuario al suo nome, che irradiasse nell’Asia l’amore del cuore del suo Figlio. La Madonna, che è madre dei missionari, mi aiutò. Sorse, infatti, la missione Don Bosco, di Matunga, Bombay, con grandi scuole per i grandi bisogni della gioventù recuperata alla strada e con altre opere sociali di prima necessità per l’elevazione umana.


Nel centro, come promesso, costruii il Santuario dedicato a Maria Ausiliatrice, con l’aiuto di tanti benefattori e il sacrificio della stessa povera gente. Qui accorrono da ogni parte a pregare Indù, Musulmani, Parsi, Buddisti e tutti onorano Maria, la madre di tutti gli uomini, che elargisce grazie e favori a tutti. La statua dell’Ausiliatrice, posta in cima al Santuario, guarda benedicente e misericordiosa il grande tempio dell’umanità sofferente di tutta Bombay e di tutta l’Asia.
Continuai a lavorare per i poveri, facendo sorgere 16 grandi opere di promozione umana in altrettante zone: scuole, dispensari, preventori, colonie agricole, laboratori, distribuendo sempre vitto, vestiario, alloggio, istruzione, i beni indispensabili alla vita, riservando la preferenza ai figli dei poveri. Per loro costruii case economiche, bonificai terreni incolti, scavai pozzi, installai pompe, che dessero acqua, e quindi la vita ed il lavoro.
Ma l’opera delle opere più cara al mio cuore è SFAMARE GLI AFFAMATI, specie i BAMBINI e i LEBBROSI, che vivono sui marciapiedi, nei punti più ributtanti della metropoli, lungo i canali di scolo delle acque luride o sulla nuda terra o in rifugi di stracci o negli slums, senza acqua, luce, servizi igenici, nella desolazione. Ho l’aiuto delle Suore di Madre Teresa e delle Ancelle di Maria, chiamate le “suorine del sorriso”, che vivono nell’assoluta povertà, con loro e come loro, condividendo la sofferenza dei poveri indiani.


A Bombay ci sono 7 milioni di abitanti, di cui 3 milioni nascono, vivono e muoiono sui marciapiedi, come rifiuti dell’umanità; di essi oltre centomila sono lebbrosi; per loro ho messo dei posti di soccorso, nei quali vengono distribuiti viveri, bende, medicinali e, quando mi arrivano, anche i prodotti alimentari eccedenti del Mercato Comune Europeo (latte, olio, vestiario). Ecco, questi sono “i miracoli” di bontà per salvare molti, ogni giorno, dalla morte per fame lungo la strada che porta al Santuario, dove sfilano davanti a me dalle 5000 alle 8000 o anche 10000 persone, per ricevere il pane, che essi chiamano della BONTÀ, e una monetina, la rupia.
Questa è la mia vita a Bombay, la capitale della lebbra, che strappa brandelli di carne e di vita ogni giorno e ogni notte… Le Suore passano a raccogliere i moribondi ogni mattina presto.
La Carità così li riprende e li riporta al Signore. Ecco, amati benefattori, dove vanno i vostri aiuti; senza di voi non potrei continuare. Mi consola il Signore, vivo e sofferente nei bisognosi, che ci ripete: “Riterrò fatta a me ogni cosa, anche minima, fatta a loro. Così sia”».

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