«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore». (Lc 4, 18)
Nell’Anno della Fede nasce l’esigenza di riferirsi alla radice, al paradigma di Missione proposto da Gesù, a cui tutti i battezzati sono chiamati a dare continuità. Durante il nostro ritiro spirituale decanale, siamo stati condotti a riflettere su questo tema dal biblista Luca Moscatelli.
Il racconto segue il triplice episodio delle tentazioni nel deserto subite da Gesù da parte del demonio, a cui resistette traendo ispirazione proprio da quanto affermato nelle Scritture, facendo emergere con chiarezza l’intenzione di rifuggire dal miracolo come atto sensazionale, che porta beneficio esclusivo a se stessi, per non cadere nell’idolatria; viceversa la Missione di Gesù si caratterizza per l’umiltà, vissuta attraverso il servizio che pone gli altri in primo piano.
E prima ancora era avvenuta la manifestazione di Gesù nel Battesimo - «Tu sei il mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto», avvenuto in mezzo ai peccatori, come a rispecchiare la morte in croce, per testimoniare la solidarietà di Dio nei loro confronti, come a rivelare il senso profondo della Missione, che porta anche in mente l’offerta di Santa Teresa di Lisieux: «Accetto di mangiare del pane della sofferenza fino a quando tu vorrai. Non voglio alzarmi da questa tavola colma di amarezza, alla quale siedono i peccatori, prima del giorno che tu hai stabilito...»; il peccato viene visto nelle Scritture come lontananza da Dio, distanza che viene colmata solo quando Dio viene a vivere in mezzo a noi, concedendo di fatto il perdono.
Nella Sinagoga Gesù riceve il rotolo della Scrittura del Profeta Isaia, ma è Lui a scegliere il brano attraverso cui profetizzare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me», che fa di Lui l’Inviato, inaugurandone la Missione, per restituire ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi di ogni popolo, razza e religione la propria dignità, per ripristinare l’uguaglianza, per testimoniare l’avvento dell’Anno di Grazia del Signore: «Oggi questa Scrittura si è compiuta nei vostri orecchi».
La reazione nazareni è di stupore di fronte al riconoscimento di Gesù, che seppure avesse vissuto per trent’anni in mezzo a loro, crescendo in sapienza e grazia, non era stato fino allora realmente conosciuto, per mancanza di sintonia con il progetto di Dio: l’attesa degli israeliti era infatti per l’anno della vendetta di Dio contro i suoi nemici, eventualità completamente esclusa da Gesù, da qui il rancore e la rabbia che si manifesta nei suoi confronti. Ma è proprio nell’assenza di distinzione per i destinatari che garantisce l’autenticità divina dell’intervento di Gesù: l’indicazione per noi è di occuparsi di tutti, pur senza dimenticare i propri.
«Lo Spirito del Signore è sopra di me» è la consacrazione di Gesù a Re, tramite unzione sacra; se oggi questa Parola si è riempita (come espresso nell'etimologia ebraica) nelle nostre orecchie, significa che - ascoltandola - essa viene riferita a ciascuno di noi, affinché portiamo il lieto annuncio: la Parola ci riguarda e ci rende protagonisti, come spinti dall’ardore dei discepoli di Emmaus: voi siete una primizia, scelti per andare ad annunciare la Parola!
La visione dei poveri deve perciò ferirci il cuore e provocare in noi la giusta indignazione, rendendoci annunciatori della Salvezza di Dio, che è per tutti, e strumenti nelle sue mani.
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