lunedì 30 dicembre 2013

Testimone di Cristo nei luoghi dello sterminio


Il 20 luglio 1944 esplode una bomba nell'ufficio di Adolf Hitler che ne esce illeso. Il colpevole dell'attentato, il conte von Staufenberg,viene fucilato la sera stessa. Dietrich Bonhoeffer, teologo e pastore protestante, parte integrante della cospirazione e al momento già in carcere per sospetti di sommossa contro il governo, viene impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg, il 9 aprile 1945, a solo un mese dalla resa incondizionata della Germania.

Il medico del campo di concentramento di Flossenbürg narra la sua esecuzione:
«Attraverso la porta socchiusa di una cella della baracca dei prigionieri, poco prima della consegna della casacca di prigioniero, vidi il pastore Bonhoeffer inginocchiato in preghiera intima con il suo Signore Iddio. La maniera di pregare di quell’uomo così simpatico, maniera piena di abbandono e di fiducia, mi fece profonda impressione. Ai piedi della forca si fermò ancora un poco per una breve preghiera, quindi salì silenzioso e risoluto la scala. La morte seguì dopo pochi secondi. Nella mia carriera di medico, durata cinquant’anni, non ho mai visto morire un uomo così offerto a Dio».
Dagli scritti:
L’uomo assolve la responsabilità che gli è imposta non mediante il fedele adempimento dei suoi doveri terreni di cittadino, di lavoratore o di padre di famiglia, bensì nell’ascoltare la chiamata di Gesù Cristo che senza dubbio lo rinvia anche all’adempimento di quei doveri, però non si esaurisce in essi, ma li sovrasta, li segue e li precede. La vocazione in senso neotestamentario non sanziona mai gli ordinamenti secolari in quanto tali: il “sì” che pronuncia su di loro contiene sempre in pari tempo un deciso “no”, una durissima protesta contro il mondo.
“Mi è stata usata misericordia”, abbiamo appena cantato. È ciò che l’intera comunità dei cristiani canta a ogni nuovo giorno. “Mi è stata usata misericordia”: quando rinchiudevo il mio cuore a Dio; quando andavo per la mia strada, per la strada del mio peccato; quando amavo più i miei peccati di quanto amassi Dio; quando a causa del mio peccato ero nella miseria e gemevo; quando mi ero smarrito e non trovavo più la via del ritorno, ecco che la parola di Dio mi ha toccato, e ho udito in quel momento: “Dio mi ama”. Gesù mi ha trovato: era presso di me – lui solo -, mi consolava, mi rimetteva tutti i miei peccati e non mi imputava il male che avevo commesso. “Mi è stata usata misericordia”. Quando ero nemico di Dio a motivo dei suoi comandamenti, ecco, egli mi ha trattato come si tratta un amico. Quando gli facevo del male, Dio mi faceva del bene. Non mi imputava il male che avevo compiuto, ma mi veniva a cercare, infaticabile, senza rancore. Soffriva con me, moriva per me, per me nulla gli era troppo gravoso. Così mi ha vinto. Dio ha avuto ragione del suo nemico. Il Padre ha ritrovato suo figlio. Non è forse a questo che pensiamo quando cantiamo questo corale? E tuttavia non posso capire perché Dio mi ami, perché io gli fossi così caro; non riesco a capacitarmi che egli abbia voluto vincere il mio cuore a costo della sua vita; posso solo dire: “Mi è stata usata misericordia”... Ma appunto perché non so capacitarmi e non riesco a comprendere nulla di tutto ciò, per questo nel nostro testo è detto: “Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi”. Vale a dire: in altre cose, per esempio nel vostro lavoro, voi potete anche essere gente molto accorta, ma su un punto per la vostra stessa natura, voi non saprete mai abbastanza; su un punto siete stolti e insipienti come dei bambini: è in ciò che riguarda la misericordia di Dio, o piuttosto: come un nemico possa diventare un amico, come possa essere vinto un nemico di Dio.

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