domenica 12 giugno 2011

Medico delle anime e non del corpo



La vita, la propria storia, è come un nodo aggrovigliato, un intreccio di vissuti, che non puoi slegare dai ricordi, dalle parole, dalle emozioni… Da tutto questo, oggi, riesco a trarre un senso, un orientamento ben preciso al quale, un giorno, ho trovato il coraggio di dire «sì».
Mi chiamo Emanuele, ho 26 anni e sono un seminarista dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Vi scrivo con gioia, per condividere con voi qualche stralcio della mia vita e delle mie scelte.
Nonostante l’educazione ai valori cristiani, ho vissuto come tanti giovani il periodo burrascoso dell’adolescenza; un tempo fatto di feste, concerti, amici, fidanzate. La mia fede? Qualcosa di lontano e strettamente personale, un po’ per vergogna, un po’ perché, quando c’è in testa il solo divertimento, la domanda sul senso della vita non l’affronti mai con vera onestà. Ricordo i miei 19-20 anni come un periodo fitto di domande sulle qualità delle mie relazioni: «Questi miei amici cosa conoscono realmente di me? Cosa ci unisce oltre al divertimento? La mia ragazza cosa condivide veramente con me? Ed io?»; in una parola: «Come sto vivendo?».
In queste riflessioni, mi aiutò la scelta universitaria che mi aveva portato fuori casa, lontano quanto basta per ritrovarmi in poco tempo in un collegio universitario con altri 50 giovani; ho cominciato così a condividere la mia vita con gli altri, tra un piatto di spaghetti e tante chiacchierate.
Studiavo Medicina e stando tra gli ammalati, mi rendevo conto che la diversità di “mali” di cui si lamentava la gente, molto spesso non rientrava negli ambiti medico-chirurgici.
Nasceva così, in me, un’insoddisfazione sotto forma di domanda: «Ma cosa è, realmente, la “malattia”? La “sofferenza”?». Ciò che avvelenava realmente la vita delle persone che incontravo, non era tanto un problema clinico, quanto invece l’assenza di Dio dalla loro esistenza, dai loro sogni, dalle loro sofferenze. Ho percepito sempre più una tensione a “fermarmi” con chi soffriva, ammalati e non; avevo bisogno di avvicinarli in modo diverso, di ascoltare quei cuori, non tanto con il fonendoscopio del medico, quanto con l’Amore di Dio: il Crocifisso!
Aiutato da un prete Missionario del Preziosissimo Sangue, ho imparato a dare un nome a tale incompletezza, scoprendo con gioia, ma senza grande sorpresa, il desiderio interiore, sempre più cosciente, di essere medico dell’anima, più che del corpo: sacerdote! La meraviglia ti prende e non puoi più parlare. Ma quanta paura, quanta fatica ad accettare tutto questo. Bisognava lasciare tutto e ripartire…
Sono passati quasi tre anni da quei giorni di dubbi e scelte. Oggi da seminarista, frequento il II anno di Filosofia e vivo nella nostra comunità del Seminario Maggiore insieme ad altri 21 giovani di età, provenienze e storie diverse. Insieme studiamo, preghiamo e partecipiamo occasionalmente ad attività di apostolato e ministero missionario insieme ai sacerdoti. Ci accomuna la spiritualità del Sangue di Cristo, che promuove la Vita, e la risposta che ognuno ha dato, nel suo cuore, al mistero di un Dio imprevedibile e misterioso che si rivela nella vita di ciascuno come un Padre innamorato. Forse non è sempre questa l’immagine che abbiamo di Dio; non lo era neanche per me. Ma la preghiera, l’ascolto attento della Parola, raccontano di un Dio che tende ostinatamente la Sua mano e ci ama contro ogni nostra aspettativa. Sì, siamo figli di un Dio che ci tiene per mano, ci accarezza e sussurra delicatamente «Tu, sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo!» (Is 43,4).
Auguri di gioia per la tua vita!
Emanuele

Nessun commento:

Posta un commento