Vi
mando una piccola storia di speranza, direttamente dalla Costa
d'Avorio, per augurare a voi e alle vostre famiglie un sereno Natale.
Un forte abbraccio!
Daniela
Adam ha 15 anni, é apprendista meccanico in un piccolo garage di Abobo. I
suoi genitori, analfabeti e non certo ricchi, l’hanno ritirato dalla scuola
pubblica (che in Costa d’Avorio é obbligatoria e gratuita solo di nome…) dopo
pochi mesi e molti castighi da parte del suo insegnante di prima elementare.
A suo dire, questo bambino turbolento non avrebbe mai combinato nulla di
buono nella vita.
Con 6 bocche da sfamare e nessun lavoro sicuro, il padre di Delphine non se
l’é sentita di investire nell’istruzione della figlia: da qualche anno a questa
parte la ragazza passa le sue giornate all’angolo di una strada, vendendo
frutta e arachidi per contribuire alle spese della famiglia.
Salimata in una scuola vera non ci é mai stata. Come tante altre ragazze
musulmane, ha frequentato la scuola coranica del quartiere, imparando a
recitare a memoria sure e versetti
del Corano, ma non a leggere e a scrivere. Tutti le hanno detto che sarebbe
inutile iniziare adesso, a 17 anni compiuti e con un bambino piccolo da
accudire.
Le storie di Adam, Delphine e Salimata sono purtroppo simili a quelle di
tanti altri ragazzi di Abobo. Sembra incredibile che in una città moderna e
sviluppata come Abidjan esistano centinaia di giovani non scolarizzati; il loro
analfabetismo costituisce una barriera contro cui si infrange il sogno di una
vita migliore. Che prospettive esistono oggi per un ragazzo
che non sa scrivere nemmeno il proprio nome? A quale impiego potrà mai aspirare? Come potrà
costruirsi una coscienza critica, un giudizio indipendente, un’opinione
propria, senza basi e senza educazione?
Le storie di Adam, Delphine e Salimata fortunatamente hanno un lieto fine.
Insieme ad altri 200 giovani di Abobo che non hanno avuto accesso
all’istruzione di base, 6 mesi fa hanno iniziato un corso serale di
alfabetizzazione funzionale, completamente gratuito.
Un’attività che non era prevista dal progetto ma che abbiamo fortemente
voluto: impossibile rimanere indifferenti di fronte alle spaventose percentuali
di giovani esclusi dal sistema scolastico! Nel nostro piccolo volevamo – o
meglio, dovevamo - fare qualcosa.
Oggi, sui banchi lasciati liberi dagli studenti del mattino, siedono anche
loro: Adam in tuta da lavoro e con le mani sempre sporche d’olio; Delphine,
sorvegliando di tanto in tanto il paniere della frutta accanto a lei; Salimata,
con il suo bébé saldamente ancorato sulla schiena.
Alla ricerca di una piccola storia di speranza da condividere in questo
Natale, ho súbito pensato ai volti di questi tre ragazzi, all’orgoglio con cui
– durante l’ultima visita che ho effettuato a scuola – mi hanno mostrato i loro
timidi progressi, alla loro volontà di continuare ad apprendere anche a costo
di sacrifici, frequentando un corso serale dopo le attività della giornata.
Ho ripensato anche al gesto, semplice ma profondamente commovente, con cui
hanno voluto esprimere la loro gratitudine per questa preziosa opportunità di
“rimettersi al passo”.
Al termine della mia visita, ciascuno ha scritto sulla sua lavagnetta, con
un pezzettino di gesso bianco, la parola GRAZIE.
Sono io che vi dico grazie, incredibili ragazzi di Abobo, perché con la
vostra testimonianza coraggiosa ci insegnate che nella vita non bisogna mai
arrendersi, e che una porta si aprirà sempre per colui che non perde la
speranza.
Di cuore, a ciascuno di voi, l’augurio di un vero Natale.
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