sabato 18 febbraio 2012

Resiste ai superbi, dà grazia agli umili

Tutti i giorni possiamo constatare come ognuno tenda ad elevarsi al di sopra di se stesso, ad una posizione d’onore, di potenza, di ricchezza, di dominio, ad una vita agiata e a tutto ciò che è grande e superbo. E ognuno vuole stare con queste persone, corre loro dietro, le serve volentieri, ognuno vuol partecipare alla loro grandezza. Non per nulla nella Scrittura i re e i principi pii sono rari. Nessuno vuole guardare in basso, dove c’è povertà, vituperio, bisogno, afflizione e angoscia, anzi tutti distolgono da ciò lo sguardo...

...Ognuno sfugge le persone che si trovano in quella condizione, le scansa, le abbandona, nessuno pensa di aiutarle, di assisterle e di far sì che anch'esse migliorino nella loro situazione: devono rimanere in basso ed essere disprezzate. Non v’è alcun creatore tra gli uomini che voglia fare qualche cosa dal nulla, come pure insegna san Paolo in Romani, XII: “Fratelli diletti, non stimate le cose alte, ma attenetevi alle umili”. Dio soltanto sa riguardare a quelli che si trovano nel dolore più profondo e nell’afflizione, ed è vicino a tutti coloro che si trovano in infime condizioni, come dice Pietro: “Egli resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili”. E da quest’abisso salgono l’amore e la lode di Dio. Nessuno può lodare Iddio, se prima non ha iniziato ad amarlo. Così pure nessuno lo può amare, se non percepisce il suo amore e la sua bontà. Egli, però, non può essere conosciuto in tal modo se non attraverso le sue opere. Quando, perciò, in base all’esperienza, lo si conosce come un Dio che guarda verso il basso e soccorre i poveri, i disprezzati, i miseri, gli afflitti, gli emarginati e quelli che non contano nulla, egli diventa tanto amabile che il cuore trabocca dalla gioia, e palpita e sussulta per il grande piacere che trova in Lui.E allora immediatamente lo Spirito Santo insegna nell’esperienza questa entusiasmante arte e questo piacere. (Martin Lutero, Commento al Magnificat).

Il calendario ecumenico ricorda oggi Martin Lutero, riformatore della Chiesa. Martin era nato a Eisleben, in Germania, il 10 novembre 1483, da Margarethe Ziegler e Hans Luther. Dopo aver studiato all’università di Erfurt, decise di dare una svolta radicale alla sua vita. Nel 1506, contro la volontà paterna, entrò nel convento agostiniano della stessa città, l’anno successivo, fu ordinato sacerdote e si diede ad approfondire con passione le Sacre Scritture, le lettere di Paolo, il pensiero d’ Agostino, le sentenze di Pietro Lombardo e la produzione di molti altri teologi e filosofi. Trasferito, nel 1512,  al convento di Wittenberg, vi conseguì il dottorato in teologia, insegnando negli anni successivi esegesi biblica all'università. Nel 1517, sdegnato per le numerose deviazioni presenti nella vita della chiesa (nepotismo, amore del potere e della ricchezza, rilassatezza morale), ma soprattutto per lo scandaloso commercio delle indulgenze che aveva preso piede, rese pubblico un elenco di 95 tesi con cui ne contestava la dottrina.  Nel 1518 venne  chiamato a discolparsi davanti al legato pontificio, cardinale Caetano, durante la dieta di Augusta, rifiutando tuttavia di ritrattare le sue tesi. Nel 1520 il papa emanò la bolla Exurge Domine, con cui condannava 40 proposizioni di Lutero. Questi rispose con un opuscolo durissimo, precisando ulteriormente il suo pensiero in tre opere che posero  le basi della Riforma: La cattività babilonese della Chiesa, Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, e Sulla libertà del cristiano. Nel 1521, scomunicato e bandito dall'impero, si rifugiò a Wartburg, presso il principe Federico III di Sassonia, dove si impegnò nella traduzione tedesca della Bibbia. Nel 1525 sposò  Catharina von Bora, da cui ebbe sei figli. La rapida diffusione del suo messaggio, lo portò, negli anni successivi, ad impegnarsi nella difesa della sua dottrina dalle interpretazioni più radicali ed estremistiche della riforma religiosa, sfociate, sul piano sociale, nella cosiddetta Guerra dei contadini. Per fronteggiare questa, Lutero non esitó a chiedere ai principi tedeschi di schiacciare la ribellione nel sangue e restaurare l’ordine violato. Lutero morì nella sua città natale, il 18 febbraio 1546. Poco dopo la sua morte, fu ritrovato un appunto, da lui scritto pochi giorni prima di morire. Riassumeva in una frase quello che è considerato il suo testamento spirituale: “Wir sind Bettler. Das ist wahr”, ovvero: “Siamo mendicanti. Questo è vero”. Se la rottura dell’unità ecclesiale fu l’altissimo prezzo pagato dall’azione di riforma da lui avviata, bisogna tuttavia riconoscere che essa provocò anche nella Chiesa cattolica un salutare sussulto, in vista di una testimonianza più coerente e di un annuncio più credibile dell'Evangelo.

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