Carissimi, è tanto che non scrivo una delle mie "lettere africane".
L'ho fatto stanotte, dopo tanto meditare. Il tema non è allegro ma ... stavolta va così.
Un abbraccio, Daniela
3 luglio. Ero
appena tornata da Barcellona. Ho aperto la mia casella di posta e quella mail
ha subito attirato la mia attenzione. Il titolo - Condoglianze - non prometteva nulla di buono.
E’ così che ho
saputo della scomparsa di uno dei miei collaboratori più stretti in Costa
d’Avorio.
Moro aveva 38
anni ed era tra i fondatori della compagnia El Shaddaï, partner locale
dell’ONG per cui lavoro.
Regista, attore,
scenografo, mimo : un artista completo che ha saputo impreziosire il
progetto « Nouveaux Horizons » con festival teatrali, laboratori
artistici, sketch e spettacoli capaci di coniugare divertimento e
sensibilizzazione, coinvolgendo i giovani del difficile quartiere di Abobo in
qualcosa di assolutamente nuovo.
Un attacco di
cuore se l’è portato via all’improvviso, pochi giorni dopo avermi augurato
buone vacanze in aeroporto.
Non ho detto,
però, la cosa più importante, e cioè che Moro era per me anche e soprattutto
un amico prezioso, uno dei più cari che avevo in Costa d’Avorio. Uno con cui ho
condiviso interminabili riunioni di lavoro domenicali, strade fangose e autobus
scassati per incontrare i casi più problematici, allegri pranzi nel più umile
dei maquis di Abobo, risvegli
all’alba per organizzare un festival di teatro in un quartiere in cui nulla era
mai stato fatto per i giovani…
Ricordo il mio
primo giorno di lavoro ad Abidjan come capoprogetto, nel lontano giugno
2011 : la guerra civile che aveva sconvolto la Costa d’Avorio e devastato
Abobo era ancora uno spettro recente e aveva bisogno di essere raccontato,
esorcizzato … così ciascuno dei miei futuri colleghi aveva voluto condividere
la sua esperienza durante quei tragici mesi.
Storie di
sofferenza, di paura, di violenza inaudita e gratuita, di commozione toccante,
di fronte alle quali mi sono sentita infinitamente piccola e impotente, schiacciata
dal peso di un vissuto tanto drammatico.
Moro era lì,
insieme agli altri coordinatori locali. Anche lui era dovuto scappare dai
bombardamenti, anche lui aveva perso dei familiari, anche la sua casa era stata
saccheggiata.
Due anni sono
passati da allora, ma ricordo perfettamente la conclusione della sua
testimonianza : Oggi non abbiamo più
nulla, tutto ci è stato tolto. Abbiamo però le nostre mani : con quelle
ricostruiremo. In quest’assurda guerra ciascuno di noi ha perso almeno un
amico, un familiare, un vicino, ma noi siamo vivi, siamo qui : andremo
avanti anche per quelli che non ci sono più.
Voglio
ricordarti così, Moro, con queste tue stesse parole piene di speranza e forza.
Lo faccio in un
momento di grande fatica, in cui una serie infinita di lutti e perdite dolorose
(l’ultima proprio oggi…) si sta abbattendo sul personale del progetto che –
insieme – abbiamo fortemente voluto, per il quale abbiamo lottato e grazie al
quale ogni giorno proviamo a cambiare le sorti di tanti giovani ivoriani
abbandonati a sé stessi.
La morte é
indubbiamente un mistero, qualcosa di inspiegabile e drammatico, ma qui in
Africa è talmente «normale» da risultare insopportabile, dolorosa oltre ogni
limite.
Impossibile
abituarvicisi. Impossibile non chiedersi il perché di tutta questa sofferenza.
Il fatalismo con
cui è vissuta la perdita di una persona giovane raddoppia lo sgomento ed
accresce il sentimento di impotenza di chi non si rassegna. Ripeto a me stessa
che solo la fede permette di dare un senso a ciò umanamente non può essere
spiegato. E quella frase - «Andremo
avanti anche per coloro che non ci sono più » - diventa impegno e
promessa per ciascuno di noi…
Abidjan, 8 agosto 2013
Daniela
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