martedì 13 maggio 2014

Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide


Come ogni anno, il 31 ottobre le Chiese luterane hanno festeggiato l’anniversario dell’evento che simbolicamente ha dato inizio alla Riforma protestante: l’affissione delle 95 tesi di Lutero a Wittemberg, nel 1517. 

Una festa per celebrare una lacerazione della Chiesa? Forse nei secoli è stato così, ma non più oggi: il cammino ecumenico percorso in questi decenni, a partire in particolare dal Concilio Vaticano II, ha ottenuto risultati inimmaginabili solo mezzo secolo prima. Così le Chiese si sono incamminate per giungere a commemorare in modo congiunto il 500° anniversario della Riforma, che cadrà nel 2017.
Ma come è stata possibile questa guarigione - o, per lo meno, questa cura efficace - delle memorie? Il 17 giugno scorso è stato reso pubblico un documento, Dal conflitto alla comunione. La commemorazione comune luterana-cattolica della Riforma nel 2017, messo a punto dalla Commissione teologica bilaterale. Un testo che ripercorre la vicenda di quell’istanza evangelica che si tramutò ben presto in divisione nella Chiesa d’Occidente. È un racconto condiviso delle vicende del passato che non si nasconde dietro luoghi comuni e non evita interrogativi cruciali, ma che affronta le questioni più scottanti di allora e di oggi con l’intento di ricostruire una storia comune, di riconoscere gli errori commessi e le intenzioni stravolte, così come le ricadute positive nella vita di fede quotidiana di tanti cristiani.
È un testo denso, frutto non solo dell’ottimo lavoro di teologi e storici della Chiesa, ma più ancora del vissuto quotidiano di tante comunità cristiane. Si coglie anche un clima più propenso a ricercare non solo «ciò che ci unisce che è più grande di ciò che ci divide» (per citare Giovanni XXIII), ma soprattutto Colui che unisce i cristiani, Cristo stesso, più grande e più forte di colui che divide, il diavolo il cui nome è «divisore», appunto. Questa riflessione teologica accompagna per mano anche chi della Riforma e della Controriforma conosce solo qualche episodio, perlopiù negativo: scomuniche, condanne reciproche, persecuzioni, cedimenti al potere temporale. 
Il testo termina con un’affermazione decisiva - «il conflitto del XVI secolo è finito» - e pone cinque «imperativi» da assumere come compiti ineludibili da qui al 2017: istanze evangeliche che proiettano le Chiese verso la testimonianza resa a Cristo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo e che offrono l’unico criterio decisivo per una celebrazione autenticamente cristiana: «Gli inizi della Riforma saranno ricordati in maniera adeguata quando luterani e cattolici ascolteranno insieme il Vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo chiamare a fare comunità insieme al Signore». Ecco la perenne vocazione cristiana: fare comunità con il Signore Gesù. Con lui e attorno a lui le nostre infedeltà sono avvolte dal suo perdono e le nostre differenze diventano carismi complementari a beneficio della corsa della Parola nella storia.
Davvero i teologi hanno fatto la loro parte, ora tocca ai cristiani convertirsi all’unico Signore, riscoprire i sentieri che la Parola di Dio traccia nelle loro vite, rinnovare quel desiderio di essere portatori di una buona notizia che è messaggio di speranza per l’umanità intera: la vita è più forte della morte, il Signore ha vinto la morte, per tutti e per sempre.

Guido Dotti, Monaco di Bose, esperto di questioni ecumeniche

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