lunedì 9 settembre 2013

Il pane quotidiano


Meglio dare poco a tutti, che molto a pochi. Tutti uguali… tutti figli di Dio… i bambini… meglio una goccia sola, ma a tutti…

                Padre Aurelio Maschio

Padre Aurelio, Missionario Salesiano di cui ricorre oggi l’anniversario di nascita al Cielo, trascorse in India più di settant’anni, ma mai si abituò alla fame dei bambini, da cui veniva sempre profondamente commosso. Ai bambini delle scuole del paese natale raccontava: «La notte quando i piccoli sussurrano alla mamma: “Ho fame!”, questa risponde dolcemente: “Prova a chiudere gli occhi ancora un poco… vedrai, dormendo ti passa”».

Per tantissimi anni Padre Aurelio si era occupato personalmente della folla di affamati che - puntualmente alle 5 del mattino - sfilava silenziosamente per ricevere il pane della bontà, che costituiva per loro l’unico pasto giornaliero.

Durante la celebrazione dei suoi 50 anni di sacerdozio, in una sua “Lettera a Gesù”, dichiarò: «La più grande gioia che mi hai dato in questi 50 anni è stata la possibilità di nutrire migliaia di poveri bambini e anziani. La mia preferenza poi è andata ai lebbrosi. Io ho sempre veduto Te nei fratelli più poveri, negli affamati, nei senzatetto, nei prigionieri e nei malati».


In India era da sempre proibito dar da mangiare agli affamati e ai lebbrosi e, perciò, la distribuzione dei sostentamenti avveniva illegalmente nel cuore della notte; per provvedervi, lui aveva fatto costruire un forno, copiato da quelli in uso in Veneto, che funzionava in continuazione.

D’altra parte, oltre alla fede in Dio e alla devozione alla Madonna, che costituivano la sua ricchezza interiore, Padre Aurelio dimostrò negli anni anche un eccezionale talento imprenditoriale e organizzativo. Aveva capito che poteva fare ancora di più di quanto avesse pensato inizialmente e che gli si presentavano opportunità sempre nuove per procurare aiuti; giunto a Bombay, aveva intuito che la situazione di quegli anni richiedeva un impegno straordinario, ma che il Signore sino allora non l’aveva mai deluso, ogni volta che gli aveva chiesto aiuto per i giovani e per i poveri.

Scriveva nelle sue lettere: «Il Vangelo della bontà può diventare anche per voi canto di festa. Come me, come ciascuno di voi, questi poveri hanno bisogno di una mano amica, di un sorriso che rassicuri e non tradisca. Attendono qualcuno che sia come un segno concreto che Dio c’è davvero e che non si dimentica di loro».


Durante la sua lunga permanenza in India, Padre Aurelio lasciò concretamente ad ogni generazione innumerevoli grandi opere, che vennero definite dall’arcivescovo di Bombay autentici miracoli di pietra. Lui non attribuiva il successo a sé stesso, ma metteva tutta la grinta per portare a termine i progetti da lui intrapresi, assumendo le sempre maggiori responsabilità con spirito di servizio.

Aveva imparato che accumulare denaro non dava nessuna sicurezza e che, anzi, era controproducente, mentre doveva essere impiegato come strumento per fare il bene.
A tale riguardo aveva scritto: «Per i miei giovani ho costruito e continuo a costruire case, officine, scuole. Volevo qualificarli nell’impiego. Chi sa lavorare non finirà mai sul marciapiede a stendere la mano».

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