Come ogni anno, il 31
ottobre le Chiese luterane hanno festeggiato l’anniversario dell’evento che simbolicamente
ha dato inizio alla Riforma protestante: l’affissione delle 95 tesi di Lutero a
Wittemberg, nel 1517.
Una festa per celebrare una
lacerazione della Chiesa? Forse nei secoli è stato così, ma non più oggi: il
cammino ecumenico percorso in questi decenni, a partire in particolare dal
Concilio Vaticano II, ha ottenuto risultati inimmaginabili solo mezzo secolo
prima. Così le Chiese si sono incamminate per giungere a commemorare in modo
congiunto il 500° anniversario della Riforma, che cadrà nel 2017.
Ma come è stata possibile
questa guarigione - o, per lo meno, questa cura efficace - delle memorie? Il 17
giugno scorso è stato reso pubblico un documento, Dal conflitto alla comunione.
La commemorazione comune luterana-cattolica della Riforma nel 2017, messo a
punto dalla Commissione teologica bilaterale. Un testo che ripercorre la
vicenda di quell’istanza evangelica che si tramutò ben presto in divisione
nella Chiesa d’Occidente. È un racconto condiviso delle vicende del passato che
non si nasconde dietro luoghi comuni e non evita interrogativi cruciali, ma che
affronta le questioni più scottanti di allora e di oggi con l’intento di
ricostruire una storia comune, di riconoscere gli errori commessi e le
intenzioni stravolte, così come le ricadute positive nella vita di fede
quotidiana di tanti cristiani.
È un testo denso, frutto non
solo dell’ottimo lavoro di teologi e storici della Chiesa, ma più ancora del vissuto
quotidiano di tante comunità cristiane. Si coglie anche un clima più propenso a
ricercare non solo «ciò che ci unisce che è più grande di ciò che ci divide»
(per citare Giovanni XXIII), ma soprattutto Colui che unisce i cristiani,
Cristo stesso, più grande e più forte di colui che divide, il diavolo il cui
nome è «divisore», appunto. Questa riflessione teologica accompagna per mano
anche chi della Riforma e della Controriforma conosce solo qualche episodio,
perlopiù negativo: scomuniche, condanne reciproche, persecuzioni, cedimenti al
potere temporale.
Il testo termina con
un’affermazione decisiva - «il conflitto del XVI secolo è finito» - e pone
cinque «imperativi» da assumere come compiti ineludibili da qui al 2017:
istanze evangeliche che proiettano le Chiese verso la testimonianza resa a
Cristo in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo e che offrono l’unico
criterio decisivo per una celebrazione autenticamente cristiana: «Gli inizi della
Riforma saranno ricordati in maniera adeguata quando luterani e cattolici
ascolteranno insieme il Vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo
chiamare a fare comunità insieme al Signore». Ecco la perenne vocazione
cristiana: fare comunità con il Signore Gesù. Con lui e attorno a lui le nostre
infedeltà sono avvolte dal suo perdono e le nostre differenze diventano carismi
complementari a beneficio della corsa della Parola nella storia.
Davvero i teologi hanno
fatto la loro parte, ora tocca ai cristiani convertirsi all’unico Signore, riscoprire
i sentieri che la Parola di Dio traccia nelle loro vite, rinnovare quel
desiderio di essere portatori di una buona notizia che è messaggio di speranza
per l’umanità intera: la vita è più forte della morte, il Signore ha vinto la
morte, per tutti e per sempre.
Guido Dotti, Monaco di Bose, esperto di questioni ecumeniche
Guido Dotti, Monaco di Bose, esperto di questioni ecumeniche
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