venerdì 7 settembre 2012

Lasciar trasparire il volto di Cristo nella Chiesa


Il tradizionale appuntamento estivo fra l’Arcivescovo di Milano e i missionari e le missionarie rientrati per un breve periodo di riposo o che prestano il loro servizio presso la diocesi, si è svolto lunedì 20 agosto presso il Palazzo arcivescovile: nell’auspicio dell’Arcivescovo l’incontro doveva costituire un passo dentro il cammino di ciascuno, per la Chiesa di Milano e per le Chiese a cui i missionari sono inviati.

La Diocesi di Milano ha un’esperienza molto significativa ed è impressionante la ricchezza di esperienze delle varie forme missionarie; tuttavia vi è l’impressione che questa esperienza rifluisca assai poco nelle parrocchie e nelle aggregazioni di fedeli, pur essendoci molto da imparare da situazioni pur contrassegnate da contraddizioni e durezze. Da qui l’invito rivolto a comunicarle più diffusamente, anche attraverso la rete.
L’insegnamento che il Papa ha proposto qui in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie, introducendo il prossimo anno della Fede, dovrebbe esser conosciuto più approfonditamente per poter esser vissuto adeguatamente, anche perché si applica molto bene al mondo della missione.
La forza e il vigore dell’impegno missionario e dei credenti vengono dalla riscoperta dell’Amore di Cristo: la Fede cresce quando è vissuta come esperienza di un Amore ricevuto e comunicata come esperienza di grazia e di gioia; rende fecondi perché allarga il cuore nella Speranza e offre una testimonianza capace di generare: in questo risiede il dinamismo della dimensione missionaria dei cristiani e di tutta la Chiesa, sia nel suo aspetto fondamentale di Missio ad Gentes, che nell’aspetto normale della missione quotidiana che ciascuno è chiamato a vivere ogni giorno in tutti gli ambienti dell’umana esistenza, perché - come diceva Tommaso – una cosa, finché non è comunicata, non è veramente conosciuta. La nuova evangelizzazione, tema del prossimo Sinodo dei Vescovi, non è quindi che un modo culturalmente diverso di intendere la vecchia missione.
Uno dei passaggi più significativi del Sinodo del ’85 sosteneva che la ragion d’essere della Chiesa è quello di lasciar trasparire sul suo volto Gesù Cristo, null’altro. Se il Volto di Cristo vive tra di noi, per la potenza del suo Spirito che è su di noi (attraverso il Sacramento della Confermazione), intesi come Chiesa, in cui è situato anche il proprio io - in maniera consapevole, allora la missione sgorga spontanea, come amore e dono.
La missione non è una strategia, un progetto, una programmazione, ma è piuttosto la gratitudine per ciò che gratuitamente si è ricevuto che esplode, perché è bella e non può esser tenuta per sé, e inevitabilmente viene comunicata.
Le condizioni specifiche di difficoltà e urgenza in terra di missione (la pace, la giustizia, la violenza, il rapporto con il creato) diventano incarnazione della bellezza dell’incontro con Cristo, delle quali ve n’è bisogno nella misura in cui sono anticipate, precedute, avvolte e perseguite a partire dal desiderio di comunicare la capacità di Amore, che arriva fino al Perdono, che il Signore attraverso il Battesimo, l’Eucarestia, la Parola di Dio e la vita di comunità innerva ogni giorno nel nostro cuore.
Se viene rimosso l’aggancio costante con l’io nell’affrontare questi problemi, la caduta nell’ideologia diventa molto facile, da cui poi il passaggio all’utopia è altrettanto semplice e con essa inevitabile la violenza e l’uso delle armi .
Da qui l’esigenza di un’identità dinamica.
L’esigenza di affrontare il tema della conciliazione deriva dalla constatazione che la comunione tra noi è fragile, in una situazione di smarrimento come quella che stiamo attraversando in questo tempo, che non ci deve scandalizzare, perché deriva da cambiamenti talmente rapidi e talmente radicali da disorientare, come accadrebbe a un pugile messo al tappeto che si rialza barcollante.
Riconciliazione che deve partire dalle radici e che richiede preliminarmente uno sforzo di conoscenza reciproca, come ad esempio deve avvenire con l’Islam; il Cardinale ha portato a esempio la passata coraggiosa esperienza della Diocesi di Milano e l’attività compiuta personalmente nel patriarcato di Venezia attraverso l’esperienza della Fondazione Oasis, in risposta a una sollecitazione a fare qualcosa di tangibile.
In questo tempo di transizione, dunque, il tema della riconciliazione è decisivo, a partire dal Sacramento: non è privo di significato che il Sacramento sia trascurato, spesso anche da parte dei sacerdoti. La riconciliazione porta a galla il perdono, perché uno dei fondamenti del cristianesimo è “amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. Ma spesso, pur con l’urgenza missionaria che esiste a causa della confusione e dell’indifferenza, ci perde nel pregiudizio, che genera mormorazione e conflitto, oltre che l’esclusione dell’altro.
A tal proposito il Cardinale ha espresso la sua preoccupazione per la questione cruciale e difficile che le nostre chiese andranno ad affrontare l’anno prossimo, ovvero quella politica, in quanto essere di Gesù Cristo conta meno che essere di qualche politico, senza che sia possibile ritrovare un punto di unità.
In conclusione il Cardinale ha ricordato che si deve credere fermamente nella comunione nella preghiera, soprattutto nell’Eucarestia, con i missionari, perché la Fede si fortifica credendo e la preghiera è la modalità espressiva più semplice del credere.

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