venerdì 9 agosto 2013

Avanti, per quelli che non ci sono più


Carissimi, è tanto che non scrivo una delle mie "lettere africane". 
L'ho fatto stanotte, dopo tanto meditare. Il tema non è allegro ma ... stavolta va così.
Un abbraccio, Daniela
 
3 luglio. Ero appena tornata da Barcellona. Ho aperto la mia casella di posta e quella mail ha subito attirato la mia attenzione. Il titolo - Condoglianze - non prometteva nulla di buono.

E’ così che ho saputo della scomparsa di uno dei miei collaboratori più stretti in Costa d’Avorio.

Moro aveva 38 anni ed era tra i fondatori della compagnia El Shaddaï, partner locale dell’ONG per cui lavoro.

Regista, attore, scenografo, mimo : un artista completo che ha saputo impreziosire il progetto « Nouveaux Horizons » con festival teatrali, laboratori artistici, sketch e spettacoli capaci di coniugare divertimento e sensibilizzazione, coinvolgendo i giovani del difficile quartiere di Abobo in qualcosa di assolutamente nuovo.

Un attacco di cuore se l’è portato via all’improvviso, pochi giorni dopo avermi augurato buone vacanze in aeroporto.

Non ho detto, però, la cosa più importante, e cioè che Moro era per me anche e soprattutto un amico prezioso, uno dei più cari che avevo in Costa d’Avorio. Uno con cui ho condiviso interminabili riunioni di lavoro domenicali, strade fangose e autobus scassati per incontrare i casi più problematici, allegri pranzi nel più umile dei maquis di Abobo, risvegli all’alba per organizzare un festival di teatro in un quartiere in cui nulla era mai stato fatto per i giovani…

Ricordo il mio primo giorno di lavoro ad Abidjan come capoprogetto, nel lontano giugno 2011 : la guerra civile che aveva sconvolto la Costa d’Avorio e devastato Abobo era ancora uno spettro recente e aveva bisogno di essere raccontato, esorcizzato … così ciascuno dei miei futuri colleghi aveva voluto condividere la sua esperienza durante quei tragici mesi.

Storie di sofferenza, di paura, di violenza inaudita e gratuita, di commozione toccante, di fronte alle quali mi sono sentita infinitamente piccola e impotente, schiacciata dal peso di un vissuto tanto drammatico.

Moro era lì, insieme agli altri coordinatori locali. Anche lui era dovuto scappare dai bombardamenti, anche lui aveva perso dei familiari, anche la sua casa era stata saccheggiata.

Due anni sono passati da allora, ma ricordo perfettamente la conclusione della sua testimonianza : Oggi non abbiamo più nulla, tutto ci è stato tolto. Abbiamo però le nostre mani : con quelle ricostruiremo. In quest’assurda guerra ciascuno di noi ha perso almeno un amico, un familiare, un vicino, ma noi siamo vivi, siamo qui : andremo avanti anche per quelli che non ci sono più.


Voglio ricordarti così, Moro, con queste tue stesse parole piene di speranza e forza.

Lo faccio in un momento di grande fatica, in cui una serie infinita di lutti e perdite dolorose (l’ultima proprio oggi…) si sta abbattendo sul personale del progetto che – insieme – abbiamo fortemente voluto, per il quale abbiamo lottato e grazie al quale ogni giorno proviamo a cambiare le sorti di tanti giovani ivoriani abbandonati a sé stessi.

La morte é indubbiamente un mistero, qualcosa di inspiegabile e drammatico, ma qui in Africa è talmente «normale» da risultare insopportabile, dolorosa oltre ogni limite.

Impossibile abituarvicisi. Impossibile non chiedersi il perché di tutta questa sofferenza.

Il fatalismo con cui è vissuta la perdita di una persona giovane raddoppia lo sgomento ed accresce il sentimento di impotenza di chi non si rassegna. Ripeto a me stessa che solo la fede permette di dare un senso a ciò umanamente non può essere spiegato. E quella frase - «Andremo avanti anche per coloro che non ci sono più » - diventa impegno e promessa per ciascuno di noi…

Abidjan, 8 agosto 2013
Daniela

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